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Il corallo intorno all’Asinara
Poste all'intersezione tra le aree di pesca sottoposte alla città di Alghero e quelle di pertinenza di Sassari, le acque intorno all'Isola dell'Asinara furono sempre molto frequentate dai pescatori di corallo, poiché ricche di questo prezioso materiale. Lo dimostra, per esempio, la richiesta presentata nel 1518 al re Ferdinando II da parte del sindaco di Sassari affinché i consiglieri della città potessero essere autorizzati a costruire una torre difensiva nella vicina Isola Piana per proteggere le imbarcazioni che operavano in quell’area dagli attacchi dei corsari barbareschi.
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Il corallo nei mari di Castelsardo
L’area di pesca del corallo situata al largo della città di Castelsardo, definita nelle fonti come «Mari di Castelaragonese», era una tra le più ricche di tutta la Sardegna. La sua importanza per l’economia del Regno è ben attestata per tutta la prima metà del Cinquecento, come dimostrano anche le frizioni legali che verso la metà dagli anni Quaranta opposero il consiglio civico di quella città e la Procurazione reale in merito alla titolarità delle imposte che vi si riscuotevano dai pescatori, e le parallele richieste di vedersi riconosciuti gli stessi privilegi accordati alla città di Alghero in materia di coralli.
Fecondità dei mari che, in ogni caso, è ben testimoniata anche per i secoli successivi, come si evince dal buon numero di coralline approdate a Castelsardo negli anni compresi tra il 1721 e il 1755. È pur vero, comunque, che per tutto il XVII e il XVIII secolo la città dovette periodicamente fari i conti, al pari della vicina Porto Torres, con l’eguale comodità offerta dagli scali corsi ai pescatori operanti nei mari tra le due isole.
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Il corallo nei mari di Sassari
L'area di pesca del corallo al largo del porto di Torres era una delle più ricche di tutta la Sardegna. La sua importanza per l'economia del Regno è ben documentata fin dai primi anni del Cinquecento, come dimostrano le frequenti richieste dei Consiglieri della città di Sassari di ottenere gli stessi privilegi accordati ad Alghero in materia di coralli. Tuttavia, i limiti territoriali dei "Mari di Sassari" non furono mai definiti in maniera rigorosa e precisa, forse a causa delle continue contestazioni da parte della città di Alghero riguardo alla titolarità delle aree di confine, come le acque intorno all'isola dell'Asinara, o per la costante alternanza tra Porto Torres e Castelsardo come scalo di riferimento per i corallatori nei mari settentrionali della Sardegna.
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Il corallo nei mari di Alghero
Con l’espressione «Mari di Alghero» si designava sin dal Medioevo tutta la costa nordoccidentale della Sardegna compresa tra l’attuale Capo Frasca e l'isola dell'Asinara.
A partire dal 1384, in virtù di un privilegio concessole dal sovrano Pietro IV d’Aragona, tutti i pescatori di corallo operanti in quest’area dovevano fare obbligatoriamente scalo nell’omonima cittadina per denunciare alle locali autorità doganali l’ammontare del pescato e pagarvi le relative imposte prima di venderlo o trasportarlo in altri porti del Mediterraneo.
Successivamente, con il privilegio accordato nel 1499 da Ferdinando II d’Aragona ai signori della Planargia per la città di Bosa, che garantiva loro la possibilità di accogliere i pescatori di corallo nel porto di quest’ultima, la parte dei «Mari di Alghero» compresa tra Capo Marrargiu e Capo Mannu incominciò ad essere definita come, appunto, «Mari di Bosa». Trattandosi di una delle aree più ricche di corallo di tutta l’isola, questo fatto non ne cambiò tuttavia la centralità per l’economia del Regno di Sardegna, rimanendo anzi un’area cruciale per questo genere di attività sino ai giorni nostri.
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Il corallo nei mari di Bosa
Inclusa inizialmente nella più ampia zona dei «Mari di Alghero», l’area di pesca del corallo situata al largo della città di Bosa iniziò ad assumere una fisionomia più definita ed indipendente dalla prima nel corso della seconda metà del XV secolo. Tra 1468 e 1499 infatti, Giovanni de Villamarí e successivamente il suo erede Bernardo, signori della Planargia e della città Bosa, presero ad attuare una serie di iniziative volte ad attrarre un sempre maggior numero di pescatori di corallo in quest’ultimo porto, operando in aperto contrasto con i privilegi posseduti dalla città di Alghero. Questa politica, fondata probabilmente su una serie di «capitula» di un antico ordinamento portuale vigente in Bosa sin dal 1338, condusse infine Ferdinando II d’Aragona ad accordare ai signori della Planargia il privilegio di accogliere i pescatori di corallo che operavano nell’area e di ospitare i loro commerci. Una concessione dettata probabilmente dall’alto potere negoziale acquisito da Bernardo de Villamarí, in quanto ammiraglio della flotta regia, ma anche dalla volontà del sovrano di limitare le possibilità di evasione fiscale da parte dei pescatori.
I limiti territoriali dell’area di pesca dei «Mari di Bosa» non vennero tuttavia definiti in maniera rigorosa come quelli di Alghero, ma la prassi sembra suggerire che con questa espressione ci si riferisse al tratto di costa tra Capo Marrargiu e Capo Mannu.
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Il corallo nei mari di Bonifacio
L’area di pesca del corallo situata attorno allo Stretto di Bonifacio è menzionata solo di rado in una forma così distinta e puntuale nella documentazione storica. Questo per via, forse, del contemporaneo utilizzo dell’espressione «Mari di Castelaragonese» per riferirsi a tutte le aree di pesca situate nella costa nordorientale della Sardegna sottoposte alla giurisdizione di una o dell’altra città.
Tuttavia, tra le testimonianze d’archivio, si trova un documento datato ottobre 1601, nel quale si menziona che Pietro Porta, iniziatore della pesca del corallo nei mari dell'Arcipelago del Sulcis, propone al re Filippo III e alla Procura Reale di Sardegna l'idea di far pagare i relativi diritti ai corallatori provenienti dalla Corsica che pescano nello Stretto.
