Chimarotti a Paganico Nel periodo compreso tra il 1580 e il 1581, Ferdinando I avviò una complessa trattativa con un gruppo di esuli greco-albanesi provenienti dalla cittadina portuale e dall'area di Chimara (oggi Himarë).
In un dispaccio datato 16 dicembre 1580, redatto dal prete ortodosso Atanasio Chubach, si legge che "vecchi e giovani di Chimara e tutti gli anziani dell'Albania, piccoli e grandi", si sono dichiarati disponibili a trasferirsi in Toscana. Rimasti privi del loro signore, il signor Schandarbeo, i supplicanti si sono trovati a dover affrontare da soli la lotta contro i Turchi e a subire quotidianamente le aggressioni dei tiranni.
Venuta loro a conoscenza della bontà e della generosità di Vostra Altezza Serenissima, i chimariotti hanno inviato alla corte del granduca il capitano Alexio, il reverendo Angiolino Castro Filacho e il pope Gicho Nicola, affinché potessero esaminare la loro terra.
Gli esiti del recente conflitto tra Venezia e la Sublime Porta avevano spinto i greco-albanesi verso la migrazione, consolidando una disponibilità che era stata già manifestata a Firenze ai tempi del granduca Cosimo I (1519-1574).
Sono circa centotrenta le famiglie disposte a traslocare in Toscana.
Il granduca decide di accoglierle e di impiegarle immediatamente per arrestare lo spopolamento che colpisce le terre un tempo appartenute
alla Repubblica di Siena. Il villaggio semi-abbandonato di Paganico, sito a qualche decina di chilometri da Grosseto, nella piana laddove i
fiumi Ombrone e Lanzo si congiungono, è una destinazione gradita ai chimariotti.
Quando nel 1580 i primi coloni sbarcano in Toscana, raggiungono non solo Paganico, ma anche Saturnia, altro borgo della Maremma grossetana. Si tratta di presenze destinate a dissolversi nel breve torno di qualche anno, lasciando insoddisfatta la fame di uomini dello Stato Toscano, che dunque nel Seicento continuerà a ricercare contadini forestieri.