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La Confraternita del Rosario. Intervista a Luigi Congiu Intervista a Luigi Congiu, ex priore della Confraternita della Madonna del Rosario, riguardo la storia e l'oratorio della Confraternita
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Madonna della Guardia Nella nicchia al lato sinistro della Cappella della Madonna di Bonaria, si trova il gruppo scultoreo della Madonna della Guardia.
Il simulacro presenta sul lato sinistro la statua della Vergine, mentre tiene in braccio il Bambin Gesù. Al suo cospetto, è inginocchiato un pastore con le sue pecore. L'identità del pastore resta ignota, non è dato sapere se si tratti di un santo o di un personaggio a cui la Madonna è apparsa.
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Statua di Santa Teresina del Bambin Gesù Alla sinistra della Madonna di Bonaria troviamo la piccola e più recente statua di santa Teresina del Bambin Gesù, raffigurata nel suo abito carmelitano, con la veste marrone e il manto bianco, e con il Crocifisso e le rose stretti al petto.
La statua è in piedi sopra una base marmorea bianca e nera. Lo sfondo nero, con motivi dorati, risalta il colore chiaro del manto della Santa.
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Statua della Madonna di Bonaria La statua della Madonna di Bonaria è collocata nella nicchia centrale sopra l’altare della cappella a lei intitolata (Capella della Madonna di Bonaria).
Protetta da un vetro dotato di una cornice dorata di forma arcuata, la statua riproduce il simulacro conservato nel santuario di Bonaria a Cagliari.
La Vergine indossa una veste rossa coperta da un manto celeste e tiene in braccio sul lato sinistro il bambin Gesù, mentre con la mano destra porta una navicella e una candela. Sono evidenti i rimandi simbolici legati ai due oggetti. La candela rimanda al momento in cui, il 24 aprile 1370, il simulacro della Vergine approdò dal mare alle pendici del colle di Bonaria, tenendo in mano una candela accesa. La navicella, invece, è legata al ruolo di protettrice dei naviganti assunto dalla Madonna di Bonaria.
Dalla seconda metà del Novecento, ogni 24 aprile a Nuraminis si festeggia la Madonna di Bonaria. Il giorno della festa, la sera, la statua viene portata in processione lungo le vie del paese. Al termine della processione, viene celebrata la messa con omelia.
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Tomba gentilizia di Giovanna Angela Pes La tomba gentilizia contenente le spoglie della nobildonna Giovanna Angela Pes si trova nella chiesa parrocchiale di San Pietro a Nuraminis. Ad ospitare questa sepoltura è la prima cappella che troviamo entrando sulla sinistra, la cappella delle anime. La lastra marmorea a copertura della tomba si trova sul pavimento coperta da una lastra di vetro che protegge le incisioni, la quale è sicuramente stata installata in un secondo momento. Questo si può evincere dal fatto che le incisioni sono leggibili ma sicuramente rovinate, e Tonino Mura nel suo libro dice che siano state rovinate dal calpestio dei fedeli. La cappella che ospita la sepoltura è piccola e disadorna, al suo interno troviamo un pregevole cristo ligneo e un altare di marmo.
Nell’epigrafe leggiamo che la sepoltura in tale cappella è voluta dal figlio della defunta, il canonico Cugia, membro del capitolo metropolitano di Cagliari. Il canonico, che beneficiava delle prebende di Serramanna, Villacidro e Nuraminis, era quindi una figura influente all'interno della Chiesa sarda del tempo. Il suo ruolo ecclesiastico gli conferiva prestigio non solo religioso, ma anche sociale ed economico. Beneficiare delle prebende significava ricevere delle rendite derivanti da quelle chiese o territori, questo aumentava il peso politico del chierico.
Nell’epigrafe riusciamo a leggere il luogo di provenienza della donna che è Cagliari e l’anno di morte, il 1707, che con ottime probabilità coincide con l’anno di installazione della lastra funebre. Il fatto che la tomba sia dotata di un’epigrafe che ne identifica le spoglie aumenta il valore rappresentativo di tale opera. Quindi la tomba non ha solo una funzione commemorativa, ma afferma anche il prestigio della famiglia.
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Epigrafe Paolo Maria Serci L'epigrafe, incisa su supporto marmoreo, è posta nell'aula della parrocchiale di San Pietro, nel pilastro tra prima e seconda cappella del lato sinistro.
