15
Download (.pdf)
15
 
 
Andrea Manganaro
Foscolo tra Inghilterra e Ionio: la questione di Parga
Se «Ariosto, nato nel 1474, fosse morto nel 1500», il suo nome forse non apparirebbe in nessuna storia della letteratura italiana. Se Foscolo, «nato nel 1778, fosse morto nel 1800», già l’
Ortis
  bolognese e la dedicatoria del 1799 alla seconda edizione dell’ode
 A Bonaparte liberatore
, sarebbero bastate a dare testimonianza di uno scrittore e di un uomo di temperamento e qualità eccezionali. L’illuminante paragone, consegnatoci da Dionisotti, rende efficacemente la posizione singolarissima occupata nella nostra storia letteraria da chi, ancora nel 1797, nella dedica alla città di Reggio dell’ode
 Bonaparte liberatore
, si dichiarava «nato in Grecia, educato fra Dalmati, e  balbettante da soli quattr’ anni in Italia». Ma è anche vero che dalle pur significative opere scritte nel breve scorcio del Settecento, non sarebbe comunque «divinabile» il Foscolo più grande
1
 (anche se quel Foscolo ventenne era già stato in grado di profetizzare l’imperialismo napoleonico). Il poeta si staglia infatti come protagonista assolutamente significativo della letteratura del primo Ottocento, non più oggi retrodatabile a «uomo del secolo XVIII»
2
. A fronte del notevolissimo lascito consegnato alla letteratura nel primo quindicennio del secolo, ben poco, per tradizione consolidata, sembrerebbe però memorabile dei suoi scritti dell’ultima fase, dopo la cesura del 1815. Di quel  periodo Luigi Russo riteneva ancora menzionabili solo due scritti,
 La lettera apologetica
 e la narrazione su Parga, considerandoli peraltro come ripresa di «vecchi ragionamenti», incapaci di nuove prospettive
3
. Sono anni, quelli dell’esilio in Inghilterra, in cui il grande scrittore fu spento alla poesia. «Ben vorrei poter continuare a dedicarvi poesie», scriveva nel marzo 1820 a Lord Russel, ammettendo come ciò gli fosse divenuto irrealizzabile (la tragedia
 Ricciarda,
 di cui in quello stesso 1820 Russel era dedicatario, aveva la propria genesi in tutt’altro momento, scritta e rappresentata tra il 1811 e il 1813). Era ormai consapevole, Foscolo, nel 1820, di come gli fosse impraticabile la rappresentazione estetica della contingenza storica: «Quanto è più malagevole» il «tollerare la triste realtà», e quanto più è impossibile «il rimutar 
la
», affermava, «tanto più savio espediente» sarebbe
1
 C. D
IONISOTTI
,
 Appunti sui moderni. Foscolo, Leopardi, Manzoni e altri,
Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 33, 37.
2
 F. D
E
S
ANCTIS
,
Ugo Foscolo,
in
 L'arte, la scienza e la vita
, a cura di M. T. Lanza, Torino, Einaudi, 1972, pp. 205-244, a p. 243.
3
 L. R 
USSO
,
 Il tramonto del letterato,
Bari, Laterza, 1960, pp. 168, 173. Cfr. M. S
COTTI
,
Foscoliana,
Modena, Mucchi, 1997, p. 110.
 
