Assistere i condannati
di Lorenzo Acquas
Le confraternite, associazioni religiose composte da laici, sono alcune delle più importanti comunità attive in ambito sociale: sin dalla loro fondazione, in alcuni casi cinquecentesche, si sono occupate dell’assistenza alle fasce più bisognose della popolazione, attraverso sostegni economici e spirituali.
Tra le categorie di persone storicamente considerate ai margini della società vi sono i detenuti, fisicamente e socialmente isolati dal resto della popolazione e dunque bisognosi di una sensibilità e di un’attenzione specifiche.
Nell’ambito della città di Cagliari, una confraternita in particolare si è occupata dell’assistenza ai detenuti: si tratta dell’Arciconfraternita del Santo Monte di Pietà, fondata già nel 1530 nell’antico quartiere medievale di Castello.
Inizialmente ubicata nella chiesa di Santa Croce, la sede della confraternita fu spostata negli anni Sessanta del XVI secolo nella vicina chiesa di Santa Maria del Monte di Pietà per rimanervi sino al 1866, anno dell’espropriazione dei beni da parte dello Stato italiano.
Da allora la confraternita fu costretta a spostarsi ancora, trovato sede nella chiesa di San Giuseppe, ai piedi della Torre dell’Elefante, sempre nel quartiere Castello, dove rimase attiva sino al 1958.
Dopo un lungo periodo di inattività, nel 2003 si assiste alla rifondazione della confraternita, la quale, dopo un soggiorno di dieci anni presso la sede dell’Arciconfraternita dei Genovesi, ha fatto ritorno nella sua sede storica di Santa Croce.
Gli scopi principali della confraternita, i cui membri appartenevano all’aristocrazia cittadina, erano l’assistenza agli indigenti, agli infermi e, come detto, ai detenuti.
Proprio su questo argomento ho deciso di condurre la mia ricerca e, a tale scopo, ho chiesto all’attuale priore, Giovanni Ruscazio, in che modo i confratelli assistevano i prigionieri nel carcere di Cagliari, che anticamente aveva sede nella Torre di San Pancrazio: dalle sue parole si evince che il loro ruolo consisteva principalmente nella donazione di denaro a coloro che venivano liberati dal carcere, in modo tale da aiutarli a reinserirsi nella società. Inoltre, al momento della liberazione, gli ex-detenuti dovevano restituire l’abito che avevano indossato in carcere; oltre a un sostegno puramente pecuniario, i confratelli si impegnavano anche a fornire nuovi abiti ai cittadini liberati.
La categoria di prigionieri ai quali si dedicavano maggiormente i confratelli, tuttavia, erano i condannati a morte. A loro veniva destinato un particolare trattamento, che consisteva nel trasferimento del condannato dalla Torre di San Pancrazio alla chiesa del Santo Monte, tre giorni prima dell’esecuzione, per consentirgli di pregare; durante la sera che precedeva l’esecuzione, i confratelli preparavano al condannato una sontuosa cena, servita su un servizio d’argento. Il giorno seguente, i confratelli, col volto coperto da un cappuccio per garantire l’anonimato, accompagnavano il condannato al patibolo.
Oltre all’assistenza personale a coloro che subivano la pena capitale, i confratelli si occupavano, attingendo sia dai propri fondi che operando questue, di aiutare i parenti dei morti, fornendo loro denaro e medicine.
Nella sentenza qui mostrata, riguardante un processo intentato dall'Arciconfraternita contro Anna Carboni nel 1794, si può capire come la raccolta di fondi si appoggiasse anche sulle cause civili, in questo caso per la riscossione di somme di denaro prestate all'imputata dall'Arciconfraternita stessa.
Dopo le esecuzioni, inoltre, i confratelli raccoglievano i cappi del patibolo per essere bruciati il giorno della festa di San Giovanni Battista, patrono della confraternita, il 24 giugno; questo incendio rituale, che si svolgeva nella piazza antistante la chiesa del Santo Monte, sarebbe servito a impedire che i cappi delle esecuzioni fossero utilizzati in rituali esoterici o satanici.
La confraternita continuò ad occuparsi dei detenuti e dei condannati a morte sino all'apertura del moderno carcere di Buoncammino nel 1855.
Questo tipo di attività di beneficenza e assistenza dimostrano l’attenzione della confraternita nei confronti delle fasce più fragili della popolazione, evidenziando un impegno sociale che ha da sempre caratterizzato l’opera di congregazioni e ordini religiosi.
Bibliografia