Una storia della salute

a cura di Carlotta Porcu

Stato di servizio dott. Mario Eustachi

L'ambulatorio e la Casa del Mutilato

Monte granatico - ex ambulatorio

Intervista a Walter Massidda

Planimetria Ospedale

Tesi di laurea di Paola Sanna

L’ hospitalis o hospitium , differiva notevolmente dall’ospedale nel senso moderno del termine, ovvero un luogo destinato all’accoglienza e alla cura dei malati. Inizialmente, era un’istituzione con funzioni generiche e difficilmente definibili, finalizzata all’accoglienza di ospiti, forestieri o stranieri, che potevano anche necessitare di cure mediche. Per questo motivo, il termine utilizzato per designarlo era xenodochium. Solo nel medioevo il sostantivo hospitalis iniziò gradualmente ad assumere la connotazione di complesso edilizio destinato alla cura dei malati. In Occidente le fondazioni assistenziali sembrano arrivare con un lieve ritardo rispetto alla pars orientalis dell’impero e inizialmente adottano la denominazione di xenodochia, su esempio di quelle già funzionanti in Oriente. La penuria delle fonti scritte più volte denunciata dagli studiosi delle testimonianze dell’età paleocristiana e altomedievale non consente di avere notizie abbondanti e precise sulle modalità dell’accoglienza dei bisognosi, si traduce in assenza totale di informazioni per quanto concerne l’ars medica e la cura dei malati. La mancanza di riferimenti espliciti alle pratiche mediche e della cura del corpo nel patrimonio documentario e storico-letterario pertinente all’isola nella forcella cronologica compresa fra il IV e il X secolo non permette di disegnare un quadro preciso del modo di affrontare la malattia e delle strutture destinate agli infermi. 

Anche in età moderna e contemporanea le fonti sono esigue.

Nel contesto della storia sanitaria di Sant’Antioco, priva di attestazioni di strutture mediche fino alla prima metà del secolo scorso, erano centrali le figure del medico condotto e della levatrice. Nei primi decenni del Novecento operava sul territorio il dott. Mario Eustachi, nato a Cagliari il 7 aprile 1888, giunto a Sant’Antioco il 15 gennaio 1922 e rimasto in attività fino al 1955. A curare la salute femminile, invece, era presente la levatrice Amalia Tabarchi, nata a Viadona il 5 agosto 1866. Formatasi a Napoli dove conseguì il diploma di levatrice nel 1897, giunse in Sardegna nel 1905 e ben presto si rivelò la figura fondamentale per l’assistenza alle partorienti. Operò nella città di Sant’Antioco fino al 1938, quando fu sostituita da Rita Peccei Orzachielli e Irma Trevisan

La prima testimonianza di struttura sanitaria emerge da una planimetria risalente al 1943, che attesta l’intenzione di costruire il primo ospedale nella città. Tale struttura avrebbe certamente contribuito a migliorare le condizioni sanitarie cittadine. Tuttavia, dallo scavo archivistico risulta che l’ospedale non fu mai realizzato. Secondo l’archivista Walter Massidda, la mancata costruzione è da attribuire alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale. 

Su impulso del Partito Monarchico Popolare nel giugno del 1958 fu aperto l’ambulatorio medico-chirurgico ed è accertato dalla lettera della Prefettura di Cagliari che funzionò sotto la direzione del dott. Luigi Termini: «alcuni giorni prima delle elezioni […] subito dopo l’ambulatorio stesso è stato richiuso». E’ attestato dalle fonti che il dottor Ignazio Puddu, sindaco del Comune di S.Antioco, nel 1961 richieda all’Assessorato competente di consegnare i locali del nuovo ambulatorio comunale, che sono stati completati da diversi mesi: «Fin’ora l’ambulatorio comunale è stato ospitato nei locali della Casa dei Mutilati ed invalidi di guerra la cui presidenza ha espresso il desiderio gli vengano lasciati liberi. Inoltre detti locali sono molto umidi per cui, specialmente nella stagione invernale, è quasi impossibile effettuare le visite. Questo Comune utilizzerebbe l’attrezzatura sanitaria usata finora, di proprietà del medico condotto Dr. Marco Intina».

Inoltre, esiste una fotografia storica che documenta l’esistenza di un ulteriore ambulatorio, il quale ha continuato a operare fino agli anni Novanta, come testimoniato ancora una volta da Walter Massidda. Questo ambulatorio ha svolto un ruolo cruciale fino a quando, nel 1977, la sanità è stata nazionalizzata con la creazione delle unità sanitarie locali. Progressivamente, le funzioni sanitarie che erano di competenza comunale sono state trasferite allo Stato. 

I medici condotti e le levatrici continuarono a svolgere un ruolo di primaria importanza nel contesto cittadino. La professione di levatrice subì una grande trasformazione con l’avvento della medicina moderna e la professionalizzazione dell’ostetricia. È curioso notare quanto nella memoria collettiva sia rimasta centrale la figura dell’ostetrica Doloretta Scanu, come testimoniato dall’assessore Gianluca Mereu. La stessa Doloretta, intervistata nel 1995 da Paola Sanna per la sua tesi di laurea in Lettere, ci racconta di essere stata in attività fino al 1976. L’attaccamento di Doloretta è palpabile dalle sue affettuose parole per la città di Sant’Antioco: «L’ostetrica quando si comporta bene bella mia, riceve tante confidenze, delle famiglie, e quello. Io son stata bene, molto bene qui sono stata. E tuttora ve…mi son fatta la casa per rimanere qui, perché io avevo la casa anche in paese. Però ho preferito, anche dopo…il lavoro, dopo che sono andata in pensione, tanto i figli bella mia la gioventù l’hanno…hm acquistata qua, i ragazzi son cresciuti, e quindi ho preferito stare qui, però sto m… s… son stata bene dico la verità eh». 

La storia dell’assistenza sanitaria a Sant’Antioco è davvero affascinante e complessa: l’evoluzione delle strutture sanitarie è stata lenta e spesso ostacolata da vari eventi storici e politici.

Sant’Antioco continua a onorare le figure del medico condotto e dell’ostetrica, così vicine alle esigenze della comunità. Aleggia, ancora oggi, il rimpianto di questo “ospedale mai nato”.

 

Riferimenti bibliografici essenziali:

Riferimenti archivistici:

ACSA, Serie: Categoria I, Amministrazione, Personale 19/3, 19/4, 19/9, 19/19

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