 allora «scansare» le «umane cose», «sviando in mondi immaginari la mente»
4
. E però ammetteva, con Lucrezio: «neque nos agere haec, patriai tempore iniquo, / Possumus aequo animo». «Aequo animo», nella sfera dell’individualità biografica, Foscolo in verità non lo era mai stato. La serenità, tragica, l’aveva raggiunta e realizzata, ma nella
 poiesis
, attingendo la sublimazione estetica
5
. Mai per questo prescindendo, le sue più grandi opere, anche quelle che  perseguivano un’ apparente volontà di evasione, da un nesso dialettico con i «problemi dell’attualità storica». Esprimendo anzi, per quella via, del distacco e dell’evasione, anche e soprattutto nelle stesse
Grazie
, tutt’altro che una «liricità pura», ma «
un’insoddisfazione meditata
», e anche una «più risentita presa di posizione nei confronti della realtà contemporanea»
6
. Quella rappresentazione letterariamente mediata non si rendeva più possibile negli anni inglesi: per assenza di ascolto in terra straniera, forse; per insufficiente «ragion d’essere in sé», sicuramente. Lo annullò, come poeta, l’esilio finale. Non però come scrittore, come invece sentenziò, con giudizio fin troppo severo, Dionisotti
7
. Se nel genere lirico, o nel romanzo, non riusciva più a realizzare il rapporto di mediazione tra soggetto e mondo, Foscolo trovava però ragioni forti per una prosa di fatti e non di fantasie, in cui la cura formale non fosse disgiunta dall’importanza degli argomenti affrontati. Scritture storico-narrative, e interventi saggistici, quelli degli anni inglesi. Diretti, non esteticamente mediati, sulla contemporaneità, letteraria e politica, e in funzione di un pubblico straniero: testi minori, incomparabilmente, se raffrontati con i capolavori precedenti, e però non esigui per ampiezza e vastità di’interessi. Fondativi, anzi, per giudizi e per impostazioni, se valutati in prospettiva, nell’ambito della critica e della storiografia letteraria. Considerate oggi, anzi si rivelano, quelle scritture foscoliane, precorritrici di forme compiutamente attestate nella modernità: la trattazione a volte frammentaria, od occasionale, su periodici; l’argomentazione comunque storicizzante; l’esplicita assunzione di responsabilità. Qualità tutte distintive della moderna forma-saggio. Il testo che Foscolo per l’appunto annunciava a lord Russel nel marzo 1820 era opera di ‘narratore’, aderente alla storica «verità degli avvenimenti». L’argomento che affrontava era esplicitamente politico. E suo oggetto era la Grecia. Non quella mitica e metatemporale, classica o neoclassica, ma la Grecia «moderna», oppressa da «tenebre», eppure effettiva «materna
sua
 terra». Sempre da lui distinta dalle più «dott
e
 e ingentilit
e
» nazioni, non solo per le memorie, ma per le
4
 U. F
OSCOLO
,
 Lettera dedicatoria a Lord John Russel,
 in Id.,
Prose politiche e apologetiche (1817-1827),
 I, a cura di G. Gambarin, Firenze, Le Monnier 1964 (Edizione Nazionale, XIII; d’ora in poi:
 EN 
), p. 569.
5
 Cfr. B. C
ROCE
,
 Il libro inglese del Foscolo sulla cessione di Parga alla Turchia,
in Id.,
Varietà di storia letteraria e civile
, II, Bari, Laterza, 1949, pp. 186-203, alle pp. 202-203.
6
 G. L
UKÁCS
,
 Attualità ed evasione
, in
 Marxismo e politica culturale
, Torino, Einaudi, 1968, p. 31; V. M
ASIELLO
,
 I Miti e la Storia. Saggi su Foscolo e Verga,
 Napoli, Liguori, 1984, pp. 36-37, 40.
7
 D
IONISOTTI
,
 Appunti sui moderni
 cit., p
.
 77.
 