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I patroni di coralline operanti ad Alghero nel 1688
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1688, hanno acquistato viveri e vettovaglie dal Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago, per sostenere la loro campagna di pesca. L'elenco include anche dettagli su tipologia, quantità e prezzo delle vivande acquistate.
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I patroni di coralline operanti ad Alghero nel 1687
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1687, hanno acquistato viveri e vettovaglie dal Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago, per sostenere la loro campagna di pesca. L'elenco include anche dettagli su tipologia, quantità e prezzo delle vivande acquistate.
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I patroni di coralline operanti ad Alghero nel 1686
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1686, hanno acquistato viveri e vettovaglie dal Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago, per sostenere la loro campagna di pesca. L'elenco include anche dettagli su tipologia, quantità e prezzo delle vivande acquistate.
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Elenco dei padroni di coralline paganti il relativo dritto di pesca ad Alghero nel 1685
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1685, hanno pagato il dovuto diritto di pesca al Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago. Questa tassa era pagata in natura e non in denaro; pertanto, l'elenco include anche la quantità di corallo consegnato all'Ufficiale Regio, espressa in libbre e once sarde.
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I patroni di coralline operanti ad Alghero nel 1685
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1685, hanno acquistato viveri e vettovaglie dal Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago, per sostenere la loro campagna di pesca. L'elenco include anche dettagli su tipologia, quantità e prezzo delle vivande acquistate.
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I patroni di coralline operanti ad Alghero nel 1684
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1684, hanno acquistato viveri e vettovaglie dal Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago, per sostenere la loro campagna di pesca. L'elenco include anche dettagli su tipologia, quantità e prezzo delle vivande acquistate.
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Elenco dei padroni di coralline paganti il dritto di pesca ad Alghero nel 1684
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1684, hanno pagato il dovuto diritto di pesca al Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago. Questa tassa era pagata in natura e non in denaro; pertanto, l'elenco include anche la quantità di corallo consegnato all'Ufficiale Regio, espressa in libbre e once sarde.
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I patroni di coralline operanti ad Alghero nel 1683
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1683, hanno acquistato viveri e vettovaglie dal Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago, per sostenere la loro campagna di pesca. L'elenco include anche dettagli su tipologia, quantità e prezzo delle vivande acquistate.
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I patroni di coralline operanti ad Alghero nel 1682
Elenco dei nomi di tutti i patroni di coralline che, nel 1682, hanno acquistato viveri e vettovaglie dal Luogotenente del Procuratore Reale di Alghero, Miquel Tarrago, per sostenere la loro campagna di pesca. L'elenco include anche dettagli su tipologia, quantità e prezzo delle vivande acquistate.
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Raccolta di disposizioni sopra la pesca e il commercio del corallo emanate nel Regno di Sardegna tra 1374 e 1623
Il fascicolo rappresenta uno straordinario strumento per conoscere l’evoluzione della normativa diretta a regolamentare la pesca e il commercio del corallo nel Regno di Sardegna, in un arco di tempo che va dal 1374 al 1623. In esso, infatti, sono regestati tutti i provvedimenti rinvenuti verso la metà del XVIII secolo dai funzionari piemontesi nell’allora Archivio Regio di Cagliari (oggi Archivio di Stato). Tale opera di ricognizione e annotazione fu condotta, con ogni probabilità, per conoscere il corpus di norme e privilegi sedimentatosi nel corso dei secoli precedenti sopra tale settore economico, e valutare di conseguenza in che modo operare successive riforme.
All’interno del fascicolo sono annotati, nello specifico, i seguenti provvedimenti:
> Una carta reale di Pietro IV d’Aragona datata 10 giugno 1374.
> Una carta reale di Pietro IV d’Aragona datata 7 aprile 1377.
> Una carta reale di Pietro IV d’Aragona datata 9 aprile 1377.
> Una carta reale di Pietro IV d’Aragona datata 17 giugno 1377.
> Un ordine del Procuratore reale del Regno di Sardegna datato 20 maggio 1542.
> Una obbligazione di patroni di coralline verso il Real Patrimonio datata 27 luglio 1542.
> Una obbligazione di patroni di coralline verso il Real Patrimonio datata 8 agosto 1543.
> Due risoluzioni della Giunta del Real patrimonio datate 1599.
> Sei risoluzioni della Giunta del Real patrimonio datate 1600.
> Tre risoluzioni della Giunta del Real patrimonio datate 1601.
> Una risoluzione della Giunta del Real patrimonio datata 20 ottobre 1603.
> Due risoluzioni della Giunta del Real patrimonio datate 1605.
> Una risoluzione della Giunta del Real patrimonio datata 21 aprile 1622.
> Una risoluzione della Giunta del Real patrimonio datata 4 maggio 1623.
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Libre gran
Impiantato nel 1461, il Libre gran rappresenta la seconda più antica raccolta di privilegi, franchigie, concessioni regie, nonché ordinazioni e provvisioni accordate alla città di Alghero dai sovrani aragonesi prima, e spagnoli poi. La ragione che indusse i consellers algheresi a procedere con la creazione di questa opera sono da individuare nell’esigenza di ritrovare più facilmente e velocemente tutti i documenti sopradetti accumulatesi nei decenni precedenti, come anche tutelarne la buona conservazione dal momento che il primo llibre de privilegis (Libre vell) non era che una prima provvisoria raccolta.
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Libre vell
Impiantato nel 1355, il Libre vell costituisce la più antica raccolta di privilegi, franchigie, concessioni regie, nonché ordinazioni e provvisioni accordate alla città di Alghero dai sovrani aragonesi nei cento anni immediatamente successivi alla sua conquista.
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Bando per l’arrendamento dei dritti sulla pesca del corallo (1655)
Con questo scritto, Jaime Artal de Castelvì, Procuratore reale del Regno di Sardegna, delibera la pubblicazione del decreto per l’appalto dei diritti sopra la pesca del corallo nei mari dell’Ogliastra, Sarrabus, Isole di San Pietro e Sant’Antioco, Porto Paglia, Portoscuso e marine di San Nicolò.
Entro trenta giorni dalla pubblicazione del relativo bando, gli interessati dovranno presentare opportuna manifestazione di interesse alla Comptadoria del Tribunale del Regio patrimonio contenente l’indicazione della loro offerta. L’assegnazione, della durata di un triennio, prenderà avvio il primo aprile di quell’anno.
