Suoni delle memorie: i canti di Carloforte
a cura di Rachele Tatti
Domenica 31 luglio 1988, piazza Pegli. Tutto è pronto per celebrare il 250° anniversario della fondazione di Carloforte. Chi conosce i carlofortini sa quanto una ricorrenza come questa è profondamente sentita. La celebrazione di questo momento così importante per la comunità passa per la musica. Le bande musicali dei paesi del Sulcis sfilano, rappresentano i paesi limitrofi di Calasetta, Carbonia, Iglesias San Giovanni Suergiu In realtà il vero “vicinato” dell’isola si estende ben oltre la Sardegna, toccando tante coste del Mediterraneo. I contatti e i legami con questo “arcipelago” hanno contribuito a creare l’identità carlofortina.
A Carloforte la musica, e il modo in cui viene vissuta e praticata, svela molto di questa comunità. Viene comunemente individuata come tradizionale la musica che le origini liguri hanno portato con sé, e che comunque ha subito varie altre influenze esterne. Le prime espressioni musicali, di origine ligure e piemontese, sono quelle che ancora oggi permeano la tradizione e sono coltivate sin dalla fondazione di Carloforte. Un esempio tipico di queste ultime è il “ballo tabarkino” che cambia nel tempo e viene rimaneggiato fino al ‘900. Altri esempi possono essere canzoni come “disètte de Zenà” e “Cirulìn”. Il fatto che la musica più antica derivi da origini esterne potrebbe indurre a ritenerla non autentica, ma un aneddoto raccontato da Salvatore Fulgheri può aiutarci a ragionare sulla questione. Il cantautore carlofortino nell’intervista confronta due testi, uno in francese, arrivato nell’isola intorno al 1793, ed uno in tabarchino. All’apparenza i due testi tradotti in italiano non hanno nulla in comune, ma stando alla testimonianza di Salvatore i carlofortini, non conoscendo il francese, tabarchinizzarono la canzone mantenendo i suoni della versione francese, e così “Savez-vous plantare le choux” diventa “Siam bevuti da lescìa”, ma cambiandone di fatto il significato. Non esistono prove di questo, è vero però che la canzone tabarchina si consolida poi all’interno della tradizione musicale carlofortina. Superando la semplice ilarità che questo aneddoto potrebbe trasmettere e riflettendo più affondo appare chiaro come la comunità carlofortina non subisca passivamente le influenze esterne, ma plasmi ogni aspetto secondo la sua vivace personalità.
Nella bibliografia di riferimento emerge una storia della musica carlofortina capace di evolversi su diversi fronti, ad esempio nei temi, nella musicalità e nei contesti d’uso. Questo fattore provoca momenti di importante fermento. Negli anni la musica si modifica, temi d’amore cominciano ad intrecciarsi con motivi che ricordano fortemente il luogo d’appartenenza, ne è un esempio la canzone “Io son dell’isola”. I testi iniziano a parlare della storia dell’isola e l’apice di questo processo si ha nella canzone “Düxentusinquant'anni fa”, musicata dal maestro Angelo Aste e versificata da Giorgio Ferrero. Nel testo si toccano i temi cardine della storia dell’isola, l’arrivo da Tabarca, gli antenati di Pegli, il personaggio emblematico di Tagliafico e il re di Sardegna. A partire dalla seconda metà dell’800 cominciano a formarsi numerosi compositori locali come Pasquale Leone, Angelo Aste, Antonio Garau, Enzo Cabula, Pasquale Smorra, Salvatore Fulgheri, Michele Biaggio. Questi sono solo alcuni dei protagonisti del grande dinamismo che ha contraddistinto il panorama musicale del secolo scorso. Espressione di questa vitalità musicale furono vari eventi musicali, “U cuncursu da cansun tabarkina” né un esempio. Il festival ideato nel 1987 dal Cine Teatro G. Cavallera riunisce i cantanti locali, che si esibiscono davanti ad un pubblico molto partecipe. La comunità stessa racconta con orgoglio la sua partecipazione, tanto che si dice: “quelli erano tempi in cui fuori dai teatri della città si creavano lunghe file per entrare”.
Un altro attore, fondamentale nella storia musicale dell’isola, è la banda musicale la cui attività rispecchia importanti avvenimenti e tendenze della comunità carlofortina. Presente sin dagli inizi del ‘900, quest’ultima si è sciolta e ricostituita varie volte riflettendo le dinamiche sociali e politiche che, a seconda del periodo, hanno provocato alcune fratture interne. Qualcuno ricorda questi avvenimenti come un’opportunità, dicendo che: “qui a Carloforte le divisioni politiche ci hanno aiutato. Quando una fazione decideva di fare qualcosa l’altra non cercava di ostacolarla ma di superarla.” Nonostante le musiche della banda non raccontino esplicitamente di queste dinamiche politiche e sociali, nei racconti della comunità la banda e la storia del paese rimangono strettamente connessi.
In conclusione, la musica di Carloforte racconta la sua storia?
La risposta sembrerebbe affermativa. Dalle ricerche emerge una comunità che riflette nella propria musica la voglia di raccontare e conservare la propria memoria. Se si osserva la storia della musica dell’isola nelle sue diverse fasi, appare chiaro l’evoluzione di un processo artistico capace di fondere insieme storia e memoria, portando con sé tutte le contaminazioni che un’isola attrae, trasforma e trasmette.
Bibliografia
Fulgheri, Salvatore. E me’ cansuin. Poesie e canzoni in tabarchino. Genova: Le Mani Microart’s, 2000.
Simeone, Nino, e Norino Strina. «Su quella plaga azzurra» (canzoniere tabarkino). Pontadera: Bandecchi & Vivaldi, 1993.
Simeone, Nino, e Norino Strina. Antologia carolina. Ambiente, storia, personaggi e folklore di Carloforte. Edizion Della Torre, 1988.
Ferrando, Duccio. La musica carlofortina nella storia e nella geografia, s.d.