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Riconferma di un accordo di taglia in seguito a un’eredità Angela Jorgi e Cascali, vedova ed esecutrice delle volontà testamentarie del quondam Joan Francisco Jorgi, cavaliere di Cagliari, e Padre Antiogo Carta, rettore del collegio della compagnia di Gesù di Cagliari, amministratore della causa pia istituita dal Jorgi e amministrando la sua eredità, in base all’atto firmato il 23 agosto 1611 si impegnano a rendere libero Xaba (Xaban), schiavo bianco moro di Bona, dal giorno in cui finirà il tempo del suo accordo di taglia. Infatti nel testamento il Jorgi affermava la volontà che il suo schiavo Xabà finisse il tempo della taglia che aveva concordato con lui e che servisse per quel tempo sua moglie Angela, obbedendo e facendo ciò che doveva. Se non lo avesse fatto, sua moglie avrebbe potuto venderlo. Se invece avesse obbedito ai suoi doveri, alla fine di quel tempo di taglia sarebbe stato libero.
Testimoni sono Antonio Flore, sarto di Villanova, Salvador Sarroch, farmacista di Cagliari.
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La negoziazione di Anasar di Bona per la libertà Anasar di Annaba è schiavo a Cagliari dove serve la nobile Juana de Castelvì e Amat.
Nel 1611 ottiene un affrancamento dilazionato: resterà schiavo per altri quattro anni, pagando duecentocinquanta lire e adempiendo ai compiti assegnati dalla padrona.
Dovrà trasportare almeno due barili d’acqua al giorno dalle fontane pubbliche: un compito che gli permetterà di uscire dall’ambiente domestico, incontrare gli abitanti della città e, magari, integrarsi nel tessuto sociale.
Per assicurare la buona riuscita del suo accordo di talla, Anasar contatta tre schiavi, anch’essi nella sua stessa condizione, che si impegnano come fideiussori. Si tratta di Ali, Ali e Abdalla, schiavi rispettivamente del dottor Francesch Jagarachio, del giudice della Reale Udienza Joan Masons e del Tesoriere Reale don Joan Naharro de Ruecas.
I tre fideiussori si impegnano nei confronti di donna Castelvì e Amat, promettendo di soddisfare gli accordi presi da Anasar nel caso in cui egli non fosse in grado di adempiervi.
Tuttavia, la garanzia non si renderà necessaria, poiché Anasar rispetterà la parola data e, anzi, terminerà di pagare quanto dovuto con tre mesi di anticipo.
Per essere liberato prima del tempo cerca una trattativa con la padrona. Propone a donna Juanna di fornirle un servo che si occupi di garantirle il servizio per i tre mesi rimanenti, in cambio della firma immediata della carta di affrancamento. La nobildonna accetta: Anasar è libero il 2 febbraio del 1615.
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Accordo di taglia tra Antoni de Tola e Moyse di Candia Capitoli di taglia stipulati tra lo schiavo ebreo Moyse Çaspal di Candia (Creta, Grecia) e il suo padrone Antoni de Tola, donzello di Cagliari. Moyse promette di pagare il proprio riscatto 800 lire, di cui ha già dato, in presenza del notaio infrascritto, 93 lire. Le restanti 707 le pagherà a richiesta del detto Tola. Nel frattempo che avrà terminato di pagare quanto dovuto, promette di servire come compratore per il Tola, comprandogli tutte le cose che gli occorreranno per la sua casa, senza frode alcuna. Durante lo stesso tempo Moyse potrà lavorare in altre case della città di Cagliari senza impedimento da parte del Tola. Finché non pagherà le 707 lire rimanenti dormirà a casa di Martino Squirro, mercante. Non dovrà fuggire e se fuggirà il presente atto sarà nullo e le 93 lire che ha dato fino a questo momento rimarranno al Tola ed egli rimarrà schiavo come lo era fino al presente atto. Ugualmente si concorda che rimarrà schiavo di Tola finché non pagherà le restanti 707 lire.
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Affrancamento di Amet di Fes in seguito ad accordo di taglia Joan Francisco Jorgi libera Amet, schiavo bianco di Fes in Marocco. Amet, secondo l’atto di taglia stipulato dal notaio Hieronimo Cerpi, doveva servire in casa e per la famiglia di Jorgi per 7 anni e poi sarebbe stato reso libero e franco. Per sei anni ha servito bene e fedelmente. Il settimo anno ha pregato di essere liberato. Quindi, ascoltando le sue preghiere e per amore del Signore Gesù Cristo, Jorgi rende libero e franco Amet e tutta la sua prole. Testimoni sono Antonio Flore di Villanova di Cagliari, Bonifacio Blantino, mercante genovese abitante a Cagliari, e Amet stesso.