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Precisazioni al privilegio concesso nel 1375 alla città di Alghero in materia di coralli (1377)
Con questo documento, il re Pietro IV d’Aragona ribadisce al Governatore del Capo di Logudoro che solamente gli abitanti di Alghero sono esentati dal pagamento dell’imposta del 5% sul corallo pescato, come previsto dal privilegio concesso il 27 novembre 1375. Dove per “abitanti” devono considerarsi coloro i quali risiedono continuamente in tale città assieme alle loro mogli e figli. Tutti gli altri pescatori, soprattutto quelli di nazionalità straniera (Provenzali, Catalani, Aragonesi, ecc.), sono perciò tenuti a corrispondere i soliti 4 denari per libbra, o 5 soldi per cantaro, anche nel caso in cui operino in società con un algherese. Il sovrano, inoltre, fa espressamente divieto a qualunque fante o cavaliere di guarnigione nella città, sotto pena di mille maravedí d’oro, di impegnarsi nella pesca del corallo, anche nel caso in cui il soldo non fosse loro sufficiente al sostentamento quotidiano.
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Deroga all’esenzione dall’imposta sul corallo per gli algheresi (1377)
Con questo provvedimento, il re Pietro IV d’Aragona stabilisce che gli abitanti di Alghero impegnati nella pesca del corallo in società con Provenzali o Catalani, sono tenui a pagare l’imposta del 5% su tale prodotto, nonostante quanto stabilito nella carta reale datata 27 novembre 1375. La decisione è presa per contrastare le numerose frodi perpetrate dai pescatori stranieri. Questi, infatti, dichiarano di pescare a nome e per conto degli algheresi, eludo tale imposta e producono un danno considerevole all’erario regio.
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Impieghi a cui è destina l’imposta sul corallo di Alghero (1377)
Con questo documento, il re Pietro IV d’Aragona ribadisce al Governatore del Capo di Logudoro che una metà del gettito derivante dalle imposte sul corallo è stata destinata al finanziamento dei lavori di riparazione delle mura di Alghero, mentre l’altra è destinata a coprire lo stipendio del veghiere di detta città. Se gli verranno presentati altri ordini in merito, il ministro dovrà perciò ignorarli e seguire esclusivamente queste disposizioni. Tuttavia, gli è accordata facoltà di utilizzare parte dei tali entrate per coprire le spese derivanti da attività straordinarie quali l’invio di corrieri e spie
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Carta reale con cui Pietro IV d’Aragona revoca tutti i privilegi accordati in materia di coralli (1376)
Con questo documento, il re Pietro IV d’Aragona ordina al Governatore del Capo di Logudoro di revocare tutte le esenzioni accordate sino a quel momento relativamente al pagamento delle imposte sopra la pesca e il commercio del corallo. Il loro gettito, infatti, è stato destinato al finanziamento dei lavori di riparazione delle mura di Alghero, e i numerosi esoneri ne stanno compromettendo la positiva prosecuzione. Inoltre, per evitare di danneggiare ulteriormente le finanze regie, il sovrano vieta ai suoi ministri in Sardegna di concedere qualsiasi altra forma di franchigia sul corallo in futuro
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Pietro IV d’Aragona dichiara che anche per gli algheresi vige l’imposta del 5% sul corallo (1374)
Con questa ordinanza, il re Pietro IV d’Aragona stabilisce che gli abitanti di Alghero, sebbene siano esenti dal pagamento dei tributi doganali vigenti in tale città, sono ugualmente tenuti al versamento della ventesima parte del corallo da essi pescato nei mari del Capo di Logudoro.
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Filippo II di Spagna chiede di verificare la fattibilità di un progetto presentatogli dal sindaco di Bosa per difendere i pescatori di corallo (1579)
Con questo scritto il re Filippo II di Spagna informa Miquel de Moncada, viceré di Sardegna, che Giuliano Ursena, sindaco di Bosa, gli ha presentato un memoriale relativo alla pesca del corallo che si esercita nei mari prospicenti la sua città e quella di Alghero. Nel memoriale, l’Ursena suggerisce di approntare un certo numero di imbarcazioni al fine di garantire l'incolumità dei pescatori impegnati in detta attività. Di conseguenza, il sovrano dispone che il viceré verifichi la fattibilità del progetto con i giudici della Real Udienza, gli ufficiali patrimoniali e qualunque altra persona pratica di detta pesca, e prenda al più presto provvedimenti in merito.
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Filippo II di Spagna ordina che siano attuate anche per Bosa le disposizioni prese in materia di coralli (1579)
Con questo scritto Filippo II di Spagna informa Miquel de Moncada, viceré di Sardegna, che Giuliano Ursena, sindaco di Bosa, gli ha presentato un memoriale dove, tra le altre cose, chiede che anche la sua città possa godere di quanto disposto in merito alla pesca del corallo nell’ultimo Parlamento. In particolare, essendo stato decretato che l’esercizio di questa attività fosse egualmente regolamentato per qualunque suddito della Corona d’Aragona, in qualunque porto o area di pesca dell’isola, l’Ursena ha domandato che anche in Bosa fossero nominati ed eletti gli ufficiali ed i ministri ad essa preposti, nei modi e nelle forme solitamente adottate nelle altre città del regno. Il sovrano dispone quindi che il viceré verifichi la veridicità di quanto esposto e prenda al più presto provvedimenti.
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Carlo V ordina al viceré di Sardegna di amministrare correttamente le questioni legate alla pesca e al commercio del corallo (1521)
Con questo documento Carlo V, in qualità di Re di Sardegna, comunica al suo luogotenente nel regno, Angelo de Villanova, che a Isabella di Villamarí, signora della Planargia e città di Bosa, spettano in qualità di erede gli stessi diritti accordati precedentemente al padre Bernardo. Di conseguenza, una recente ordinanza emanata dal suddetto ufficiale, nella quale viene decretato che tutte le barche impegnate nella pesca del corallo nei mari della Sardegna occidentale debbano fare obbligatoriamente ed esclusivamente scalo nel porto di Alghero per pagare le relative imposte, è da considerarsi pregiudizievole nei confronti della stessa Villamarí. Tale decisione, infatti, è in contrasto con il privilegio accordato ai suoi vassalli di Bosa di potersi dedicare alla pesca del corallo nei mari prospicenti la città, pagare le relative tasse nel porto bosano ed esportare liberamente tale prodotto. Il viceré dovrà quindi porre rimedio a tale suo provvedimento, sotto pena di un’ammenda pari a 1000 fiorini, e amministrare correttamente, da lì in poi, tutti gli affari riguardanti i diritti di pesca e commercio del corallo nel Regno.
