Colonia greca di Trieste
Contenuto
Nome colonia
Colonia greca di Trieste
Anno fondazione
1734
Nazione coloni
Grecia
Religione
Cristiana ortodossa
Luogo insediamento
Trieste
Stato insediamento
Sacro Romano Impero
Comune attuale
Trieste
Provincia attuale
Trieste
Regione attuale
Friuli-Venezia Giulia
Stato attuale
Repubblica Italiana
Descrizione
L’insediamento di una colonia di greci a Trieste venne favorito dalla necessità di sviluppare i commerci nella monarchia degli Asburgo d'Austria.
Trieste venne dichiarata porto franco a seguito del trattato di Passarowitz del 1718. Le prime attestazioni documentate di una stabile presenza greca a Trieste risalgono al 1734, quando Giovanni Mainati, insieme alla sua famiglia, originaria di Zante, decise di trasferirsi nella città adriatica.
Da quel momento, si registrò un incremento delle presenze elleniche, soprattutto di mercanti e artigiani, provenienti da diverse regioni della penisola balcanica. A Trieste prese forma una comunità etnico-religiosa complessa, costituita sia da greco-ortodossi che da serbo-ortodossi, chiamati dagli Asburgo “illirici”.
La comunità crebbe pur in assenza di un luogo di culto. Il 20 febbraio 1751 l’imperatrice Maria Teresa, per persuadere mercanti levantini a stabilirsi a Trieste, concesse agli ortodossi la libertà di professare il proprio culto, sebbene con alcune limitazioni.
Nel 1753 si diede inizio alla costruzione di un tempio intitolato a San Spiridione e all’Annunciazione.
L’iniziale scontento del ramo serbo-ortodosso, causato dall’assenza di un sacerdote illirico, si risolse alla fine del 1760 con l’intervento del vescovo di Carlstadt.
Egli «insistette presso le autorità austriache sulla necessità della presenza di un sacerdote illirico che» potesse «provvedere ai bisogni religiosi dei connazionali che non fossero in condizioni di comprendere l’idioma greco». Le messe iniziarono a essere officiate a giorni alterni sia in greco che in slavo.
Tuttavia, sul finire degli anni Cinquanta del Settecento i contrasti tra le due componenti levantine non erano cessati. Gli illirici, ritenendo che l’Intendenza non avesse rispettato le disposizioni sovrane che prevedevano l’uguaglianza fattuale dei serbi con i greci, continuarono a combattere per la propria causa.
La lunghissima serie di dispute tra quelli che di lì a poco sarebbero diventati due rami separati della comunità ortodossa di Trieste si concluse a favore dei serbi.
A partire dal 1781 i greci, non volendosi sottomettere ai serbi, decisero di abbandonare la chiesa di San Spiridione.
Il 9 agosto del 1782, con l’emanazione del Sovrano Rescritto, furono confermate le concessioni fatte ai greci dall’Imperatrice Maria Teresa e venne loro concessa la facoltà di fondare una Comunità greca su base nazionale e di costruire una chiesa greco-ortodossa.
Nel dicembre dello stesso anno, 63 capi di famiglia riuniti nella Cappella di casa Andrulachi, alla presenza del rappresentante del governo, parteciparono alla fondazione della "Nazione greca" (l’odierna comunità greco-orientale).
Seguì l’elezione di sei deputati, tra i quali Demetrio Carciotti, che furono incaricati sia di redigere uno statuto che regolamentasse l’organizzazione della Nazione, sia di provvedere alla costruzione della Chiesa intitolata a San Nicolò e alla Santissima Trinità.
Al fine di contribuire alle spese necessarie all’edificazione della chiesa, i consiglieri suddivisero i membri della Nazione in quattro classi di contribuenti in base alla condizione economica di ciascuna famiglia.
Sul finire del XVIII secolo, grazie alle attività commerciali e assicurative intraprese dalle più potenti e ricche famiglie greche, si assistette a un incremento della presenza ellenica in città.
La «plebaja greca» o i «miserabilissimi greci» - definizione coniata da alcuni ufficiali veneti nel 1754 alla fine del 1700 - avevano ceduto il posto a una comunità non soltanto compatta sul piano sociale e religioso, ma anche composta da personalità illustri che si erano affermate in diversi ambiti economici: fondatori di società di assicurazioni, membri della Borsa, negozianti capitalisti, imprenditori e azionisti industriali, proprietari immobiliari.
Nel corso dello stesso secolo e agli inizi di quello successivo i greci furono molto attivi anche nel settore industriale, in particolare nella produzione della cera, del sapone, del rosolio e della tintura rossa, utilizzata soprattutto dalle industrie tessili dell’Europa Centrale per i filati di cotone.
Fu importante, in tal senso, il sostegno dell’Imperatrice Maria Teresa alla nascita di imprese manifatturiere e industriali legate alla politica mercantilistica e quindi specializzate nell’impiego delle materie prime giunte nel porto cittadino.