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Epigrafe per la dedicazione della parrocchiale L'epigrafe, incisa su supporto marmoreo, è posta nella parrocchiale di San Pietro, nel pilastro tra terza e quarta cappella del lato destro.
La lastra presenta forma di cartiglio: ha il vertice superiore destro e quello inferiore sinistro arrotolati verso l'interno ed al centro è ondulata.
Nel vertice superiore sinistro è riprodotto lo stemma araldico, comprensivo di motto, di monsignor Paolo Maria Serci, arcivescovo di Cagliari.
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Oratorio Madonna del Rosario Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, in seguito all’editto di Pio V che istituì la Confraternita del Rosario, fu edificato l’oratorio sul sagrato della parrocchia.
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Tomba di Francesco Vaquer La tomba di Francesco Vaquer è situata nel cimitero di Nuraminis, nel lato sinistro del viale perpendicolare a quello principale.
Il monumento funebre è composto da un pilastro in marmo, poggiato su un basamento raccordato con modanature e sormontato da un cornicione anch'esso con modanature.
Il lato frontale del monumento è spartito orizzontalmente in due ordini da un cornicione: nell'ordine inferiore vi è la lapide ornata; in quello superiore, dentro un ovale, vi è il ritratto del Vaquer.
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Simulacro di Sant’Ignazio da Laconi Il simulacro di Sant'Ignazio da Laconi si trova nella nicchia a destra di quella della Madonna Assunta.
La statua, infatti, è collocata all'interno della Cappella della Madonna Assunta, la terza cappella che si apre sulla destra della chiesa. La cappella è separata dalla navata da un gradino e da una balaustra in marmo bianco su cui è incisa la data 1846.
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Don Attilio Spiga
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Serci Vaquer, Igino Maria
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Aroffo, Armando (miniatore e scultore)
Nato a Cagliari nel 1887, da famiglia nuraminese, si trasferì negli Stati Uniti, dove si affermò come miniaturista e scultore. Oltre al busto in avorio del Presidente Hoover, ci sono pervenute varie altre opere, specie statuette e ritratti di personaggi famosi statunitensi.
Morì intorno al 1960, quando stava progettando di tornare a vivere a Nuraminis.
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Cappella della Madonna Assunta in Cielo La cappella dedicata alla Maria Assunta si apre con un arco a sesto acuto sul lato destro della navata centrale ed è costruita su un piano sopraelevato di un gradino.
L’ingresso è delimitato da una balaustra in marmo bianco aperta al centro, che reca incisa la data di realizzazione “anno 1846”.
Il pavimento è in mattonelle esagonali bianche e nere, disposte obliquamente.
Le pareti laterali e quella di fondo sono delimitate in alto da un cornicione, al di sopra del quale si sviluppa la volta a botte affrescata. Affrescato è pure lo spicchio superiore della parete di fondo, sempre al di sopra del cornicione, dove due sipari dipinti incorniciano una piccola finestra quadrangolare che illumina la cappella. Nello spicchio superiore della parete opposta, sopra l’arco d’ingresso, vi è un’iscrizione dipinta che reca i nomi del committente, dell’autore degli affreschi e la data di realizzazione.
Nella prima colonna: “Cappella decorata / A spese di Don / Vincenzo Vaquer / Maggio 1923”; nella seconda colonna: “Il pittore / Porra Silvio”.
Sulla parete di fondo, sopraelevato da una base marmorea, si erge un altare in marmo intarsiato di vari colori, la cui data di realizzazione è scolpita alla base del lato frontale: “MDCCCXLVI”, ossia 1846. L’altare presenta il piano da mensa e altri due livelli superiori. Il piano orizzontale dell’ultimo livello è costituito da una lastra marmorea di reimpiego, che reca un’iscrizione in lingua latina, mutila della parte sinistra: “[...]lgarien / [...]arissimi/ [...]yli causa / [...]audati/ [...]t conterraneo / [...]at / [...]D. Algar/ [...]ae/ [...]ssimo / [...] patriae decori / [...]us / [...]munia illustris / [...]itudinis / [...]ignabat / [...]ad”.
La parete ai lati dell’altare è rivestita da lastre di marmo decorate. Sulla parete destra, all’altezza del piano da mensa dell’altare, si trova una lastra di marmo nero semicircolare utilizzata come mensola per fiori e ceri votivi.