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Carlo V richiama al rispetto dei privilegi accordati alla città di Bosa in materia di coralli (1520)
Con questo documento Carlo V, essendo venuto a conoscenza che il permesso da lui stesso accordato ad Alghero in data 23 marzo 1519 di poter corallare liberamente nei mari della città di Bosa, ha portato grave danno a Isabella de Villamarí, signora di detta città, già da tempo in possesso dell’esclusiva della pesca del corallo nei suoi mari, comunica a tutti gli ufficiali regi e a tutti i sudditi del regno di Sardegna che in merito alla pesca del corallo si osservi quanto disposto nei privilegi accordati alla stessa Villamarí in data 14 settembre 1519.
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Carlo V amplia i privilegi concessi alla città di Bosa in materia di coralli (1519)
Con questa carta Carlo V, in qualità di Re di Sardegna, conferma a Isabella de Villamarí, ampliandoli, tutti i diritti e i privilegi già concessi in precedenza a suo padre Bernardo. In particolare, rinnova per i suoi vassalli della città di Bosa la possibilità di costruire e possedere imbarcazioni per la pesca del corallo, dedicarsi a quella attività nei mari prospicenti la città, pagare le relative tasse nel porto bosano ed esportare liberamente tale prodotto. Questo nonostante i reclami della città di Alghero, che in forza del privilegio accordatole da Pietro IV d’Aragona nel 1384, sostiene l’esclusiva titolarità per i suoi abitanti di tali diritti nell’area compresa tra Capo di Napoli – oggi Capo Frasca – e l'isola dell'Asinara.
Tale decisione assunta dal sovrano si basa su un capitolo degli statuti di Bosa che sin dal 1338 autorizza la città a possedere un porto al fine di vigilare, tra le altre cose, che gli stranieri giunti nei mari sardi per pescare corallo tornino indisturbati alle loro case senza pagare le dovute gabelle.
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Carlo V rassicura la città di Alghero in merito ad alcune concessioni accordate a favore di Sassari in materia di coralli (1519)
Con questo provvedimento Carlo V, in qualità di Re di Sardegna, precisa che le concessioni accordate a favore degli abitanti della città di Sassari nel corso dell’ultimo Parlamento, relative alla possibilità di pescare corallo nei mari di pertinenza della città di Alghero, non sono state fatte con l’intenzione di recare pregiudizio o derogare i privilegi detenuti da quest’ultima in tale materia.
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Carlo V rinnova i privilegi concessi alla città di Bosa in materia di coralli (1519)
Con questa carta Carlo V, dietro richiesta del procuratore di Isabella di Vilamarí, signora della Planargia e della città di Bosa, rinnova a lei e agli abitanti di quest’ultima il diritto di pescare, e far pescare, liberamente il corallo nei mari sardi compresi tra Capo di Napoli – oggi Capo Frasca – e l'isola dell'Asinara. Inoltre, poiché tale privilegio è osteggiato da molti, il sovrano comanda a tutti gli ufficiali regi del Regno di Sardegna di adoperarsi per farlo rispettare, dimodoché la Vilamarí possa godere pacificamente delle sue prerogative.
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Ferdinando II d’Aragona richiama al rispetto dei privilegi accordati alla città di Bosa in materia di coralli (1512)
Con questa carta il re Ferdinando II d’Aragona, dietro richiesta del procuratore di Bernardo de Villamarí, signore di Bosa, intima al viceré del regno di Sardegna, Fernando de Rebolledo, di adoperarsi affinché venga rispettato il privilegio accordato a tale città relativamente alla libera pesca del corallo nei mari ad essa prospicienti. In particolare, il re impone al suo luogotenente di intervenire nei confronti della villa di Alghero, la quale ritiene di possedere i medesimi diritti di pesca sopra gli stessi luoghi, e risolvere tale contenzioso sotto pena di un’ammenda pari a 1000 fiorini d’Aragona nel caso in cui ciò non avvenga.
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Ferdinando II d’Aragona richiama al rispetto dei privilegi accordati alla città di Bosa in materia di coralli (1505)
Con questa carta il re Ferdinando II d’Aragona impone agli ufficiali regi del regno di Sardegna il rispetto del privilegio datato 30 settembre 1499 relativo alla libertà di pesca del corallo accordata alla città di Bosa e al suo signore Bernardo de Villamarí.
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Ferdinando II d’Aragona richiama al rispetto dei privilegi accordati alla città di Bosa in materia di coralli (1499)
Con questa carta il re Ferdinando II d’Aragona, dietro richiesta di Bernardo de Villamarí, capitano generale della flotta regia e signore della Bosa, invita gli ufficiali regi del regno di Sardegna a far rispettare i privilegi in merito alla pesca del corallo nei mari ad essa prospicienti, recentemente accordategli con la sua elevazione al rango di città regia.
Il provvedimento è indirizzato soprattutto contro gli abitanti di Alghero che avvalendosi delle concessioni accordate loro dal re Pietro IV, continuano a pescare e far pescare corallo nei mari di Bosa, con conseguente grave danno per la città, per la sua economia e per gli interessi del suo feudatario.
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Ferdinando II d’Aragona richiama al rispetto dei privilegi accordati ad Alghero in materia di coralli (1493)
Con questa carta il re Ferdinando II d’Aragona richiama a stretta osservanza il privilegio ch’era stato concesso alla città di Alghero da Pietro IV, e da lui riconfermato in data 16 marzo 1481, in virtù del quale tutti coloro che attendono alla pesca del corallo nei mari sardi compresi tra Capo di Napoli – oggi Capo Frasca – e l’isola dell'Asinara, sono tenuti a far porto e dogana esclusivamente nella suddetta città.