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Vendita dello schiavo attallato Barca di Biserta Gavi Sasso, donzello di Cagliari, possiede uno schiavo moro bianco di nome Barca, proveniente da Biserta, di bassa statura. Afferma di aver fatto con il detto schiavo un accordo di taglia il 25 ottobre del 1600 con atto del notaio Hieronim Cerpi. Secondo l’accordo, Barca avrebbe dovuto servire per 4 anni dal giorno dell’atto e pagare 120 ducati da 12 reali castigliani al suo padrone (nei quali erano compresi 2 ducati che Gavi Sasso aveva dovuto pagare una volta che Barca era fuggito). Gavi Sasso vende Barca, che non ha rispettato interamente gli accordi della taglia, al reverendo Giovanni Meli, canonico della sede di Iglesias, assente e rappresentato da Jaume Ortola. Il caonico Meli accetta lo schiavo per il tempo rimanente della sua taglia, pagando quello che resta dei 120 ducati e acquisendo tutti i diritti sullo schiavo. Jaume Ortolà afferma che il canonico Meli sta acquistando lo schiavo per usarlo come riscatto in cambio della libertà del proprio fratello, Francesch Meli, calzolaio della città di Iglesias che si trova schiavo a Biserta nelle mani della madre dello schiavo Barca.
L’ultima parte dell’atto afferma che lo schiavo Barca, al presente, si trova detenuto nelle reali prigioni di Cagliari per aver picchiato uno schiavo del dottor Carassona e per aver pugnalato uno schiavo del giudice di corte Cristofol Grau.
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Incanto di schiavi svolto dal 27 agosto al 3 settembre 1602 Incanto dei mori e delle robe prese dal capitano Andrea de Lorca nei mari di Berberia, fatto a nome del procuratore reale con il consenso e la volontà del magnifico maestro razionale del regno e in presenza del pubblico corridore in ragione del 4% spettante alla regia corte. Il primo giorno è stato venduto uno schiavo di nome Benur a Joan Angel Concas, procuratore fiscale per 270 lire sarde; il 29 agosto è stato venduto a Pere Espa uno schiavo non identificato per 168 lire sarde e un altro schiavo non identificato al dottor Johannes Masons per 300 lire sarde. Il 30 agosto si vendono tre schiavi al conte di Quirra Christofol Centelles per un totale di 945 lire sarde (315 lire ciascuno). Il 2 settembre si vende uno schiavo di nome Amet Salim al dottor Salvador Carcassona per 190 lire sarde. Il 3 settembre si vende uno schiavo di nome Suyur al magnifico Christofol Grau, giudice di corte, per 255 lire sarde e uno schiavo di nome Soliman per 306 lire sarde al maiorchino Miguel Vidal. Firma lo scrivano Miguel angel Bonfant, notaio.
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Inventario di schiavi, 22 agosto 1602 Inventario della presa di schiavi fatta da Andres de Lorca, valenciano, nei mari di Gerba, in ragione del 4% che tocca alla regia corte. L'inventario viene fatto per ordine del procuratore reale, alla presenza del notaio e scrivano della procurazione reale. La presa comprende: un moro di nome Farrach, un moro di nome Amet, un altro moro di nome Amet, un moro di nome Salm, un moro di nome Soleman, un altro moro di nome Ametico, un altro di nome Bennu, un altro di nome Ali, un turco di nome Suyur, un altro moro di nome Adalla. Uno di questi schiavi è stato preso dal viceré per il privilegio di joya.
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Incanto di schiavi, 5 giugno 1602 Incanto dei mori e della barca di cui ha fatto presa il patrone Andreu de Lorca. Incanto fatto a nome del procuratore reale e giudice del reale patrimonio, col consenso del maestro razionale e alla presenza del corridore pubblico, in ragione di un quinto toccante alla regia corte.
Si vende lo schiavo grande nominato Amet all’illustrissimo signor viceré per 378 lire sarde.
Firma il notaio Michaelangelis Bonfant, notaio e scrivano della regia procurazione.
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Inventario di schiavi, 3 giugno 1602 Nella barca con cui il capitano Andrey de Lorca ha fatto la presa, in presenza del procuratore fiscale e patrimoniale, portiere ordinario della procurazione reale, notaio e scrivano della procurazione reale, per ordine del procuratore reale, si fa inventario dei mori e delle cose che vi si sono trovate.
Uno schiavo grande di nome Amet e uno schiavo piccolo di nome Romadan.
Tutte le cose sono affidate ad Antoni Sequi y Splugas.
Testimoni sono Sadorro Gamboni e Bartholomeo Alanisi, portiere della procurazione reale e abitante di Cagliari. Scrivano è Joannes Bonfant sostituto di Miguel Angel Bonfant, notaio.
Si fa nota che il viceré ha preso lo schiavo piccolo per il diritto di joya. Il diritto detto di "joya" era un privilegio che consisteva nell'usanza del viceré e del procuratore reale di pretendere, ad ogni pubblico incanto, uno schiavo o una schiava per sé a titolo di omaggio.
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La famiglia di Anastasia de Alagon e Joan Thomas de Santa Cruz
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Dal battesimo alla liberazione: Joan Baptista
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Cathelina: “captivam christianam albam”