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Chiesetta di Sant'Antonio Abate La chiesa di sant'Antonio abate di Nuraminis sorgeva in età moderna dove oggi è presente la cappella attuale. Era un'antica costruzione in mattoni crudi con un piccolo spiazzo dinanzi all'ingresso in cui tutti gli anni veniva acceso il falò alla vigilia della festa di sant'Antonio. Tutt'oggi è una chiesa privata tant'è che nacque come cappella all'interno dell'abitazione di una famiglia locale nella seconda metà del 1500 (casa Mudu Serci).
Vi sono diversi elementi che ci portano a pensare che la cappella effettivamente esisteva nel XVII secolo, tra cui la presenza al suo interno di una campana che presenta l'inscrizione S.ANTONI ORA PRO NOBIS ANNO DOMINI MDCXXXII (datazione 1632).
Va specificato che non sappiamo con certezza a chi appartenesse nel corso del 500 e risulta che i Mudu, famiglia non originaria del villaggio, ancora dovesse insediarsi a Nuraminis. A tal proposito, riportiamo il matrimonio tra Diego Mudu (di Sestu) e Serafina Corona (di Nuraminis) del 1699, in seguito alla quale Diego decise di trasferirsi . Uno dei figli di Diego Mudu e Serafina Corona è Juan Baptista Mudu che sposò Theresa Vacca, appartenente a una famiglia benestante. Dalla loro unione nacquero tre figli, tra cui Juan Augustin Mudu che sposò Ritta Serra, altro cognome rilevante già dal XVII secolo.
A Juan Augustin Mudu fece da testimone di nozze Battista Taris e il figlio di quest'ultimo, Antonio Andrea Taris (major di giustizia e molto influente nel villaggio) , diede in sposa la figlia Maria Taris a Paolo Mudu ( nipote di Juan Augustin Mudu e figlio di Juan Ramon Mudu).
Paolo sposò due donne benestanti, la già citata Maria Taris e successivamente Pasquala Musio di Donori. Lo stabile con la cappella del santo, che dalle respuestas del 1777 risulta in stato di abbandono, alla fine del XVIII secolo fu da Paolo Mudu o acquistato o ereditato dalla moglie Maria Taris (che potrebbe averlo ottenuto dall'eredità dello zio Antioco Taris, vicario in Nuraminis tra il 1770-1773). Si può ipotizzare questo aspetto perchè alla morte di costui iniziò una lite giudiziaria tra i fratelli di Antioco, zii di Maria.
Questa lite, riporta i nomi di Felicia Taris e Juan Andres Taris e al suo interno si parla del possesso di una casa ma senza ulteriori precisazioni. Ciò che attira la nostra attenzione è il censo presente nella lite poichè risulta uguale a quello dovuto da Paolo Mudu alla Causa Pia per la chiesa di sant'Antonio abate nell'inventario dei suoi beni del 1843 e nelle ricevute degli anni 1836-1842. Ciò che va evidenziato, è che questi elementi ci portano a comprendere che la chiesa diventò di proprietà di Paolo Mudu. La chiesa stessa, in un contesto storico come questo, diventa un simbolo di potere all'interno del villaggio.
Egli decise di diseredare tre dei quattro figli avuti dalla prima moglie poichè gli crearono numerosi dissapori in quanto problematici nei confronti della giustizia, una vera disfatta con i figli Taris. Dall'unione con la seconda moglie nacque Benigno Mudu alla quale Paolo concesse, attraverso un testamento, lo stabile con la chiesa e il compito di organizzare la festa. Abbiamo testimonianza di tale testamento e risulta che ci siano due differenti versioni.
Benigno diventò notaio studiando presso l'università di Cagliari e ricoprì la carica di sindaco nel villaggio negli anni 1869-1871 e 1892-1894. Sposò Maria Serci (figlia di un altro notaio) e dai due nacquero Maria Mudu maritata Podda e Antonietta Mudu maritata Batzella. Precisamente Antonietta sposò Battista Batzella (padre di Armando Batzella) e da questo matrimonio nacquero Silvio e Benigna Batzella. Ecco che Benigno Mudu divise la casa in due trasmettendo il bene alle figlie con il dovere di impegnarsi per la riparazione dello stabile. Nel 1909 muore Antonietta e si crearono divergenze tra i familiari per la gestione mentre la chiesa andò in decadenza.