Il provvedimento nasce dalla volontà di restaurare la città delle sue prerogative, erose nei decenni precedenti da Bernardo de Villamarí, signore della Planargia e della città di Bosa, attraverso una serie di politiche volte ad attrarre sempre più pescatori di corallo in quest’ultimo porto. Tutti gli ufficiali regi in Sardegna, di qualsiasi livello, dovranno quindi vigilare e impegnarsi affinché il detto Villamarí, al pari di qualsivoglia altra persona, non faccia portare il corallo pescato in quel tratto di mare nella città di Bosa, né riscuota il relativo dritto.
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Ferdinando II d’Aragona chiede al viceré di Sardegna di verificare i privilegi della città di Bosa in materia di coralli (1493)
Con questa carta il re Ferdinando II d’Aragona comanda a Giovanni Dusay, viceré di Sardegna, di verificare se Bernardo de Villamarí, capitano generale della flotta reale e signore della Planargia e della città di Bosa, possegga realmente il privilegio di far pescare corallo nel mare della suddetta città, nonché di commerciarlo e vederlo in qualunque parte del mondo egli desideri. Se così sarà, il viceré dovrà amministrare prontamente giustizia nei confronti del detto Villamarí per preservalo in tale concessione e tutelarlo da quanti pescano in quei mari a suo danno.
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I Consiglieri della città di Barcellona chiedono al viceré di Sardegna di far rispettare le imposizioni sul corallo in quel regno (1492)
Con questa lettera i Consiglieri della città di Barcellona chiedono a Giovanni Dusay, viceré di Sardegna, di far osservare nel suddetto Regno la pragmatica recente rinnovata dal re Ferdinando II, che vieta a chiunque non fosse suo suddito e vassallo di pescare, o far pescare, corallo nei mari della suddetta isola, come anche di esportare e commerciare tale prodotto al di fuori dei regni appartenenti alla Corona d’Aragona.
Tale richiesta è volta a salvaguardare i privilegi e la posizione egemonica della città catalana nel commercio di tale prodotto, da tempo erosi da numerosi mercanti barcellonesi e forestieri con pratiche fraudolente o con la compiacenza degli ufficiali patrimoniali sardi.
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Supplica della città di Barcellona al re Ferdinando II in merito alle imposte sul corallo vigenti in Sardegna (1491)
Con questo documento i Consiglieri della città di Barcellona supplicano il re Ferdinando II affinché faccia mantenere nel suo pieno vigore la prammatica che proibisce a chiunque di pescare il corallo nei mari di Sardegna e Corsica, e commercialo in regni non appartenenti alla Corona d’Aragona, a meno che non si sia sudditi o vassalli di quest’ultima.
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Ferdinando II d’Aragona rinnova i privilegi concessi alla città di Alghero nel 1384 in materia di coralli.
Con questa carta il re Ferdinando II d'Aragona conferma alla città di Alghero il privilegio accordatole il 18 luglio 1384 dal sovrano Pietro IV, e rinnovato da Alfonso V il 30 settembre 1444, in virtù del quale tutti coloro che attendono alla pesca del corallo nei mari sardi, dal Capo di Napoli – oggi Capo Frasca – all’isola dell'Asinara, sono tenuti a far porto e dogana ad Alghero.
Il provvedimento nasce dalla volontà di restaurare la città delle sue prerogative, erose nei decenni precedenti dalle politiche realizzate da Giovanni de Villamarí prima, e dal figlio Bernardo poi, signori della Planargia e della città Bosa, volte ad attrarre sempre più pescatori di corallo in quest’ultimo porto.
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Alfonso V d’Aragona rinnova i privilegi concessi alla città di Alghero nel 1384 in materia di coralli.
Con questa carta il re Alfonso V d'Aragona conferma alla città di Alghero il privilegio accordatole il 18 luglio 1384 dal sovrano Pietro IV, in virtù del quale tutti coloro che attendono alla pesca del corallo nei mari sardi, dal Capo di Napoli – oggi Capo Frasca – all'isola dell'Asinara, sono tenuti a far porto e dogana ad Alghero.
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Ordini emanati da Alfonso V d’Aragona per abolire alcuni aumenti sulle imposte del corallo (1417)
Con questo documento il re Alfonso V d’Aragona ribadisce a Bartolomeo Vidal, procuratore reale in Sardegna, l’ordine già trasmesso al suo predecessore Pietro Segarra con lettera inviata da Barcellona il 10 luglio 1416, di abolire certi aumenti arbitrari delle imposte pagate ad Alghero dagli stranieri per la pesca del corallo, nonché di altri oneri fiscali.
Infatti, come segnalato in una relazione presentata al sovrano dai mercanti Antonio Sunyer e Bernardo Mallol, era divenuto oramai costume far pagare nove fiorini per ogni libbra di corallo estratto, equivalenti a 11 soldi invece dei prescritti 4, agli stranieri che ad Alghero si dedicavano alla pesca corallo. A causa di questi sovrapprezzi tale attività era andata dunque progressivamente declinando, procurando gravi danni alle finanze pubbliche. Per questo motivo, essendo passato più di un anno senza che in Sardegna si fosse dato corso ai suoi ordini, il sovrano ingiungeva al Vidal di porli in opera senza ulteriori dilazioni, sotto ammenda di 1000 fiorini nel caso in cui ciò non fosse avvenuto.
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Carta reale di Pietro IV d’Aragona con cui vengono concessi alcuni privilegi in materia di coralli alla città di Alghero (1384)
Con questa carta il re Pietro IV d’Aragona dispone che tutti coloro che si dedicano alla pesca del corallo, o trasportano tale prodotto, nei mari sardi compresi fra Capo di Napoli – oggi Capo Frasca – e l'isola dell'Asinara, debbano far scalo e dogana solamente nel porto di Alghero, e non altrove.
Il provvedimento è volto a ristorare economicamente la città per i danni patiti nei recenti tumulti popolari e nel conflitto contro Mariano IV d’Arborea, e prevede che tutti, cittadini o stranieri, siano tenuti a pagare la consueta e vigente imposta sul corallo sotto pena della perdita delle loro imbarcazioni, delle loro proprietà e dei loro beni.
