Contenuti
Copertura territoriale è esattamente
Comune di Nuraminis
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Retablo della Madonna del Rosario
Il Retablo del Rosario è collocato sopra un altare in marmo bianco con intarsi policromi datato al 1848. Dell’opera a primo impatto colpiscono i medaglioni a bassorilievo con i Misteri disposti a semicerchio a incorniciare la nicchia che ospita la Vergine con il Bambino. Sotto la nicchia, si osserva una pittura in cui si osservano due gruppi di fedeli composti da cinque persone che inginocchiati pregano ai lati di un albero simbolico. Tutta la composizione risulta coerente nella sua realizzazione e fa supporre che sia frutto della mano di un unico autore. Se dovessimo confrontare il retablo con altre opere lignee, quali ad esempio la rappresentazione dell’Ultima cena del tabernacolo di Monserrato, composta dal Puxeddu, parrebbe che anche l’Ancona del Rosario di Nuraminis sia opera del medesimo autore. In base a questa comparazione si può asserire che il Puxeddu nel Retablo del Rosario è autore sia delle parti scolpite sia di quelle dipinte. -
Statua di sant'Antonio abate
Il culto del Santo è presente sul territorio di Nuraminis già a partire dalla seconda metà del Seicento. La statua, ospitata nella nicchia d’altare, è opera di un abile operatore locale aggiornato al gusto della scultura lignea barocca di matrice campana. Di derivazione iberica e segnatamente derivante da modelli napoletani è infatti la fine decorazione ad estofado de oro, diffusa su tutto il territorio isolano. I caratteri stilistici permettono di ascrivere l’opera a bottega locale di tardo Seicento. -
Statua di San Giovanni Battista
L'opera è collocata sul gradino superiore dell’altare marmoreo, a destra del retablo ligneo del Rosario. La statua è databile alla prima metà del Settecento, e riprende la classica iconografia del san Giovanni Battista in veste da pastorello che tiene con la mano destra una croce di canne e sulla sinistra il caratteristico agnello; sul basamento è presente l’iscrizione SS. IVANES BAPTISTA. -
Statua Sant’Isidoro Agricola
Il culto di sant’Isidoro agricola, patrono di Madrid, si diffonde a partire dalla metà del XVII secolo nei territori della Corona di Spagna e conseguentemente anche in Sardegna, dove, in area rurale, soppianta i precedenti culti tardomedievali. Protettore degli agricoltori, è rappresentato con gli strumenti del mestiere, accanto ad un gruppo con due buoi guidati da due personaggi di modulo minore. L’iconografia rimanda infatti ad uno dei miracoli riferiti al Santo, il quale, per la sua forte dedizione alla preghiera, venne premiato con l’aiuto divino: l’aratro, miracolosamente, iniziò ad essere portato da una coppia di angeli. I caratteri stilistici, coerentemente con l’anno di canonizzazione del Santo, avvenuta soltanto nel 1622, ci permettono di riferire l’opera ad un intagliatore locale della metà del XVIII secolo. -
Statua di Sant'Antioco
La statua di sant'Antioco si conserva all'interno della Cappella del Rosario sul sopragrado dell’altare marmoreo a sinistra del retablo del Rosario. Il santo è raffigurato con una lunga veste di colore rosso, e due lunghe maniche che rimandano alla stesso modello del sant'Antioco di Iglesias. La statua, finemente intagliata e dipinta, può essere ricondotta alla mano di un artista locale della seconda metà del XVII secolo. -
Il quadro della Madonna del Rosario
All’interno dell’oratorio della Confraternita, spicca il pregevole quadro della Madonna del Rosario . È uno dei pezzi originali risalenti all’antica chiesetta preesistente, andata distrutta nel 1969, ed è datato, verosimilmente, al XVII secolo. Il dipinto è inserito in una cornice di raffinata lavorazione, con al centro e sui lati preziose lavorazioni fitomorfe in rilievo e, sulla parte superiore, una colomba dorata. I colori scuri padroneggiano il dipinto e la Madonna del Rosario, posta al centro della composizione, tiene in braccio il Bambin Gesù, sospesa su una grossa nube. Sopra la figura centrale ,si riconoscono due angeli reggenti una corona; altri due, invece, lateralmente alla madonna, tengono un rosario. Sotto questa scena, sono presenti quattro santi inginocchiati e protesi verso la Vergine in atto di preghiera e, tra questi, sono riconoscibili, a sinistra, San Giacinto di Polonia e San Domenico. Sulla destra troviamo santa Caterina, in primo piano, e, dietro di lei, santa Rosa da Lima. Interessante è la scena presente sullo sfondo: sul paesaggio, quasi abbozzato, si stagliano delle piccole figure bianche incappucciate intente a svolgere una processione. Probabilmente si tratta di una una delle più antiche raffigurazioni della Confraternita del Rosario. Il quadro è firmato “IVSEP.DERIS-P.F.”, si tratta, dunque, dell’artista seicentesco Giuseppe Deris che lavorò a Cagliari nella chiesa dei gesuiti di san Michele. -