 antiche, «schiette virtù», che vedeva comunque ancora «risplendere» tra il «servaggio», la «barbarie», le «superstizioni» moderne. Cosciente di essere «italiano d’educazione e d’origine»,  proclamava però: «finché sarò memore di me stesso, non oblierò mai che nacqui da madre greca, che fui allattato da greca nutrice e che vidi il primo raggio di sole nella
chiara e selvosa Zacinto
»
8
. E la grecità di Foscolo non è infatti relegabile alla sola infanzia; né unicamente alla dimensione ‘extralocale’ e ‘extratemporale’ del mito o della classicità, che pur le appartengono. Esule in Inghilterra, egli rivendicava il proprio civile, politico, incontestabile diritto a venir considerato come Jonio
9
. E alla dimensione della sua moderna grecità appartengono non solo la nativa, «materna», conoscenza del neoellenico (toccanti le benedizioni che gli indirizzava la madre, con la quale corrispondeva in neogreco)
10
, i rapporti con i letterati connazionali (diretti, con Andrea Calbo, che gli fu segretario, e indiretti, nella dimensione intertestuale, con Dionisio Solomos, entrambi nativi di Zante).
11
 È significativo tassello della sua grecità anche il rapporto, di amicizia e  politico, con un altro greco, come lui dell’Eptaneso ionico, e come lui educato in Italia, Giovanni Capodistria, plenipotenziario dello zar al Congresso di Vienna, poi suo segretario di stato, infine  presidente della Grecia liberata, nella quale si recò dopo aver reso l’estremo omaggio, nel 1827, al Foscolo morente
12
. E fu Capodistria a favorire l’ingresso in Inghilterra del Foscolo, cui affidò un compito non ufficiale di rappresentanza degli interessi delle Ionie: «a Londra […] parlate, e parlate forte. - E fate  parlare. La Patria vostra vi sarà riconoscente»
13
. E la «Patria nostra» evocata qui per il Foscolo, con effetto dissonante per i canoni letterari nazionalitari, non è l’Italia, ma la Grecia. Di fronte a quella sua materna patria, e di fronte ai recenti avvenimenti politici, il suo silenzio lo avrebbe fatto sentire colpevole, «d’inumanità», dichiarava, nel 1820, a lord Russel, che alla Camera dei Comuni aveva difeso, a nome dell’opposizione
whigh
, contro le decisioni governative, la causa di Parga. Era, Parga, una piccola repubblica sulla costa ionica della Grecia, da cui si scorgeva la Leucade resa famosa da Saffo, storicamente legata alle sette isole ioniche, la più meridionale delle quali era la «nemorosa Zacyntos»
14
. Indipendente per secoli, stretta da alleanza a
8
 U. F
OSCOLO
,
 Lettera al Bartholdy
, Milano, 29/9/1808, in
 Epistolario
, II, a cura di P. Carli, Firenze, Le Monnier, 1952, (
 EN,
 XV), p. 492.
9
 Cfr. I
D
.
 , Lettera a Lord Bathurst 
, 17/2/1824, in
 Epistolario,
IX, a cura di M. Scotti, Firenze, Le Monnier, 1994 [
 EN 
, XXII], p. 348.
10
 Cfr. F. M. P
ONTANI
,
Foscolo e il greco moderno. (Con documenti inediti),
Roma, Istituto grafico tiberino di S. De Luca, 1964.
11
 Cfr. G. Z
ORA
s,
Solomos e l’Italia
, in Id.,
Thybris. Syllabus di studi italo-ellenici
, pref. di Mario Petrucciani, Atene, Domus, 1999, pp. 151-192.
12
 Cfr. G. P
ECCHIO
,
Vita di Ugo Foscolo
.
Tragedie e poesie varie di Ugo Foscolo
, Milano, Ferrario, 1851, p. 171.
13
 Cfr.
 Lettera di Giovanni Capodistria
, Vienna, 22 apr.-4 mag. 1815, in U.
 
F
OSCOLO
,
 Epistolario
, VI, a cura di G. Gambarin e F. Tropeano, Firenze, Le Monnier, 1966 (
 EN 
, XIX), p. 20.
14
 Virgilio,
 Eneide,
III, 270, e U. F
OSCOLO
,
On Parga
[«Edinburgh Review», ottobre 1819],
 
in
 EN,
 XIII.1, pp. 65-102 (e tradotto in italiano,
Parga,
 pp. 103-132), a p. 66.
 
 Venezia, mai conquistata dai Turchi, Parga si era affidata all’Inghilterra, alla caduta di Napoleone, cacciando via il presidio francese. E dalla liberale Inghilterra era infine stata ceduta, non direttamente alla Turchia, ma ad Alì, pascià di Ioannina (solo nominalmente ormai dipendente dall’Impero ottomano, e noto per la sua efferatezza), sulla base di un trattato del 1800 che aveva separato la sorte delle Ionie da quella delle località della terraferma. Il libro annunciato da Foscolo al Russel (
 Narrative of events illustrating the vicissitudes and cession of Parga
) venne scritto, ma non concluso. Anch’esso si aggiunge al catalogo delle opere incompiute della nostra letteratura, in cui Foscolo ha fatto segnare ripetutamente la propria  presenza, anche con capolavori. E però per motivi diversi dall’incompiutezza neoclassica, quella narrazione su Parga
 