Con il tempo tale provvedimento entrò a far parte dei privilegi detenuti dalla città di Alghero, venendo confermato e rinnovato più volte nei secoli successi: una prima volta da Alfonso V d’Aragona in data 30 settembre 1444, e una seconda il 16 marzo 1481 durante il regno di Ferdinando II.
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Carta reale di Pietro IV d’Aragona con cui vengono concessi alcuni privilegi in materia di coralli agli abitanti di Alghero (1375)
Con questo documento, il re Pietro IV d’Aragona, guidato dalla volontà di ristorare il tessuto economico della città di Alghero dai danni subiti nelle recenti sommosse popolari e nel conflitto con Mariano IV d’Arborea, ordina di sospendere in via temporanea, per i soli suoi abitanti, le imposte vigenti sul corallo. Da questa disposizione, infatti, restano esclusi catalani, provenzali e chiunque altro attenda alla pesca di tale prodotto nei mari della Sardegna nordoccidentale. Da essi, portolano e ufficiali doganali dovranno continuare ad esigere l’imposta pari al 5% del valore del prodotto pescato introdotta solamente qualche anno prima.
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Dispaccio di Filippo III di Spagna sopra i dritti da applicarsi alla pesca del corallo in Sardegna (1600 )
Dispaccio inviato da Filippo III di Spagna al viceré di Sardegna, Antonio Coloma y Saa, con l'annuncio della decisione di imporre una tassa del 10% sul valore del corallo pescato anche ai pescatori stranieri, equiparandoli ai nativi del regno. Questa decisione è stata presa per evitare un'inequità fiscale a lungo termine sulle finanze reali. Inoltre, in riconoscimento dell'importante contributo di Pietro Porta, considerato l'ideatore di questa nuova forma di pesca, si prevede di assegnargli un premio di 300 lire per ciascuno dei prossimi tre anni, finanziato attraverso i proventi della pesca del corallo.
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Revoca dell’appalto concesso a Giacomo A. Carboni sopra i diritti della pesca del corallo in Sardegna (1716)
Dispaccio reale con il quale Carlo VI d’Asburgo comanda che siano restituiti alla Procurazione reale del Regno di Sardegna i dritti sopra la pesca del corallo appaltati a Giacomo Antonio Carboni. Tale concessione infatti, operata dal Consejo de Aragón il 29 settembre 1711 e avente una durata decennale, è considerata estremamente dannosa per le finanze regie. A titolo di risarcimento viene disposto che il Carboni, console di Bonifacio, riceva una pensione annuale di 200 scudi per il resto della sua vita.
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Dispaccio di Ferdinando II d’Aragona sopra la pesca e il commercio del corallo in Sardegna (1511)
Dispaccio reale con il quale Ferdinando II d’Aragona informa il maestro razionale Miquel Benet dell’imminente arrivo in Sardegna del visitatore Guillem des les Cases y Donzell. Quest’ultimo avrà il compito di vigilare affinché vengano rispettati i capitoli approvati nelle ultime Cortes generals sopra la pesca e il commercio del corallo.
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Pregone del viceré De Launay relativo ai dritti sopra la pesca del corallo (1846)
Il pregone stabilisce una riduzione delle tariffe dovute dalla coralline provenienti dal Regno delle Due Sicilie che pescano nei mari di Sardegna. Tale disposizione applica quanto stabilito in un trattato di libero commercio sottoscritto nei mesi precedenti dai governi dei due regni.
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Pregone del viceré Montiglio relativo ai dritti sopra la pesca del corallo (1839)
Pregone del viceré Montiglio con cui si pubblica la carta reale del 21 novembre 1839 prescrivente i nuovi diritti che le barche coralline devono corrispondere alla città di Alghero. L’aumento è deliberato per rispondere alle difficoltà finanziari in cui si ritrova il Consiglio civico della città.
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Pregone del viceré Roero relativo ai dritti sopra la pesca del corallo (1824)
Pregone del conte Roero, Viceré di Sardegna, con cui si pubblica la carta reale del 15 ottobre 1824, la quale approva le diverse tariffe dei dritti da esigere per poter effettuare diverse tipologie di pesche nei mari del Regno, tra cui quella del corallo. Nulla è innovato circa i dritti civici dovuti dalle coralline alle città di Alghero e Castelsardo, alla Cattedrale di Alghero e agli ecclesiastici di Castelsardo. È abolito, invece, il Dritto Reale a altre imposte minori
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Lettera del viceré di Sardegna per i mitigare i provvedimenti presi sopra la pesca del corallo (1788)
Lettera circolare del viceré di Sardegna indirizzata agli alcaidi delle torri e deputati di sanità dell’isola in cui si danno disposizioni per mitigare alcuni dei provvedimenti rivolti alle coralline presi col pregone del 14 marzo 1788, ed esplicitati nelle istruzioni trasmesse loro il 28 dello stesso mese.
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Istruzioni della Segreteria di Stato sopra la pesca del corallo in Sardegna (1788)
Istruzioni pubblicate dalla Segretaria di Stato del Regno di Sardegna per ordine del viceré, dirette ai deputati di sanità ed alcaidi delle torri dell’isola sul modo di regolarsi nel caso d'approdo delle feluche coralline
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Pregone del viceré Thaon di Revel sopra la pesca del corallo (1788)
Pregone del viceré di Sardegna con cui si pubblicano vari provvedimenti in materia di salute pubblica riguardanti le feluche che pescano corallo
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Lettera del viceré di Sardegna per i deputati di Sanità e alcaidi delle torri sopra la pesca del corallo (1788)
Lettera circolare del viceré conte di Sant'Andrea diretta ai deputati di sanità ed alcaidi di Sardegna nella quali li si informa di diversi provvedimenti riguardanti le feluche napoletane che pescano coralli nei mari dell’isola. Queste dovranno presentarsi ogni settimana ai deputati di sanità o alcaidi delle rispettive torri più vicine a quei mari ove attenderanno alla pesca e fornire informazioni circa il nome della feluca, i componenti dell’equipaggio, le provviste effettuare e se hanno ricevuto pratica nei porti che hanno toccato.