Cappella "de is ànimas"
La cappella delle anime del purgatorio, detta in sarda 'de is animas', è la prima cappella che incontriamo sulla sinistra. È la più bassa di tutte poiché su di essa insiste la maestosa torre campanaria, e risulta molto sobria alla vista e nel suo impianto. Risalente probabilmente alla prima metà del XVII secolo, è abbastanza disadorna, ma al suo interno vanta un pregevole Cristo ligneo deposto, un altare marmoreo di altrettanto pregio e due tombe sotterranee, delle quali quella in evidenza, coperta da una lastra di marmo grigio, conserva le spoglie della nobildonna Giovanna Angela Pes, nata a Cagliari e deceduta a Nuraminis nel 1707, come recitato dall'epigrafe. -
Oratorio Madonna del Rosario
Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, in seguito all’editto di Pio V che istituì la Confraternita del Rosario, fu edificato l’oratorio sul sagrato della parrocchia. -
L'acquedotto di Funtana Bella
Il 14 luglio del 1912 fu deliberata la costruzione di un pozzo in località Funtana Bella che, con l’aggiunta di una pompa idraulica, avrebbe contribuito a contrastare la mancanza di acqua potabile. La pompa era un vero e proprio mulino a vento, alto dieci metri, interamente costruito in ferro, con, sulla sua sommità, una grande ruota metallica. La forza del vento metteva in movimento la ruota che, collegata a un argano, sollevava l’acqua riversandola in una vasca. Poco dopo la delibera, si diede il via al progetto per la costruzione di una breve condotta per convogliare le acque fino al deposito di via Monastir, all’ingresso del paese, da cui i nuraminesi potevano attingere tramite due rubinetti. La vita di questa piccola condotta fu breve. Infatti, dopo soli vent’anni, il mulino fu smantellato e venduto. Al suo posto venne collocata una motopompa. Quest’ultima, a causa di perdite e riversamenti di inquinanti nelle acque, fu presto sostituita da una a trazione elettrica; anche questa, però, si fermò, guasta, e non funzionò più. Oggi, della Funtana Bella, resta solo un pozzo in stato di abbandono, malamente coperto da un masso che ne sta provocando lo sprofondamento. -
Chiesetta di Sant'Antonio Abate
La vecchia chiesa di Sant'Antonio sorgeva dove oggi è presente la cappella attuale. Presentava una semplice costruzione realizzata in mattoni crudi, con un piccolo spiazzo davanti all'ingresso. Sorta come cappella privata all'interno dell'abitazione di una famiglia locale, "Casa Mudu Serci" verso la seconda metà del 1500, è oggi di proprietà degli eredi Batzella-Mudu. In seguito ad alcune controversie legate alla gestione della struttura e al problema dei restauri, circostanza che portò al lento decadimento della chiesa, si decise, compatibilmente con il permesso rilasciato dalla Sovrintendenza ai Monumenti e Gallerie del 28 marzo 1973, alla demolizione dell’antica struttura, considerata di scarsa rilevanza storica e artistica. La chiesa, ricostruita ex novo, si presenta oggi completamente rinnovata, abbellita nella parte frontale mediante l’innalzamento di un loggiato. Il rifacimento ha compreso inoltre la messa in opera di una nuova pavimentazione e di un altare marmorei; è dotata di paramenti sacri e arredi liturgici indispensabili per le funzioni religiose, ancora oggi officiate. -
Cappella del sacro Cuore