fu interrotta. Per verosimili ragioni esterne: i rilievi che in parte dovette condividere sull’esagerazione di alcune notizie ricevute dai Pargioti; la delusione per la scarsa convinzione con cui la questione era stata sostenuta dai
whigs
; il crescente scetticismo sulle «possibilità di redenzione della Grecia»
15
; i moti nazionali italiani e spagnoli, che, scrisse nella
 Lettera Apologetica
, «provocarono la Santa Alleanza ad ampliare con tirannide più violenta l’applicazione di tutto il suo dogma», facendogli temere l’espulsione dall’Inghilterra, che appoggiava «la stolta ferocia de’Santi Alleati». Fatti che lo indussero pertanto «a sopprimere il libro»
16
. Tralascio le insinuazioni infondate che critici, inclini alle maldicenze (da Tommaseo a Charini, a positivisti del primo Novecento) trassero da questa “soppressione”, per avanzare condanne morali
17
. Altri rilievi, immanenti al testo, sono invece di qualche interesse. A determinare l’incompiutezza o la “soppressione” per autocensura di questo libro, al di là delle plausibili ragioni esterne, contribuì un altro motivo, riguardante la coerenza delle idee espresse e, pertanto, anche il tessuto argomentativo, la composizione propriamente testuale. L’assunto incipitario, l’appello quasi illuministico al «diritto delle genti» contro le recenti decisioni dell’Inghilterra e della Santa Alleanza, veniva infatti contraddetto dallo stesso Foscolo quando, nel terzo libro, trattando la storia di quel principio, prima e dopo Grozio, lo aveva verificato come «affetto di storica contingenza»: non una legge morale assoluta, ma soggetta al diritto del più forte
18
. Sebbene interrotto, quel libro fu comunque realizzato dal Foscolo, che poté farne dono ad alcuni,  pochissimi destinatari, e del volume, non come manoscritto, ma come copia a stampa: prove di stampa, come è più probabile, o copie superstiti di un’edizione soppressa. Un’opera a cui Foscolo
15
 Cfr. E. R. V
INCENT
,
Ugo Foscolo esule fra gli Inglesi
, a cura di U. Limentani, Firenze, Le Monnier, 1954, pp. 104, 106, 107; S
COTTI
,
Foscoliana
 cit., pp. 107-108.
16
 U. F
OSCOLO
,
 Agli Editori padovani della Divina Commedia [Lettera apologetica],
in
 EN,
XIII.2, pp. 81-241, alle pp. 217-219.
17
 Cfr. C
ROCE
,
 Il libro inglese
cit., p. 189.
18
 Ivi, p. 200.
 
