Memorie della schiavitù
a cura di Anna Meledina
Nella notte tra il 2 e il 3 settembre 1798 corsari barbareschi provenienti da Tunisi sbarcano sulla costa sud-orientale dell’Isola di San Pietro e si dirigono verso l’unico centro abitato, Carloforte.
Per i Carolini è l’inizio di una tragedia che durerà cinque anni: dopo aver saccheggiato ogni casa e perpetrato ogni tipo di violenza, i corsari rapiscono circa 800 abitanti, principalmente donne e bambini, per ridurli in schiavitù a Tunisi.
Dal Regno di Sardegna si attivano quasi immediatamente per il pagamento del riscatto, ma il numero degli schiavi è troppo elevato per poter racimolare la cifra richiesta dal Bey di Tunisi e per consentirne la liberazione. Per trattare la questione del riscatto viene mandato a Tunisi don Giovanni Porcile, conte di Sant’Antioco, che morirà l’anno seguente in terra straniera senza esser riuscito a portare a casa i carolini.
La vicenda divienne significativa a livello internazionale: ci vollero cinque anni per concludere le trattative di rilascio, con il tentativo incessante da parte della Chiesa e di altri Stati esteri, ma l’intervento di Napoleone nel 1802 facilita definitivamente la conclusione dei trattati. Gli schiavi tornano in due o tre turni, tra il giugno e il luglio del 1803 e vennero accolti gioiosamente dai cagliaritani.
Cos'è rimasto di questa memoria?
Ciò che è emerso dalle ricerche di questa settimana è che la popolazione di Carloforte è tuttora legata al tema della schiavitù e in particolare all’episodio del settembre 1798. Dal primo momento in cui siamo sbarcati nell’Isola, il tema della schiavitù è venuto fuori immediatamente: nella statua di Carlo Emanuele III, al centro della piazza a lui intitolata, sono scolpiti i ringraziamenti e gli elogi al Re per aver liberato gli abitanti di Tabarca nel 1741, nonostante sia un falso racconto. Un signore del posto si è fermato a parlare con noi riguardo la statua, esordendo con “noi siamo schiavi” e raccontando la sua visione sulla situazione attuale della popolazione sarda e carlofortina in particolare. È stato interessante anche notare il ricorso del tema della schiavitù in relazione con il tema della fondazione del paese. Questo evidenzia, quindi, come la popolazione di Carloforte sia legata al tema della schiavitù già dai primi anni della fondazione del paese se non, addirittura, legata alla fondazione stessa.
Dai risultati di vari sondaggi mandati alla popolazione, prima e durante l’esperienza diretta a Carloforte, la parola schiavitù legata alla memoria collettiva della comunità di Carloforte è uscita fuori più volte. Ciò che unisce maggiormente la popolazione al tema della schiavitù è senz’altro la figura della Madonna dello Schiavo, ritrovata da don Nicola Moretto durante gli anni di schiavitù. Dalle risposte ottenute dai questionari e dalle dichiarazioni di alcuni carlofortini, si nota come, per la maggior parte delle persone di una determinata fascia d’età, l’episodio del 1798 sia particolarmente importante per il ritrovamento della Statua. Infatti, la fascia di popolazione che va, indicativamente, dai 13 ai 30 anni non tende a collegare l’episodio della Statua al tema della schiavitù. Diversamente, tanti delle generazioni più vecchie ritengono che la riscoperta abbia come diretta conseguenza il rientro degli schiavi a Carloforte, e con questo si può spiegare la forte devozione della popolazione verso la Madonna. Specialmente, durante l’intervista a Gianna e Giuseppe Maurandi è emerso chiaramente questo aspetto: entrambi hanno dichiarato di essere estremamente devoti alla Madonna, e legano il tema della schiavitù a quest’ultima. La devozione nei confronti della Madonna dello Schiavo fa quindi da tramite al tema della schiavitù, ricorrente più volte nella storia di Carloforte.
Ci sono inoltre altri richiami a questo tema: ad esempio Giuseppe Maurandi racconta nell’intervista di vivere nella casa di famiglia nella quale ci sia stato uno scontro particolarmente violento tra corsari e carlofortini. La vecchia casa di famiglia, inoltre, conserva un epigrafe con scritto “fato ano 1777”: secondo Giuseppe una testimonianza dell’episodio da lui citato, in quanto sarebbe una conferma dell'antichità della dimora. Un racconto tramandato da generazioni, che aiuta a capire quanto ancora sia vivo il tema della schiavitù tra la popolazione.
Bibliografia
Maurandi, Enrico. Storia di Carloforte. Documenti e appunti. Bologna - Milano: Fausto Lupetti Editore, 2013
Pellerano Luigi, a c. di. Carloforte 1798. Il grande rapimento. Cagliari: AMD&D, 2010