All’interno della chiesa parrocchiale di San Pietro, ai lati della navata centrale, si aprono otto cappelle. La terza a sinistra, di perimetro quadrangolare, è dedicata al Sacro Cuore e conserva sei statuette: la Vergine Maria e San Lussorio, rispettivamente lungo le pareti sinistra e destra; al centro, sopra l’altare, il Cristo con accanto, a sinistra, sant’Ignazio e, a destra, sant’Antonio. La statua del Cristo è rappresentata con vesti d’oro e un manto rosso e, esposta dopo la Pentecoste, rimane in vista per tutto il mese di giugno. Di interessante lavorazione è la statua rappresentante San Lussorio martire: con vesti militari di stampo spagnoleggiante – gonnellino celeste, armatura e mantellina rossa - , tiene, nella mano sinistra, un libro e, nell’altra, la palma del martirio ed è affiancato da due simulacri simboleggianti i santi Cesello e Camerino, anch’essi con la palma. Entrambi tengono un piccolo libro aperto con su scritti i loro nomi. L’altare in marmo, datato al 1848, presenta una lavorazione molto ricca con, frontalmente, un motivo decorativo fogliforme bianco e rosso e, sulla parte sottostante, una lastra rosacea e un medaglione circolare decorato con una croce greca bianca e quattro raggi gialli. È l’unico altare della chiesa a essere dotato di un tabernacolo al cui ridosso si apre la nicchia del Sacro Cuore e, sulla cui sommità, appare chiaramente lo stemma pontificale delle due chiavi. Sia l’altare che i marmi sono stati oggetti di un restauro, a opera della Sovrintendenza dei Beni culturali, nel 2002. -
Fonte battesimale di San Vito
Fonte battesimale collocato nella cappella sottostante il campanile, coerente con l'impianto dei restanti arredi marmorei settecenteschi. -
La fontana di Siutas (o Sehutes)
La località di Siutas (o Sehutes), situata a nord-est di Villagreca, è interessata dalla presenza di una fontana coperta che, probabilmente, sfrutta una sorgente naturale che sgorga a 167 metri sul livello del mare ed è nota con il nome di Funtana ‘e Siutas (o Sehutes). La fontana si sviluppa per 4,50 metri di larghezza e 3,30 metri di lunghezza e, all’esterno, si presenta con quattro lastre di arenaria di cui due aventi un’apertura circolare, utilizzate per attingere l’acqua. L’accesso è possibile tramite una scala che conduce a una vasca rettangolare realizzata in arenaria, calcare e mattoncini in terracotta. Al momento non è possibile stabilire un periodo per il primo impianto del monumento, ma è ipotizzabile un suo uso fin dai tempi remoti. Nel corso dei secoli, ha subito diversi rimaneggiamenti. I più recenti risalgono agli anni ‘70 del Novecento, quando furono edificati due pozzetti in cemento con pompe per il prelievo dell’acqua. Ad oggi, questo interessante monumento si trova in stato di abbandono, quasi completamente sommerso dalle sterpaglie. Poche persone sanno che in questo luogo all'inizio del Seicento quindici famiglie nuraminesi e cinque di Villagreca sottoscrissero i capitoli per il ripopolamento del villaggio di Donori nella regione storica della Trexenta. -
L'acquasantiera della chiesa di San Lussorio
All’interno della chiesetta di San Lussorio è presente un’importante acquasantiera, in pietra calcarea, dedicata a San Pietro. Nonostante la povertà della chiesa, la pila presenta un lavoro ben dettagliato che racconta l’abile manualità degli scalpellini isolani della prima metà del ‘600. È, infatti, una lavorazione di stampo pregiato in pietra calcarea attraversata alla base da una ricca scanalatura; all’esterno presenta una fuga di archi multipli e la colonna trova sede in un basamento arricchito da figure floreali. Negli spigoli del basamento è possibile osservare piccole sculture di figure umane e nel fondo del concavo, dove prima era presente l’acqua, appare scolpito orizzontalmente San Pietro con le relative chiavi. La lavorazione dell’acquasantiera richiama un esempio fra i tanti della stessa tipologia presenti nell’isola e gli originali motivi raccontano un’interessante cultura popolaresca tipica della commistione della tradizione classica con quella medievale. Probabilmente l’acquasantiera proviene dalla chiesa parrocchiale di San Pietro e, da lì, fu spostata per motivi ancora sconosciuti. -
L'altare ligneo della chiesa di San Lussorio