Maria Mudu decise così di trasmettere la quota ai nipoti e questo portò alla stesura del rogito a favore del nipote Silvio Batzella che riuscì ad ottenere l'autorizzazione per la demolizione e ricostruzione dello stabile. Tutto ciò spiega perchè la chiesa sia oggi di proprietà degli eredi Batzella. Si decise, compatibilmente con il permesso rilasciato dalla Sovrintendenza ai Monumenti e Gallerie del 28 marzo 1973, alla demolizione dell’antica struttura considerata di scarsa rilevanza storica e artistica. Successivamente il sindaco di Nuraminis concesse il prioprio nullaosta autorizzando Benigna Batzella. Nel dicembre 1973 viene firmata la scrittura privata fra il generale Silvio Batzella e la ditta appaltatrice Mandis Luigi.
I lavori iniziarono nel 1974 e la chiesa, ricostruita, si presenta oggi completamente rinnovata e abbellita nella parte frontale mediante l’innalzamento di un loggiato. Il rifacimento comprende inoltre la messa in opera di una nuova pavimentazione e di un altare marmorei. La chiesa risulta dotata di paramenti sacri e arredi liturgici indispensabili per le funzioni religiose ancora oggi officiate.
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Intervista a Enrico Podda L'intervista al signor Enrico Podda è incentrata su due argomenti: la chiesa di san Saturnino (san Sadurru) e sulla località is Cresieddas (in cui sorgeva una chiesa). L'intervista è servita per reperire, tramite la memoria orale, informazioni sui due luoghi in cui sorgevano delle chiese campestri e i relativi centri.
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Epigrafe per la benedizione del cimitero di Nuraminis L'epigrafe, incisa su supporto marmoreo, è posta nel viale principale del cimitero di Nuraminis, sulla sinistra appena dopo il cancello d'ingresso. Essa ricorda la cerimonia di benedizione del camposanto, svoltasi in data 1880-04-25.
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Intervista al signor Quirino Medda Intervista al signor Quirino Medda di Villagreca, presso il cimitero di Villagreca, in merito alla presenza sul territorio della chiesa di San Costantino.
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Lapide di Luigi Zonca nel cimitero di Villagreca
La lapide di Luigi Zonca è situata presso il cimitero di Villagreca, frazione di Nuraminis.
Essa è composta da una colonna in pietra di arenaria, sormontata da una croce in ferro sul cui fronte si leggono le iniziali Z. L.
Si pensa che questa lapide sia stata l’ultima ad essere eretta adiacente al muro perimetrale della Chiesa di San Costantino, presumibilmente rasa al suolo intorno agli anni ‘60.
Mediante alcune ricerche e le preziose nozioni del signor Quirino Medda, siamo riuscite a risalire all’identità di Luigi Zonca, il quale visse fino al 1952.
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La fontana di Siutas (o Sehutes) La località di Siutas (o Sehutes), situata a nord-est di Villagreca, è interessata dalla presenza di una fontana coperta che, probabilmente, sfrutta una sorgente naturale che sgorga a 167 metri sul livello del mare ed è nota con il nome di Funtana ‘e Siutas (o Sehutes). La fontana si sviluppa per 4,50 metri di larghezza e 3,30 metri di lunghezza e, all’esterno, si presenta con quattro lastre di arenaria di cui due aventi un’apertura circolare, utilizzate per attingere l’acqua.
L’accesso è possibile tramite una scala che conduce a una vasca rettangolare realizzata in arenaria, calcare e mattoncini in terracotta.
Al momento non è possibile stabilire un periodo per il primo impianto del monumento, ma è ipotizzabile un suo uso fin dai tempi remoti. Nel corso dei secoli, ha subito diversi rimaneggiamenti. I più recenti risalgono agli anni ‘70 del Novecento, quando furono edificati due pozzetti in cemento con pompe per il prelievo dell’acqua. Ad oggi, questo interessante monumento si trova in stato di abbandono, quasi completamente sommerso dalle sterpaglie.
Poche persone sanno che in questo luogo all'inizio del Seicento quindici famiglie nuraminesi e cinque di Villagreca sottoscrissero i capitoli per il ripopolamento del villaggio di Donori nella regione storica della Trexenta.
