Voto, devozione e identità: la processione di Sant’Efisio nel tempo

di Clara Caria
 

Da 369 anni, il 1 maggio, ogni cagliaritano vive uno dei giorni più attesi dell’anno. “Niente può fermare Efis, sai… noi lo chiamiamo così, abbiamo una certa confidenza”  mi racconta il presidente dell’arciconfraternita del Gonfalone Andrea Loi, ad indicare che quello che lega i cagliaritani non è un semplice voto, ma una vera e propria identità culturale.

Negli anni ‘50 del 600, la peste, da Alghero si diffonde in tutta la Sardegna arrivando fino alla città di Cagliari. Tremenda e distruttiva, come ogni pestilenza avvenuta nel passato, uccise tra i primi l’arcivescovo Mons. Bernardo de la Cabra. 
L’11 luglio 1652, Cagliari non era ancora stata liberata dalla peste, ma per i cittadini e i sacerdoti, rivolgersi al cielo era rimasta l’unica via d’uscita. In quel momento si fece un voto a S.Efisio: se avesse liberato Cagliari dalla peste, ogni anno i cittadini lo avrebbero portato in pellegrinaggio a Nora

Un culto millenario - dice Andrea -  che non nasce con la peste, ma che si radica nel cuore della città, soprattutto nel quartiere di Stampace, in cui il santo si trova.  Andrea, nato e cresciuto proprio lì, ricorda: "Non ho mai perso una festa. Solo una volta, da ragazzo, quando ero in Svizzera… ospite, oltretutto, di un altro Efisio. Pianti a non finire mentre guardavo la TV.  Mancare è come perdere un pezzo di te".

Ma proprio perché profondamente radicata nell’identità dei cagliaritani, la processione di Sant’Efisio non è mai rimasta immobile nel tempo. Come ogni tradizione viva, ha saputo trasformarsi, adattarsi, riflettersi nei cambiamenti della città e della Sardegna intera. Il percorso processionale ha subito, nei secoli, numerosi cambiamenti: per via dalla conformazione del terreno soggetto a inondazioni, per eventi bellici, per sommovimenti di carattere politico.  Anche la platea dei fedeli e dei partecipanti è cambiata col tempo.  Negli anni Cinquanta del secolo scorso, il rito si concentrava principalmente sul folklore, infatti, vi è una rilevante partecipazione dei gruppi, ma al contrario, scarsa da parte del pubblico.

L’attuale processione è il risultato delle modifiche di tre secoli e mezzo di tradizioni del popolo sardo: chi partecipa alla manifestazione vive un momento unico, con un lungo corteo di festosi carri addobbati, is traccas, e dei gruppi folk provenienti da diversi centri, i miliziani armati di archibugio, sciabola e stendardi del quartiere, la municipalità e l’alter nos. A impreziosire ulteriormente la sfilata sono gli ori e argenti – come, ad esempio, il medaglione indossato dal santo donato dalla parrocchia di S. Isidoro di Sinnai - che testimoniano un patrimonio culturale vivo e in movimento. 

Un fattore fondamentale per l’evoluzione del rito processionale è stata l’esposizione mediatica.
La 300esima edizione ricevette ingenti finanziamenti,  e da lì prese piede una presenza turistica più impattante, come possiamo vedere dall'articolo del giornale "Unione Sarda" del 1956. Negli anni ’90, si assistette ad un rinnovamento dell'attenzione verso l’aspetto religioso,  precedentemente messo in secondo piano, che a sua volta, contribuì alla diffusione mediatica dell'evento. I media, secondo il presidente, non vogliono solo mostrare una processione, ma bensì raccontare le modalità in cui si vive il rito, e le emozioni che ne derivano.

Eppure, qualcosa rimane immutato: il senso del rito, che ogni anno si arricchisce di nuovi significati. Oggi si prega per la pace nel mondo, per l’Ucraina, per la Terra Santa. Le antiche celebrazioni si aggiornano, ma sempre con un occhio di riguardo a ciò che accade nel mondo.  Ogni 1° maggio, la processione è anche un momento di riflessione, mi racconta: " E' l’occasione per guardarci indietro, confrontarci con ciò che è stato l’anno passato. Si cresce, si muore… ci si rivede”, dice Andrea, con emozione. Cagliari vive Efisio come una guida, lui cresce con te, ti conosce, ti consola ed è proprio questo il segreto della sua “popolarità”: è un martire come tanti altri, eppure a Cagliari è tutto, non esiste una spiegazione razionale. Forse, come dice Andrea, è qualcosa che viene dall’alto.

S. Efisio è un evento irrinunciabile; infatti, la processione non è mai saltata. Anche nei momenti più difficili è stata portata a termine, seppur con modalità ridotte. Nel 1794, per esempio, come indicato nel documento conservato alla biblioteca degli studi sardi, la processione partì con un mese di ritardo a causa dei moti rivoluzionari scoppiati il 28 aprile in relazione alla vittoria sui francesi. O ancora, nel 1916, durante la prima guerra mondiale, la partenza venne rimandata addirittura di 7 giorni, e svolta senza miliziani e guardanìa.   Ma l’edizione più drammatica della storia di S. Efisio resterà la processione nel 1943, quando le bombe americane devastarono Cagliari nel mese di febbraio, decimando la popolazione. In quel momento di disperazione, la statua del Santo fu caricata su un furgoncino del latte della ditta Gorini, che passò per le strade di ciò che restava di una Cagliari sotto le macerie, e seguito da pochi fedeli a piedi. Il culto non si fermò neanche durante la pandemia del Covid, in cui il santo verrà portato a Nora a bordo di un camioncino ma senza pubblico.

“Uno conosce davvero sé stesso quando sa da dove viene e conosce il suo passato. Quando esce Efisio, provo una commozione profonda”, racconta Andrea. La celebrazione si S. Efisio unisce le persone e resiste nel tempo, non è nient'altro che una promessa nata dalla paura e mantenuta con la fede. 

 

Bibliografia
- Angioni, Antonello - 1958. La sagra di Sant’Efisio patrimonio dell’umanità. GIA, 2007.
- Corda, Mario - 1936. Sardae patronus insulae : il culto di Sant’Efisio attraverso i secoli. CUEC, 2005.
- Matta, Paolo. I segreti di un culto : Sant’Efisio e la devozione dei Sardi : la festa di maggio momento per momento. biblioteca dell’identità. Tipografia dell’Unione Sarda, 2017.

 

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