All’interno della chiesetta di San Lussorio, precisamente lungo la parete adiacente al presbiterio, è presente un imponente altare ligneo. Fu realizzato seguendo i dettami dei tradizionali altari marmorei spesso visibili nelle chiese sarde del XVI secolo, nonostante sia costruito in legno a causa, probabilmente, di difficoltà finanziarie sofferte dalla chiesa in quel periodo. Questa ipotesi è sottolineata dal fatto che la pittura richiama i marmi e le venature tipiche dell’impianto marmoreo con lo scopo, appunto, di fingere il più pregiato materiale. Il paliotto, nella base, presenta un medaglione al cui interno spiccano una palma e una corona, l’emblema araldico del santo; immediatamente in basso al blasone, è presente la scritta “Die XVI Maij 1824”. Sulla mensa troviamo una struttura a più ripiani con tre nicchie di cui una centrale leggermente più ampia rispetto alle due laterali; il loro scopo è quello di ospitare i simulacri dei santi Camerino e Cesello, in quelle laterali, e San Lussorio, in quella più ampia. Sopra le nicchie, sono osservabili i tre medaglioni dipinti e relativi ai santi; San Lussorio è rappresentato con l’armatura da soldato ricoperta da un manto rosso, l’aureola e, in entrambe le mani, rispettivamente la palma del martirio e un libro. Davanti all’altare ligneo si trova una mensa d’altare, di costruzione recente, datata 2002. -
La chiesa di San Lussorio
La chiesa campestre di San Lussorio è, senza dubbio, tra quelle più importanti nel territorio nuraminese, ma le attestazioni risalenti alla sua fondazione sono scarse; si presume, però, che un impianto fosse già presente nel XVII secolo. È attestato che fu modificata e riedificata intorno al 1600, in seguito allo scioglimento di qualche voto relativo alla terribile peste del 1652; infatti, le steli scanalate presenti all’esterno ovest della chiesa ci suggeriscono l’antica presenza di un’ulteriore navata, andata successivamente distrutta. I pochi documenti inerenti alla chiesa raccontano i vari restauri subiti nel corso dei secoli: nel 1780 furono aggiunti la sagrestia e il loggiato antistante, osservabili ancora oggi, che parrebbe poggino sulla precedente struttura grazie alla presenza dell’originale colonna a base ottagonale e di una stanzetta attigua ora usata come sagrestia. L’ultima modifica risale al 1986 e, attuata grazie alle offerte degli abitanti, portò all’ampliamento del parco adiacente di 18.000 mq. La tradizione vuole che lo stesso San Lussorio alloggiò nel luogo in cui poi fu costruita la chiesetta, ma la totale mancanza di una croce o un simbolo religioso smentisce questa ipotesi. Internamente la chiesa di San Lussorio, seppur povera come vuole l’architettura delle chiesette campestri, presenta un notevole altare ligneo seicentesco e una secolare acquasantiera in pietra calcarea. Il tetto della chiesa è fabbricato con legno di zinnibiri (ginepro) e un intreccio di canne. Il ruolo della chiesa - e del culto a essa connesso -, all’interno della comunità, è sottolineato dall’antica memoria degli “eredi di San Lussorio”, un vero e proprio diritto riconosciuto sin dal medioevo e citato negli archivi parrocchiali: si tratta di una successione ereditaria che tramanda, di padre in figlio, gli onori di un “giuspatronato” avente il dovere di provvedere alla tenuta della chiesa. Negli anni relativi alla soppressione degli ordini religiosi del XIX secolo, le terre di San Lussorio sfuggirono al sequestro dei funzionari e, tutt’ora, persiste questa secolare tradizione del tutto unica. Come si può evincere, il culto del santo è ben radicato nella tradizione nuraminese, tanto che, ogni anno, nei giorni del 21 e 22 agosto - date che raccontano la flagellazione e la morte del martire avvenute nel 304 d.c. - si svolge una grande festa in suo onore. -
Il culto e la festa di San Lussorio
Secondo l’antico martirologio geronimiano del VI secolo, la festa di San Lussorio era celebrata il 21 agosto, giorno in cui, nel 304 d.C., morì da martire nelle campagne di Selargius. Già all’epoca di papa Gregorio Magno (590 d.C - 604 d.C), il culto per il santo era molto diffuso nell’Isola; nell’ XI secolo,si diffuse anche in Toscana - dove è noto con il nome di San Rossore -, dopo che i pisani, al tempo dominanti in Sardegna, trasportarono le sue reliquie nella loro città, presso la chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri. Ancora oggi, numerosi paesi isolani, celebrano la festa in onore del santo - Santu Lussurgiu, Fordongianus, Borore, Arbus, solo per citarne alcuni - e, tra questi, vi è Nuraminis: qui, da tempo ormai immemorabile, dal 20 al 23 agosto, si svolge sa festa manna, la festa principale. I giorni precedenti sono frenetici e il paese intero, grazie al lavoro del comitato de is obreris, si addobba con bandierine e lampadine colorate; le due