Popolazionismi | Regno di Sardegna

Dal 1720, con l'acquisizione della Sardegna, la casata dei Savoia è chiamata a definire il proprio profilo territoriale non più solo nel quadro subalpino, ma anche in quello mediterraneo. 

A corte ci si rese presto conto che in Sardegna sarebbe stato necessario affrontare una diffusa cultura giuridica contrattualistica di marca catalana e un sistema di valori di impronta castigliana. Bisognava insomma addomesticare un ambiente culturale e politico-istituzionale estraneo e un quadro economico segnato nelle aree rurali da un’agricoltura sostanzialmente primitiva, da una pastorizia errabonda e, in ambiente urbano, da un'attività commerciale molto contenuta. 

Fin dagli anni Trenta emerge la convinzione che la “introduzione della popolazione" sia "uno dei mezzi più principali dell’introduzione del commercio” e più in generale per lo sviluppo economico dell'isola. È soprattutto Carlo Emanuele III a dare impulso ai progetti per il ripopolamento della Sardegna attraverso lo stanziamento di coloni forestieri.

Risalgono agli anni del suo lungo regno la fondazione delle tabarchine Carloforte e Calasetta, la nascita della greca Montresta e i piani per colonizzare l'isola con migliaia di greci; la fondazione della maltese Santa Sofia, delle sarde Fluminimaggiore e Gonnesa, della colonia di forestieri dell'Asinara e  il più generale piano di riassetto insediativo della Gallura.

Sono numerosi e significativi anche i progetti di colonia non andati a buon fine, come quelli con coloni indigeni previsti negli entroterra urbani di Valverde (Alghero), di Oridda (Iglesias), della Nurra (Sassari), di Villa Vittoria nell'isola di San Pietro. È una stagione che viene bruscamente interrotta dallo scoppio della rivoluzione francese e dall'esplodere in Sardegna del cosiddetto "triennio rivoluzionario sardo" (1793-96).


 


Bibliografia