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Editto di Carlo Emanuele III sopra i contrabbandi marittimi nel Regno di Sardegna (1767)
Editto di Carlo Emanuele III contenente diverse disposizioni per impedire i contrabbandi nel commercio marittimo nei mari di Sardegna. I punti dal 25 al 37 riguardo specificatamente la pesca del corallo e le disposizioni per prevenire le frodi in tale attività.
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Pregone del viceré Tana sul dritto sopra la pesca del corallo (1761)
Pregone del viceré conte Tana col quale si danno provvedimenti intorno all'esazione del dritto del 5% sopra la pesca del corallo dovuto al Regio Patrimonio.
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Pregone del viceré Tana sul dritto sopra la pesca del corallo (1760)
Pregone del viceré conte Tana col quale si prescrive che non sia più dato in appalto il dritto della pesca del corallo a causa dei numerosi abusi e frodi compiute a danno del Real Patrimonio e del pubblico commercio negli anni precedenti. I patroni di coralline dovranno perciò ottenere una specifica licenza di pesca dagli ufficiali dell’Intendenza generale e denunciare quanto pescato
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Il corallo nei mari dell’Isola di Mal di Ventre
Inclusa nella più grande macroarea dei «Mari di Alghero», l’area di pesca del corallo situata intorno all’isola di Mal di Ventre è menzionata solo di rado in una forma così distinta e puntuale nella documentazione storica. Tra queste testimonianze vi sono tuttavia due disposizioni del Procuratore reale del Regno di Sardegna datate 1611 e 1617, nelle quali si fa prima divieto di pescare nell’area e poi si concede licenza a diversi patroni di coralline di operare nell’area sino ad autunno inoltrato.
Nel lungo periodo, la buona pescosità delle acque dell’Isola di Mal di Ventre è, in ogni caso, testimoniata dal loro inserimento nella relazione sul corallo rosso in Sardegna stilata dal professore Corrado Parona per il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio nel 1883 e dall’attuale inclusione nelle annuali disposizioni sulla pesca del corallo rosso emanate dalla autorità regionali.
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Il corallo nei mari di Porto Paglia
Inclusa nella macroarea dell’Arcipelago del Sulcis, l’area di pesca del corallo situata al largo dell’approdo di Porto Paglia inizia ad essere menzionata nella documentazione d’archivio in una forma così puntuale sul finire del XVI secolo. Risale, infatti, al 1599 l’avvio delle attività di pesca in quei mari, in precedenza poco o per nulla frequentati, da parte del mercante-imprenditore Pietro Porta.
Per tutto il Seicento l’area è dunque ampiamente sfruttata, come dimostra la copiosa documentazione rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Cagliari, e in particolar modo la lunga serie di atti d’arrendamento dei dritti insistenti su di essa risalenti alla seconda metà del secolo. Numerose sono anche le carte che testimoniano la continua concessione di licenze di pesca in quest’area da parte della Procurazione reale del Regno di Sardegna, come anche i richiami inviati da quest’ultima agli alcaldi della torre di Porto Paglia allo scopo di prevenire possibili atti di contrabbando da parte dei corallatori. Torrieri a cui, inoltre, era spesso richiesto di offrire un adeguato supporto logistico ai pescatori, nella forma di permettere il deposito presso la loro postazione di guardia dell’attrezzatura necessaria alla loro attività e delle provviste per la stagione di pesca.
Nel Settecento si registra poi un ulteriore incremento delle attività di pesca nell’area, spinte dalla vertiginosa crescita del valore del corallo sui mercati internazionali, adopera soprattutto dei corallatori provenienti da Torre del Greco e Santa Margherita ligure ma anche dalle colonie di tabarchini impiantate nelle vicine Carloforte e Calasetta.
La grande pescosità delle acque antistanti Porto Paglia è, in ogni caso, ciclicamente testimoniata sul lungo periodo, come dimostrano la relazione stilata dal professore Corrado Parona per il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio nel 1883 e l’attuale inclusione nelle annuali disposizioni sulla pesca del corallo rosso emanate dalla Regione Sardegna.
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Il corallo nei mari di Portoscuso
Inclusa nella macroarea dell’Arcipelago del Sulcis, l’area di pesca del corallo situata al largo dell’approdo di Portoscuso inizia ad essere menzionata nella documentazione d’archivio in una forma così puntuale sul finire del XVI secolo. Risale, infatti, al 1599 l’avvio delle attività di pesca in quei mari, in precedenza poco o per nulla frequentati, da parte del mercante-imprenditore Pietro Porta.
Per tutto il Seicento l’area è perciò ampiamente sfruttata, come dimostra la copiosa documentazione rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Cagliari, e in particolar modo la lunga serie di atti d’arrendamento dei dritti insistenti su di essa risalenti alla seconda metà del secolo. Numerose sono anche le carte che testimoniano la continua concessione di licenze di pesca in quest’area da parte della Procurazione reale del Regno di Sardegna, come anche i richiami inviati da quest’ultima agli alcaldi della torre di Portoscuso allo scopo di prevenire possibili atti di contrabbando da parte dei corallatori. Torrieri a cui, inoltre, era spesso richiesto di offrire un adeguato supporto logistico ai pescatori, nella forma di permettere il deposito presso la loro postazione di guardia dell’attrezzatura necessaria alla loro attività e delle provviste per la stagione di pesca.
Nel Settecento si registra poi un ulteriore incremento delle attività di pesca nell’area, spinte dalla vertiginosa crescita del valore del corallo sui mercati internazionali, per opera soprattutto dei corallatori provenienti da Torre del Greco e Santa Margherita ligure ma anche dalle colonie di tabarchini impiantate nelle vicine Carloforte e Calasetta.
La grande pescosità delle acque antistanti Portoscuso è, in ogni caso, ciclicamente attestata, come dimostrano la relazione stilata dal professore Corrado Parona per il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio nel 1883 e l’attuale inclusione nelle annuali disposizioni sulla pesca del corallo rosso emanate dalla Regione Sardegna.