 lavorò lungamente, negli anni dell’esilio inglese, alla quale pensò per quattro anni, per uno almeno dedicandosi alla scrittura e non abbandonando poi, anche dopo l’interruzione, l’idea di riprenderne la scrittura
19
. Di quest’opera promessa, scritta, ma incompiuta, o “soppressa”, restano oggi tre esemplari, recanti segni di fortunosi passaggi, di scambi di emblemi. Uno fu donato da Foscolo a un altro famoso esule, Santorre di Santarosa, in partenza per la Grecia, dove nel frattempo era iniziata la rivoluzione antiturca, e dove egli avrebbe trovato la morte, a Sfacteria. Esemplare, questo, con versi virgiliani di mano del Foscolo, giunto, attraverso gli eredi, a Benedetto Croce, e conservato nella sua biblioteca
20
. È un libro, questo del grande poeta italiano, che occupa un posto singolarissimo nella storia delle nostre lettere
21
. Libro inglese, e non solo perché scritto in Inghilterra e lì stampato, o iniziato a stampare, ma perché all’editore consegnato, dallo stesso Foscolo, in inglese, sebbene non fosse lui autore della traduzione. Né in italiano era stato da lui scritto, ma in francese, o meglio nel suo francese, dato che comunque il suo italiano risultava difficilmente praticabile ai traduttori. E  paradossalmente comunque più vicina, la redazione inglese, alla volontà dell’autore rispetto all’edizione in italiano curata da Paolo Emiliani Giudici, meritevole, ma pur sempre opera di traduttor di traduttore
22
. Libro inglese perché scritto dall’angolo visuale dell’Inghilterra, per un  pubblico inglese, e fortemente connesso a questioni di politica internazionale nell’epoca successiva al congresso di Vienna, ma anche al confronto politico tra
whigs
 e
tories
. Anche quel caso marginale dell’attualità politica poteva illuminare questioni più complesse, movimenti più profondi della storia. Avvertiva Tacito (
 Ann
., IV, 32), citato allusivamente in epigrafe in una delle copie superstiti del libro: «Non tamen sine usu fuerit introspicere illa, primo aspectu levia, ex quis magnarum saepe rerum motus oriuntur»
23
. Non tanto per «lusingare le  popolari passioni di commiserazione verso i deboli, e di odio contro i potenti». Foscolo ideò quel libro, ma perché quel caso, apparentemente «indegno di nota», invece «implica
va
il principio del diritto delle genti», «il solo argine contro l’abuso della forza» . Ma a quel principio egli stesso opponeva immediatamente un’altra considerazione, che la «verità effettuale», la sua prospettiva modernamente storicizzante, l’amara conoscenza degli eventi  politici postrivoluzionari non potevano non imporgli: quella norma era stata «di tempo in tempo»
19
 Cfr. G. G
AMBARIN
,
 Introduzione
a
 EN,
 XIII, 1, pp. LXXVII-LXXVIII. In una lettera a Lord Russel del febbraio 1824 Foscolo usa però un’evidente iperbole: «Quel tems j’ai perdu – sept ans et sept mois en ecrivaillant jour et nuit sans repos» (
 EN 
, XXII, p. 351).
20
 Ivi, pp. LXIX-LXXI; C
ROCE
,
 Il libro inglese
cit. p. 186: «Al conte di Santa Rosa, - Esule – Ugo Foscolo, esule – 1° marzo 1824. “
 Diversa exilia diversas quaerere terras Auguriis agimur divûm
”».
21
 U. F
OSCOLO
,
 Narrative of events illustrating the vicissitudes and cession of Parga,
in
 EN,
 XIII.1, pp. 173-306.
22
 Cfr. I
D
.,
 Narrazione dei casi e della cessione di Parga
, in
 EN,
 XIII. 1, pp. 427-532.
23
 Nel frontespizio della stampa, Murray, Londra, 1820: cfr.
 EN,
 XIII.1, p. 171.
 
  piegata dai vincitori «al proprio immediato interesse»
24
. Essi, senza mai smentire nelle dichiarazioni quel principio generale, l’avevano sempre ‘accomodato’ «ai propri fini», alterandone «la interpretazione ed applicazione»
25
. Considerazioni non dimentiche di Machiavelli e Hobbes, e delle conclusioni sulla giustizia cui Foscolo era giunto una decina d’anni prima: «se il diritto delle genti stesse nelle leggi dell’universo, sarebbe infrangibile, i politici scriverebbero meno, e i popoli non si guerreggerebbero mai; ma le leggi dell'universo vogliono che si faccia quello che si fa». E aveva ammesso allora, con apparente fatalismo, che era però lucida coscienza di un fallimento storico: «mi rassegno ai fatti,  benché discordino da' miei desideri, e cerco di giovarmi dell'esperienza continua che essi mi  porgono»
26
. In quella fase storica, nel periodo napoleonico, l’apparente evasione dalla politica gli aveva consentito mediatamente una presa di posizione sulla realtà storica e il risarcimento della poesia. Ora la contraddizione tra il principio proclamato dell’argine alla forza (il diritto delle genti) e l’amara consapevolezza che sono forza e interessi a determinare l’agire politico, non gli consentiva di chiudere organicamente il suo libro inglese. Doveva giungere infatti, nella narrazione del diritto delle genti, passando per le forche caudine della Rivoluzione e di Napoleone, fino all’attualità, alla nuova dottrina che ammetteva come regola l’interferenza dei governi stranieri all’interno dei singoli stati
27
. Si chiude però prima, la redazione stampata, con un lucido accenno che suona per noi, reduci delle catastrofi del Novecento, come una intuizione profetica, sulle nuove forze che avrebbero reso vuote parole, nei fatti, l’indipendenza delle nazioni e l’equilibrio europeo
28
. L’ultima  pagina si interrompe infatti sull’immagine dei re di Prussia che convertono il loro paese «in un campo militare», con una nobiltà che «mirava al comando di reggimenti», e senza opposizione, con un popolo di «all his subjects»
29
. E i frammenti di quel libro interrotto ci testimoniano come il punto morto cui era giunto Foscolo riguardasse proprio la causa della delusione storica che già venti anni prima aveva colto i giovani europei e lo stesso Foscolo. Tra le pagine più tormentate dei frammenti e degli abbozzi, in francese, ci sono proprio quelle dedicate a Napoleone. E il suo giudizio, in sintonia con quanto aveva affermato nel
Saggio sulla letteratura contemporanea in Italia
 (in cui ricordava ancora che «il
24
 F
OSCOLO
,
 Narrazione
cit., p. 429.
25
 Ivi
 ,
 p. 525.
26
 Cfr. U. F
OSCOLO
,
Sull’origine e i limiti della giustizia,
in
 Lezioni, articoli di critica e di polemica
 (1809-1811), a cura di E. Santini, Firenze, Le Monnier, 1933 (
 EN 
, VII), pp. 165-186, alle pp. 179, 182.
 