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Ex Montegranatico L'edificio dell'ex Montegranatico è frutto di un progetto del 1900, che aspirava a sostituire, con un "nuovo magazzino", il primo Monte frumentario del paese, addossato alla Chiesa di San Pietro e risalente al XVIII secolo. Si tratta di una struttura a capanna con sezione rettangolare e tetto a due falde e capriate lignee, molto spaziosa e ariosa. La muratura è realizzata in pietrame e malta e, limitatamente a stipiti e architravi, in mattoni pieni. I Monti frumentari assolvevano il compito di vere e proprie banche del grano, in cui venivano immagazzinate le sementi di cui una parte veniva prestata agli agricoltori, che avevano il compito di restituirla dopo il raccolto. Con questa dinamica si intendeva arginare i danni causati delle carestie e limitare l'azione degli usurai. L'ex Montegranatico è stato restaurato nel 2004.
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Cimitero di Nuraminis La decisione di costruire un nuovo cimitero fu presa dal consiglio comunale già nel 1850. In realtà l’inaugurazione del nuovo cimitero arriverà solo due decenni più tardi. È importante notare che la discussione riguardo la necessità di costruire un nuovo cimitero si apre a metà dell’Ottocento; infatti, si inserisce perfettamente come risultato del processo che ha portato alla completa ridefinizione della tipologia e dell’istituzione cimiteriale.
Tale processo, che si apre alla fine del Settecento, nasce in seguito alla necessità di normare igiene e sanità pubblica nei centri urbani e prosegue il suo corso utilizzando questa necessità come pretesto. L’obbiettivo primario di tale processo è quindi allontanare i luoghi di sepoltura dai centri urbani. In realtà una lettura più approfondita rivela il coinvolgimento di aspetti e dinamiche di una società in mutamento verso la modernità, la storiografia spesso parla di separazione della città dei vivi dalla città dei morti. Un momento significativo si ha con l’emanazione dell’editto di Saint Cloud da parte di Napoleone nel 1804, la cui normativa sarà estesa all’Italia nel 1806.
La normativa Napoleonica non riguardò direttamente il territorio sardo, che non finì mai sotto dominio napoleonico. Ma molti governi europei si mossero nella medesima direzione tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, compreso il governo sabaudo che aveva il controllo del territorio sardo.
È così quindi che nel comune di Nuraminis nel 1850 si percepisce l’urgenza di costruire un nuovo cimitero, in modo da sostituire l’area adiacente alla chiesa parrocchiale, fino a quel momento utilizzata per le sepolture.
Come indicano i documenti editati da Tanino Mura, nel 1854 furono individuati e stimati i terreni appartenenti al falegname Felice Cappai Cherchi.
Tuttavia non si procedette con l’esproprio ed i lavori in quanto la stima (di 270,20 franchi) fu contestata dal Cappai e la spesa per il muro di cinta (di 3.000 franchi) ritenuta troppo consistente per le casse comunali.
Nel 1874, su proposta del consigliere don Francesco Vaquer, fu ripresa la questione: furono individuati i terreni sulla via verso Samatzai, appartenenti a Raffaele Sarais, Antonio Ignazio Porcu, Francesco Serci, Sideri Cappai e Francesco Cappai; il progetto fu affidato all’ingegner Enrico Pani (1876) e ricevette parere favorevole (02 dicembre 1877), nonostante la spesa prevista fosse superiore a quella prevista vent’anni prima (8.653 lire); fu anche approntato il Regolamento di Polizia Mortuaria (22 maggio 1877).
Come ricorda la targa posta sulla sinistra del viale principale del cimitero, subito dopo l’ingresso, il cimitero fu benedetto ed inaugurato il 25 aprile 1880 dal parroco Gaetano Dulcis, in rappresentanza dell’arcivescovo Giovanni Antonio Balma, O.M.V., alla presenza di Francesco Vaquer, reggente del sindaco, e del notaio Benigno Mudu Musio, fungente funzioni di sindaco.
Il 30 luglio 1957 furono completati i lavori di ampliamento, iniziati nel maggio 1955, su progetto dell’ingegnere Ione Ciuti: l’acquisto dei terreni limitrofi costò al comune 147.256 lire; i lavori costarono 11.640.639 lire ed inclusero anche la costruzione della cappella e di due ambienti attigui (la camera mortuaria e la sala per le incisioni).
Nel 1978 il cimitero è stato interessato da un ulteriore ampliamento, con la costruzione di moderni loculi verticali, mentre nel resto del camposanto le sepolture avvengono per inumazione.