Tuttavia, fu soprattutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo che si verificò un notevole sviluppo in ambito industriale, con il conseguente inserimento in tale settore degli imprenditori greci più potenti: dalla Società del molino a vapore, tra i cui azionisti compariva anche Giovanni Scaramangà, alla Molino a vapore (per le farine) di Giovanni Andrea Economo, fino alle imprese tessili di proprietà delle famiglie Ralli e Scaramangà.
A differenza di altre città come Livorno, Venezia e Vienna, a Trieste non esiste un’area urbana che sia stata concepita per essere riservata esclusivamente alla comunità greca. Come si legge nel testo di Olga Katsiardi-Hering, «i Greci di Trieste fecero parte della popolazione della città insieme agli altri “immigrati”, cattolici e “acattolici”. Un quartiere veramente greco era costituito dal complesso di palazzi dell’isolato vicino alla chiesa di San Nicolò. Anche le case che si trovavano nelle vicinanze furono acquistate da greci tra i quali Bartella, Livaditi e Carciotti. La presenza greca è evidente già alle porte della città con il palazzo Carciotti».
Quest’ultimo, fatto costruire da Demetrio Carciotti nel 1798, testimonia la tendenza da parte dell'élite economico-sociale della comunità greca a investire i propri capitali in immobili. Una tendenza rilevabile per tutto il XIX secolo, che trova conferma nei numerosi edifici fatti erigere dalle famiglie Scaramangà, Economo, Stratti, Galatti, Afenduli, Ralli, Giannichessi, che si ergono maestosi all’interno della città. Le famiglie greche più facoltose potevano possedere dai due ai quattro edifici o persino un intero complesso residenziale composto da più palazzi.
Trieste venne dichiarata porto franco a seguito del trattato di Passarowitz del 1718. Le prime attestazioni documentate di una stabile presenza greca a Trieste risalgono al 1734, quando Giovanni Mainati, insieme alla sua famiglia, originaria di Zante, decise di trasferirsi nella città adriatica.
Da quel momento, si registrò un incremento delle presenze elleniche, soprattutto di mercanti e artigiani, provenienti da diverse regioni della penisola balcanica. A Trieste prese forma una comunità etnico-religiosa complessa, costituita sia da greco-ortodossi che da serbo-ortodossi, chiamati dagli Asburgo “illirici”.
La comunità crebbe pur in assenza di un luogo di culto. Il 20 febbraio 1751 l’imperatrice Maria Teresa, per persuadere mercanti levantini a stabilirsi a Trieste, concesse agli ortodossi la libertà di professare il proprio culto, sebbene con alcune limitazioni.
Nel 1753 si diede inizio alla costruzione di un tempio intitolato a San Spiridione e all’Annunciazione.
L’iniziale scontento del ramo serbo-ortodosso, causato dall’assenza di un sacerdote illirico, si risolse alla fine del 1760 con l’intervento del vescovo di Carlstadt.
Egli «insistette presso le autorità austriache sulla necessità della presenza di un sacerdote illirico che» potesse «provvedere ai bisogni religiosi dei connazionali che non fossero in condizioni di comprendere l’idioma greco». Le messe iniziarono a essere officiate a giorni alterni sia in greco che in slavo.
Tuttavia, sul finire degli anni Cinquanta del Settecento i contrasti tra le due componenti levantine non erano cessati. Gli illirici, ritenendo che l’Intendenza non avesse rispettato le disposizioni sovrane che prevedevano l’uguaglianza fattuale dei serbi con i greci, continuarono a combattere per la propria causa.
La lunghissima serie di dispute tra quelli che di lì a poco sarebbero diventati due rami separati della comunità ortodossa di Trieste si concluse a favore dei serbi.
A partire dal 1781 i greci, non volendosi sottomettere ai serbi, decisero di abbandonare la chiesa di San Spiridione.
Il 9 agosto del 1782, con l’emanazione del Sovrano Rescritto, furono confermate le concessioni fatte ai greci dall’Imperatrice Maria Teresa e venne loro concessa la facoltà di fondare una Comunità greca su base nazionale e di costruire una chiesa greco-ortodossa.
Nel dicembre dello stesso anno, 63 capi di famiglia riuniti nella Cappella di casa Andrulachi, alla presenza del rappresentante del governo, parteciparono alla fondazione della "Nazione greca" (l’odierna comunità greco-orientale).
Seguì l’elezione di sei deputati, tra i quali Demetrio Carciotti, che furono incaricati sia di redigere uno statuto che regolamentasse l’organizzazione della Nazione, sia di provvedere alla costruzione della Chiesa intitolata a San Nicolò e alla Santissima Trinità.
Al fine di contribuire alle spese necessarie all’edificazione della chiesa, i consiglieri suddivisero i membri della Nazione in quattro classi di contribuenti in base alla condizione economica di ciascuna famiglia.
Sul finire del XVIII secolo, grazie alle attività commerciali e assicurative intraprese dalle più potenti e ricche famiglie greche, si assistette a un incremento della presenza ellenica in città.
La «plebaja greca» o i «miserabilissimi greci» - definizione coniata da alcuni ufficiali veneti nel 1754 alla fine del 1700 - avevano ceduto il posto a una comunità non soltanto compatta sul piano sociale e religioso, ma anche composta da personalità illustri che si erano affermate in diversi ambiti economici: fondatori di società di assicurazioni, membri della Borsa, negozianti capitalisti, imprenditori e azionisti industriali, proprietari immobiliari.