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Il corallo nei mari dell’Isola di Sant’Antioco
L’area di pesca del corallo situata intorno all’isola di Sant’Antioco inizia ad essere menzionata nella documentazione d’archivio in forma così puntuale sul finire del XVI secolo. Risale, infatti, al 1599 l’avvio delle attività di pesca in quei mari da parte del mercante-imprenditore Pietro Porta.
Per tutto il Seicento l’area sarà quindi ampiamente sfruttata, come dimostrano le carte testimonianti la continua concessione di licenze di pesca a corallatori provenzali e genovesi da parte della Procurazione reale del Regno di Sardegna, e la lunga serie di atti d’arrendamento dei dritti insistenti su di essa risalenti al periodo 1653-1682.
Spinte dalla vertiginosa crescita del valore del corallo sui mercati internazionali, nel corso del Settecento le attività di pesca nell’area registrano un ulteriore incremento, principalmente ad opera dei corallatori provenienti da Torre del Greco e Santa Margherita ligure ma anche dalle colonie tabarchine di Carloforte e Calasetta.
Nel lungo periodo, la grande pescosità delle acque dell’Isola di Sant’Antioco è in ogni caso testimoniata dal loro inserimento nella relazione stilata dal professore Corrado Parona per il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio nel 1883 e l’attuale inclusione nelle annuali disposizioni sulla pesca del corallo rosso emanate dalla Regione Sardegna.
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Il corallo intorno all’Isola di San Pietro
L’area di pesca del corallo situata intorno all’isola di San Pietro inizia ad essere menzionata nella documentazione d’archivio in forma così puntuale sul finire del XVI secolo. Risale, infatti, al 1599 l’avvio delle attività di pesca in quei mari da parte del mercante-imprenditore Pietro Porta.
Per tutto il Seicento l’area sarà quindi ampiamente sfruttata, come dimostrano le carte testimonianti la continua concessione di licenze di pesca a corallatori provenzali e genovesi da parte della Procurazione reale del Regno di Sardegna, e la lunga serie di atti d’arrendamento dei dritti insistenti su di essa risalenti al periodo 1653-1682.
Spinte dalla vertiginosa crescita del valore del corallo sui mercati internazionali, nel corso del Settecento le attività di pesca nell’area registrano un ulteriore incremento, principalmente ad opera dei corallatori provenienti da Torre del Greco e Santa Margherita ligure ma anche dalle colonie tabarchine di Carloforte e Calasetta.
Nel lungo periodo, la grande pescosità delle acque dell’Isola di San Pietro è in ogni caso testimoniata dal loro inserimento nella relazione stilata dal professore Corrado Parona per il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio nel 1883 e l’attuale inclusione nelle annuali disposizioni sulla pesca del corallo rosso emanate dalla Regione Sardegna.
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Il corallo nei mari di Capo Carbonara
L’area di pesca del corallo situata intorno al Capo Carbonara, nell’estremità sud-orientale della Sardegna, è tra le prime ad apparire nella documentazione d’archivio in una forma così distinta e puntuale. Il primo riferimento noto, infatti, risale al giugno del 1407, quando la Procurazione reale del Regno di Sardegna dispone che siano pagati 5 fiorini al mese al personale di guardia posto su quel promontorio a difesa delle barche che trasportano derrate alimentari dall’Ogliastra alla città di Cagliari, e di quelle che in quelle acque sono dedite alla pesca del corallo.
Nei primi quattro decenni del XVII secolo sono poi numerose le licenze accordate dal Procuratore reale a patroni di coralline per pescare nell’area sino ad autunno inoltrato e di rifornirsi di viveri e provviste nella città di Cagliari a prezzi fissati per tutto il corso della loro campagna di pesca.
La buona pescosità delle acque di Capo Carbonara è, in ogni caso, ciclicamente testimoniata sul lungo periodo, come dimostrano la relazione stilata dal professore Corrado Parona per il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio nel 1883.
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Il corallo nei mari del Sarrabus
L’area di pesca del corallo situata al largo delle coste del Sarrabus inizia ad essere menzionata nella documentazione d’archivio in una forma così puntuale nei primissimi anni del Seicento. Area che risulterà essere ampiamente sfruttata per tutto XVII secolo, come dimostra la lunga serie di atti d’arrendamento dei dritti insistenti su di essa risalenti al periodo 1653-1682, ed anche le licenze accordate dalla Procurazione reale del Regno di Sardegna al mercante genovese Giovanni Antonio Martì per rifornire di biscotto i corallatori lì operanti nel 1612.
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Il corallo nei mari dell’Ogliastra
L’area di pesca del corallo situata al largo delle coste dell’Ogliastra inizia ad essere menzionata nella documentazione d’archivio in una forma così puntuale nei primissimi anni del Seicento. Il suo sfruttamento sembra tuttavia decollare solamente nel quinto decennio di quel secolo, come dimostra la licenza di pesca accordata dalla Procurazione reale di Sardegna a Baldassare Mortala nel novembre del 1642 e la successiva serie di atti d’arrendamento dei dritti insistenti su di essa risalenti al periodo 1653-1682.
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Il corallo nei mari di Capo San Marco
L’area di pesca del corallo situata intorno al Capo San Marco è menzionata solo di rado in una forma così distinta e puntuale nella documentazione storica. Questo per via, forse, del contemporaneo utilizzo dell’espressione “Mari di Oristano”, per riferirsi a tutta quella parte di costa situata tra Capo Manno e Capo Frasca. Tra le poche testimonianze d’archivio vi sono tuttavia due divieti di pesca emanati nel marzo e nel giugno del 1600 dalla Procurazione reale del Regno di Sardegna per la suddetta area. A queste si aggiunge poi anche l’accordo finanziario perfezionato nel 1605 tra detta magistratura e l’appaltatore dei dritti sul corallo pescato nelle acque della Sardegna occidentale comprese fra Capo Pula e, appunto, Capo San Marco.
Nel lungo periodo, la buona pescosità in quest’area è, in ogni caso, testimoniata dal suo inserimento nella relazione sul corallo rosso in Sardegna stilata dal professore Corrado Parona per il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio nel 1883 e dall’attuale inclusione nelle annuali disposizioni sulla pesca del corallo rosso emanate dalla autorità regionali.