27
 Cfr. I
D
.,
Frammenti
, in
 EN,
 XIII.1, p. 424.
28
 C
ROCE
,
 Il libro inglese
cit., p. 202.
29
 F
OSCOLO
,
 Narrazione
cit., p. 531-532 e
 Narrative
cit., p. 306.
 
 Foscolo era cittadino della Repubblica Veneziana che Napoleone distrusse»)
30
, ne riconosce la funzione progressiva, anche rispetto ai «progetti impraticabili delle riforme». Si duole e si tormenta  però sull’occasione mancata (lo attestano le continue riscritture degli abbozzi), su quella svolta imperialistica, da lui ventenne già amaramente profetizzata, per cui Napoleone, piuttosto che «le législateur et le distributeur» era divenuto «l’usurpateur des Etats de l’Europe»
31
. E a proposito delle azioni compiute da Napoleone, il poeta, che nei suoi eserciti aveva militato, passando a contrappelo la storia, si soffermava sulle inumane sofferenze patite anno dopo anno da masse enormi di soldati
32
.  Nel testo completato della
 Narrazione su Parga
, che si allarga allo scenario di tutta l’Europa, appaiono analisi sociali di sorprendente acutezza, come nelle considerazioni sulla situazione dell’Inghilterra della rivoluzione industriale, che demistificano il mito del regime liberale («le manifatture si giovano del gran numero di poveri per ottenere il maggior lavoro col minimo salario»); nelle riflessioni sulla natura umana, esenti da ogni illusione ottimistica («ogni uomo è animale cupido, usurpatore, guerriero»); nella consapevolezza del rapporto fra diritto e regime di  proprietà (la distribuzione della terra determinata non dal lavoro, ma dalla «volontà de’ morti a favore dei non nati ancora»)
33
. Ma oltre alle analisi sociopolitiche e alla ricostruzione propriamente storica, appaiono nella
 Narrazione su Parga
 pagine letterariamente notevoli, tali da essere considerate senz’altro poetiche da Fubini e Scotti, una sopravvivenza della poesia in altro statuto e in altra stagione
34
. In tal senso uno dei passi più notevoli sarebbe quello dell’addio dei Pargioti alla loro patria, in cui ricorre il tema del sepolcro. L’ultimo atto degli abitanti di Parga fu quello di avviarsi alle «tombe dei padri», di dissotterrarne «in silenzio» le ossa e porle sopra una pira, «dinanzi le chiese». Impugnate le armi, rimasero intorno al rogo «immobili e silenziosi fino a che tutto fu consunto». Il mesto rito, compiuto per mettere «al sicuro da profanazione» «le reliquie dei loro padri», spinse gli abitanti di Parga a chiedere con estrema fermezza agli ufficiali inglesi, prima dell’abbandono definitivo, che neanche «un solo infedele» entrasse prima che si fosse spento il rogo
35
. È questa la chiusa, non del libro incompiuto, ma dello scritto che lo precedette, nel 1819, sulla «Edinburgh Review». Le accuse dei difensori delle scelte governative, che ne osservarono «le
30
 I
D
.,
Saggio sulla letteratura contemporanea in Italia,
in
Saggi di letteratura italiana
, II, a cura di C. Foligno, Firenze, Le Monnier, 1958, [
 EN 
, XI], p. 554.
31
 I
D
.,
Frammenti
, in
 EN,
 XIII.1, p. 403.
32
 Ivi, p. 407.
33
 I
D
.,
 Narrazione
cit
 ,
 pp. 508, 521-522.
34
 