Nel corso dello stesso secolo e agli inizi di quello successivo i greci furono molto attivi anche nel settore industriale, in particolare nella produzione della cera, del sapone, del rosolio e della tintura rossa, utilizzata soprattutto dalle industrie tessili dell’Europa Centrale per i filati di cotone.
Fu importante, in tal senso, il sostegno dell’Imperatrice Maria Teresa alla nascita di imprese manifatturiere e industriali legate alla politica mercantilistica e quindi specializzate nell’impiego delle materie prime giunte nel porto cittadino.
Tuttavia, fu soprattutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo che si verificò un notevole sviluppo in ambito industriale, con il conseguente inserimento in tale settore degli imprenditori greci più potenti: dalla Società del molino a vapore, tra i cui azionisti compariva anche Giovanni Scaramangà, alla Molino a vapore (per le farine) di Giovanni Andrea Economo, fino alle imprese tessili di proprietà delle famiglie Ralli e Scaramangà.
A differenza di altre città come Livorno, Venezia e Vienna, a Trieste non esiste un’area urbana che sia stata concepita per essere riservata esclusivamente alla comunità greca. Come si legge nel testo di Olga Katsiardi-Hering, «i Greci di Trieste fecero parte della popolazione della città insieme agli altri “immigrati”, cattolici e “acattolici”. Un quartiere veramente greco era costituito dal complesso di palazzi dell’isolato vicino alla chiesa di San Nicolò. Anche le case che si trovavano nelle vicinanze furono acquistate da greci tra i quali Bartella, Livaditi e Carciotti. La presenza greca è evidente già alle porte della città con il palazzo Carciotti».
Quest’ultimo, fatto costruire da Demetrio Carciotti nel 1798, testimonia la tendenza da parte dell'élite economico-sociale della comunità greca a investire i propri capitali in immobili. Una tendenza rilevabile per tutto il XIX secolo, che trova conferma nei numerosi edifici fatti erigere dalle famiglie Scaramangà, Economo, Stratti, Galatti, Afenduli, Ralli, Giannichessi, che si ergono maestosi all’interno della città. Le famiglie greche più facoltose potevano possedere dai due ai quattro edifici o persino un intero complesso residenziale composto da più palazzi.
Longitudine
13.770278
Data d'invio
2020
region
Penisola balcanica
State
Sacro Romano Impero
codice regione
Friuli-Venezia Giulia
stato
Italia
latitude
45.650278
hasBibliography
Ingrao, C. W., Samardžić, N. e Pesalj, J., (2011). The Peace of Passarowitz, 1718, West Lafayette: Purdue University Press.
Kandler, P., (1848), Documenti per servire alla conoscenza delle condizioni legali del Municipio ed Emporio di Trieste: divisi in 2 parti nella prima si contengono i documenti dall’anno 948 fino alla creazione dell’Emporio, nella seconda quelli dalla creazione dell’Emporio impoi. Trieste: Lloyd austriaco.
Katsiardi-Hering, O. (2001). La presenza dei Greci a Trieste: tra economia e società (metà sec. XVIII-fine sec. XIX. In: R. Finzi, G. Panjek, a cura di: Storia economica e sociale di Trieste, Trieste: LINT.
Mainati, G., (1813), Croniche ossia memorie storiche sacro-profane di Trieste cominciando dall’XI. secolo sino a’nostri giorni: coll’aggiunta della relazione dei Vescovi dal primo sino al decimo secolo, Vol. IV. Venezia: Picotti.
Miklic, V., (2014), Le Comunità greca e illirica di Trieste: dalla separazione ecclesiastica alla collaborazione economica (XVIII - XIX secolo). Tesi di dottorato di ricerca in Scienze Umanistiche, indirizzo storico e storico artistico, Università degli Studi di Trieste.
Kandler, P., (1848), Documenti per servire alla conoscenza delle condizioni legali del Municipio ed Emporio di Trieste: divisi in 2 parti nella prima si contengono i documenti dall’anno 948 fino alla creazione dell’Emporio, nella seconda quelli dalla creazione dell’Emporio impoi. Trieste: Lloyd austriaco.
Katsiardi-Hering, O. (2001). La presenza dei Greci a Trieste: tra economia e società (metà sec. XVIII-fine sec. XIX. In: R. Finzi, G. Panjek, a cura di: Storia economica e sociale di Trieste, Trieste: LINT.
Mainati, G., (1813), Croniche ossia memorie storiche sacro-profane di Trieste cominciando dall’XI. secolo sino a’nostri giorni: coll’aggiunta della relazione dei Vescovi dal primo sino al decimo secolo, Vol. IV. Venezia: Picotti.
Miklic, V., (2014), Le Comunità greca e illirica di Trieste: dalla separazione ecclesiastica alla collaborazione economica (XVIII - XIX secolo). Tesi di dottorato di ricerca in Scienze Umanistiche, indirizzo storico e storico artistico, Università degli Studi di Trieste.
autore
Andrea Pergola
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