chiese coinvolte, la parrocchiale e la campestre dedicata al santo, sono ornate di vessilli e bandiere. Negli stessi giorni, il simulacro del santo, conservato tutto l’anno in una nicchia della chiesa parrocchiale, viene lavato con un panno imbevuto di vino e, privato del suo mantello più semplice, viene vestito con quello della festa, rosso vivo e preziosamente ricamato. In capo, gli viene posta un’aureola in argento, risalente al 1830, e, sulla mano sinistra, fissata una palma, anch’essa in argento. Stesso trattamento ricevono le due piccole statue dei santi Camerino e Cesello, collocati, poi, ai lati del simulacro del santo esposto su una pedana all’interno della chiesa parrocchiale. Il 20 di agosto è noto come sa dì ‘e su espuru, il giorno della vigilia in cui risuona su toccu ‘e sa processioni, il suono delle campane che richiama i fedeli in parrocchia per la prima messa; dopo la celebrazione, parte la solenne processione che accompagna il simulacro di San Lussorio fino alla chiesa campestre, a pochi chilometri dal paese. Il corteo è accompagnato dal rosario recitato in sardo, con cori alternati di uomini e donne; canto che viene seguito, all’arrivo, da is goccius de santu Sciori, altro canto dialettale, in rima, che narra la vita e le gesta del santo. I fedeli entrano lentamente in chiesa per poter baciare le reliquie del santo e, successivamente, ritornano in paese percorrendo il cammino già fatto; ed è qui che la festa continua, con gare poetiche in campidanese disputate da esperti cantadoris. Il 21 agosto, la festa si svolge intorno alla chiesa campestre dove, dopo una breve processione nel boschetto circostante, si celebra la messa; nel pomeriggio si sussegue, senza tregua, il pellegrinaggio dei fedeli nuraminesi e non. Nelle campagne circostanti, su una pista allestita per l’occasione, si svolge una gara ippica il cui premio - un tempo una misura di stoffe pregiate - è una somma di denaro; terminata la gara, al crepuscolo, si celebra un’altra messa a cui segue la processione che riporta il simulacro del santo, accompagnato dallo scoppiettio dei mortaretti e dalla scorta armata dei carabinieri, alla chiesa parrocchiale. I festeggiamenti proseguono, per tutta la notte, tra ricchi banchetti, spettacoli e intrattenimenti. Il 22 agosto, detto de santu Scioreddu, la festa si svolge tutta in paese, con la processione tra le sue vie e la messa cantata concelebrata da diversi sacerdoti; durante la serata, proseguono gli intrattenimenti tra cui, fino agli anni ‘80, il più seguito era su pinnioni, una sorta di albero della cuccagna. Il 23 agosto, sa dì ‘e sa porra, tra ulteriori spettacoli e musiche, si conclude la festa. Tempo addietro, l’importanza della festa - ancora fortemente sentita dalla popolazione locale - era data dal suo segnare l’inizio dei nuovi contratti agrari: era, infatti, per San Lussorio che si effettuava s’accodrada, cioè si prendeva servizio presso i proprietari terrieri che assumevano, per l’anno successivo, la manodopera necessaria ai lavori agricoli e domestici. -
Volta affrescata chiesa di San Vito
Affresco -
Protonuraghe Sa Corona
Il protonuraghe Sa Korona - Sa Corona si ascrive alla tipologia della torre capanna nuragica ed è sito sul rilievo omonimo che costituisce, più precisamente, la propaggine meridionale dell'imponente cresta calcarea nota come Monte Cuamnaxi, pertinente al Cenozoico. Il monumento, realizzato con blocchi di calcare locale, riveste una straordinaria importanza perché è stato interpretato come prototipo delle costruzioni su alture per il controllo e il dominio del territorio, tipico dell'età nuragica. -
Il lavatoio di Is Nuracesus (o Muracesus)
Sin dalla metà dell'Ottocento è attestata la presenza di una fontana di acqua potabile, costruita in granito, situata in località Nuracesus. Utilizzata per il lavaggio dei panni e l'abbeveramento degli animali, nel 1877, fu dotata di otto vasche in pietra. Successivamente, intorno agli anni Trenta del Novecento, l'amministrazione comunale attuò un piano di bonifica affinché le acque sporche defluissero nelle campagne circostanti e commissionò una copertura in ferro e ghisa, visibile ancora oggi, alla ditta di Pietrino Doglio. Oggi come allora, il lavatoio rappresenta un luogo di incontro, non più solo al femminile, per la comunità nuraminese.