Cfr. M. F
UBINI
,
Ugo Foscolo,
Firenze, La Nuova Italia, 1988, p. 265. S
COTTI
,
Foscoliana
 cit., p. 109
.
35
 F
OSCOLO
,
Parga
 cit., pp. 131-132.
 
 esagerazioni», e fecero rilievi sull’«esattezza» dei fatti narrati, indussero infatti Foscolo a non riproporre l’episodio nel successivo libro
36
. Ma su un altro episodio significativo Foscolo insiste invece reiteratamente, sia nell’articolo che nel libro, seppur con qualche variante
37
. Nel narrare le circostanze in cui i Pargioti si affidarono all’Inghilterra, egli riferisce il discorso pronunciato da uno degli anziani della città. Testo che nell’articolo
On Parga
afferma di tradurre dal greco, da uno dei documenti che aveva a disposizione. Foscolo riporta sempre le fonti della sua narrazione, allegando testi in varie lingue, molti in greco. Ma in nessun luogo (e in nessuno dei libri scritti sull’argomento) appare tale discorso, che egli stesso assimila a quelli (politici) riportati da Tucidide. Anche se, aggiunge, «sembra che l’oratore sia come mosso da uno spirito profetico».  Non esisteva fonte scritta, per quel discorso, politico e profetico. Forse, tutt’al più, qualche testimonianza orale. Ma quella
 fictio
 letteraria, ben integrata con la narrazione degli eventi, consentiva a Foscolo di esprimere il proprio punto di vista tramite la voce dell’anziano saggio di Parga. Il personaggio di indole austera, che da tempo non prendeva parte attiva alla vita pubblica, ma che per i molti viaggi aveva acquisito capacità di leggere le vicende politiche europee, diviene così un’ulteriore, seppur minore, maschera di Foscolo. Il suo discorso è finalizzato ad una totale demistificazione dell’imperialismo inglese. Ed è tanto più efficace perché pronunciato da una delle vittime stesse di quell’imperialismo, che ne enuncia le leggi ai suoi concittadini, sgombrando il campo da ogni illusione:
vi esorto che, prima di darvi agli Inglesi, consideriate come il re d’Inghilterra adesso tenga a paga tutti i sovrani d’Europa, ottenendo il denaro a tal fine dai suoi mercanti, sicché avviene che in codesto paese re e mercanti non sieno che una sola medesima cosa: e però, qualora a quei mercanti tornasse utile di vendervi per adescare Alì a conceder loro certi vantaggi commerciali ne’ suoi porti, gl’Inglesi vi venderanno ad Alì.
Il tenore del discorso era tale da far temere ai maggiorenti che potesse infiammare gli animi dei giovani. Il vecchio saggio chiede però che esso sia tramandato alle generazioni future. E l’orazione del personaggio foscoliano, pronunciata dalla rocca di Parga, e rivolta contro la patria stessa del liberalismo, alleata dei Santi Alleati, assume, dalla nostra prospettiva, una valenza quasi profetica: «Questi Inglesi pure non sono che uomini: e credete per voi impossibile di viver tanto da vederli cacciati da tutti i paesi, quand’essi non avranno più danari a pagarli, ingabbiati dentro l’isola loro,  per miseria depredandosi vicendevolmente?»
38
.
36
 Cfr. I
D
.,
 Narrazione
cit., p. 429.
37
 Cfr. I
D
,
On
 
Parga
 cit.,
 
 pp. 89-91; Id.,
Parga
 cit. pp. 121-123; Id.,
 Narrative
 cit. pp. 252-255; Id.,
 Narrazione
cit., pp. 488-491.
38
 Nella traduzione di Emiliani-Giudici,
 Narrazione
cit., pp. 488-489.
Academia © 2014
of 8