Una Madonna per gli Schiavi

a cura di Mirko Mascia

Cappella chiesa di San Carlo Borromeo

Don Pagani, parroco di Carloforte

Via XX settembre Carloforte

Interno chiesa della Madonna dello Schiavo

Una fede intima e un prete piromane che la voleva cancellare dando fuoco a una polena. È questa forse la vicenda più significativa che ho rinvenuto, indagando la storia di un culto molto sentito a Carloforte.

E fu questa comunità tabarchina a ribellarsi piuttosto che rinunciare al suo passato, cioè alla sua polena e al culto che essa rappresentava. E infatti quel “pio uomo” di un prete prese rapidamente la via del mare, giusto destino per chi prova a consegnare all’oblio la memoria dei carlofortini.

La storia inizia il 15 novembre 1800 quando lo schiavo carolino Nicola Moretto, portato con la forza in Nord Africa nel 1798 in seguito all’incursione barbaresca a Carloforte, rinviene una polena di legno raffigurante l'Immacolata Concezione nel litorale tunisino. L’effige mariana diventa un punto di riferimento per i cristiani carolini in schiavitù che, una volta liberati nel giugno del 1803, portano la statua nell’Isola di San Pietro. Il ritrovamento non è considerato ufficialmente miracoloso dalla Santa Sede che però consente ugualmente il culto di quella che prende il nome di Madonna dello Schiavo. Per opera di Don Segni, detto “Prevìn”, inizia il 15 ottobre 1807 la costruzione della chiesa nelle vie del paese, conclusa e poi benedetta ufficialmente tra agosto e dicembre 1815.++La devozione è portata avanti con costanza almeno fin quando rimangono in vita gli ex schiavi e i loro prossimi successori. In seguito, probabilmente per lasciarsi alle spalle il triste passato di schiavitù, il culto viene lentamente abbandonato e la statua della Madonna dello Schiavo viene relegata in una nicchia minore e nascosta ai fedeli. La fede però continuava ad ardere nel cuore dei carlofortini. Lo sappiamo perché quando, all’inizio del Novecento, un parroco, di cui per il momento non abbiamo notizie, propose di eliminare definitivamente il culto e di dare alle fiamme la statua, la popolazione si ribellò. Il prete venne allontanato dalla comunità, il culto riportato alla luce nel 1922 dal nuovo parroco, Don Giorgio De Dominicis, il quale istituisce, dopo aver ritrovato i documenti ufficiali del ritrovamento nello stesso anno, la festività in onore della Madonna dello Schiavo. De Dominicis rimane parroco nell’isola per pochi mesi: la sua opera di ripristino del culto viene quindi portata avanti nel 1924 da Don Gabriele Pagani, parroco nella comunità dal 1923 al 1940. Don Pagani intuisce sicuramente il significato profondo che quel culto rappresenta per i carlofortini e decide di dare solennità alla festa. Ogni 15 novembre il paese sembra precipitare a Pasqua a causa del tono di importanza dato alla celebrazione: i negozi sono chiusi, tutti i lavori sospesi come durante la domenica e le persone si confessano e si comunicano. Da questo momento in poi le celebrazioni non vengono più interrotte, il culto e la fede si riaccendono vigorosamente e continuano ancora oggi.

Le fonti confermano quanto scritto: nell’Archivio Provinciale dei Frati Minori Cappuccini a Roma sono contenuti i documenti originali che raccolgono la testimonianza giurata di Nicola Moretto sulle dinamiche del ritrovamento e di altri testimoni; è presente inoltre il documento ecclesiastico che autorizza liberamente il culto ma che non riconosce il miracolo. La statua è inoltre effettivamente una polena: è di legno, presenta sul retro i ganci che si usano per ancorarla alla prua delle navi di legno e sono presenti tratti tipici di “arte marinaresca” come la semplicità dei decori e l’uso di tinture tipiche dell’ambiente della cantieristica navale. Durante la ricerca sul campo sono numerosi gli elementi emersi: oltre i documenti d’archivio come lo Statuto della Pia Unione della Madonna dello Schiavo, che dimostra non solo la presenza di forme intime di fede ma anche forme devozionali organizzate, e i vari libretti che raccontano brevemente la storia della Madonna dello Schiavo e contengono preghiere rivolte ad Essa, come per esempio quello redatto da Giuseppe Vallebona, sono emersi anche documenti fotografici riconducibili però, a conferma di quanto già detto, al periodo successivo alla ripresa del culto negli anni ‘20.

Il culto della Madonna dello Schiavo è protagonista durante il XX secolo a partire dagli anni ‘20 e lo è ancora oggi come conferma una fonte orale di rilievo, il signor Giuseppe Aste, carlofortino e professore di lettere in pensione, che nel corso della sua vita ha dedicato tempo, sforzi ed energie nell’organizzazione delle celebrazioni in onore della Vergine. Dalla sua testimonianza emerge anche il carattere esclusivamente religioso della festa e la fede diffusa tra le generazioni e tra le comunità che compongono l’arcipelago sulcitano. Una fede che quindi non si ferma nella sola Carloforte.

Un’altra testimonianza di fede e devozione la si trova sicuramente nelle rappresentazioni della Madonna dello Schiavo presenti in numero estremamente elevato nelle abitazioni, nei mezzi di trasporto, terrestri e marittimi, e nei negozi.

Conducendo il lavoro di ricerca sul campo ci si rende quindi conto anche come tramite lo studio delle forme di religiosità sia estremamente determinante la condizione insulare e arcipelagica dell’Isola di San Pietro, dello stretto rapporto con il Nord Africa, e del forte legame tra gli abitanti della comunità di Carloforte e le sue tradizioni.

Alcuni interrogativi rimangono ancora sicuramente ancora senza risposta: emblematico è il caso dell’identità del parroco che voleva bruciare la statua (cosa estremamente comune in quel periodo e che avveniva per ragioni di spazio da dedicare ai culti e ai santi o per ragioni essenzialmente pratiche come lo sbarazzarsi di un qualcosa di vecchio). Le fonti archivistiche che verosimilmente possono contenere queste informazioni sono ancora tutelate: non è possibile consultarle in quanto ancora non è passato il minimo tempo previsto dalla legge per il libero accesso al documento. Un’altra domanda, posta molte volte dalle persone incontrate durante questa esperienza è se sia possibile rintracciare la nave che portava quella polena (cosa a mio parere quasi impossibile) o almeno la sua origine certa (alcuni ipotizzano sia ligure). L’interrogativo però sicuramente più complesso è forse quello che riguarda il futuro del culto: rimarrà una presenza costante nella comunità di Carloforte oppure cadrà nuovamente nel dimenticatoio?

Bibliografia

Vallebona, Giuseppe. Carloforte : storia di una colonizzazione. Cagliari: Edizioni della Torre, 1988.

Agus, Daniele. Storia religiosa di Carloforte : dalla fondazione ai nostri giorni. Cagliari: Edizioni della Torre, 1988.

De Dominicis, Giorgio. La statua della Vergine Immacolata dello Schiavo venerata in Carloforte. 1 voll. Iglesias: Tipografia Cugini Sanna, 1922.

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