Monumento all'esercito sovietico
Collezione
Titolo
Monumento all'esercito sovietico
Titolo originale
Pametnik na Savetskata armia
Autore dell'opera
Danko Mitov, Ivan Vasilyev, Lyuben Neykov, Boris Kapitanov, Ivan Funev, Lyubomir Dalchev, Mara Georgieva, Vaska Emanuilova, Vasil Zidarow e Peter Doychinov
Definizione
Tentativi di cancellare o abbattere artefatti e monumenti del passato sono stati costanti nella storia delle civiltà umane.
La natura stessa del monumento – celebrativo, commemorativo - ha fatto sì che divenissero, al cambiare del potere e degli ideali, simboli di un passato a volte scomodo, da cancellare o del quale si vogliono prendere le distanze.
D’altronde, sono stati spesso eretti per segnare la caduta o l’ascesa di un regime, di una politica dominante o di un suo protagonista.
Utilizzati come potenti strumenti politici - motivo per cui sono spesso le stesse istituzioni a spendere per erigerle o al contrario per distruggerle - divengono anche un modo per creare o mantenere un’identità nazionale.
Col tempo, pienamente assimilati nel tessuto cittadino, diventano elementi riconosciuti e riconoscibili della comunità, tanto da legittimare con la loro presenza una certa visione del passato e quindi del presente (Münch 2013).
Il cortocircuito avviene al sopraggiungere di cambiamenti radicali nella società, come nel caso della Bulgaria e di altri Paesi dell’est al momento del crollo della Cortina di Ferro.
L’uso del monumento come strumento politico è stato elemento caratterizzante dell’arte dell’Unione Sovietica. A partire dal secondo dopoguerra, l’Urss e gli stati satellite, hanno prodotto innumerevoli statue dedicate principalmente, oltre che a Lenin e a Stalin, alla celebrazione dei soldati dell’Armata rossa e del milite ignoto.
A veder bene, però, non si limitavano a questo, poiché i regimi che si prodigavano nel costellare il proprio Paese di statue dal realismo sovietico, lo facevano per simboleggiare la loro lealtà verso Mosca e, al contempo, istruire la popolazione sui vantaggi del modello comunista e persuaderla - attraverso macchinosi parallelismi tra personaggi del proprio passato, partigiani locali e le recenti svolte politiche - che il comunismo non era stato imposto, non era un prodotto straniero, ma il naturale proseguire di un sentimento rivoluzionario insito nel paese (Kelleher 2009).
Con la caduta dell’Urss, la moltitudine scultorea presente negli ormai ex-territori socialisti ha subito le sorti più disparate.
Contestati sin da subito da una consistente parte della popolazione, alcuni di questi monumenti sono stati sradicati e dislocati, altri distrutti, altri ancora abbandonati, tanto da apparire oggi quasi come dei reperti archeologici di una strana civiltà o, al massimo, siti degni dei dark tourists.
Quelli rimasti al loro posto non sono stati risparmiati da periodiche contestazioni, talvolta veramente originali come nel caso del Monumento all’Esercito sovietico di Sofia, capitale bulgara.
Il monumento, progettato nell’immediato dopoguerra, è forse il più grande realizzato in Bulgaria dedicato all’Armata rossa, tanto da divenire una sorta di prototipo per gli altri che di lì a poco avrebbero “popolato” il paesaggio e le città bulgare.
Venne inaugurato con una solenne cerimonia il 7 settembre 1954, in una studiata prossimità con il X anniversario della Rivoluzione socialista in Bulgaria.
Il collettivo d’arte – gli architetti Danko Mitov, Ivan Vasilyev, Lyuben Neykov, Boris Kapitanov, e gli artisti Ivan Funev, Lyubomir Dalchev, Mara Georgieva, Vaska Emanuilova, Vasil Zidarow e Peter Doychinov – dopo nove anni di lavoro ha dato alla città di Sofia un imponente complesso artistico costituito da più elementi scultorei.
All’interno di un parco nel cuore della città sorge, su un alto piedistallo, la scultura centrale raffigurante un soldato sovietico trionfante, un operaio e una contadina con in braccio un bambino che paiono seguirlo; intorno ad essa una scalinata sale su una piattaforma per le cerimonie fino alla base di una colonna in cui si legge l’iscrizione “Alla liberazione dell’esercito sovietico dal grato popolo bulgaro”.
Lungo i fianchi del basamento numerose e complesse allegorie di soldati vittoriosi e, infine, altre due sculture sullo stesso tema posizionate all’ingresso dell’area monumentale.
A partire dal 1989 - anno della caduta del muro di Berlino a cui seguì la caduta dei regimi sovietici nell’Est - l’opera ha iniziato a divenire oggetto di aperte e continue contestazioni: da allora si alternano momenti di indifferenza nei confronti di quel simbolo del passato socialista, ad altri in cui si rianimano pretese per la rimozione.
Fra le manifestazioni che hanno coinvolto il monumento, spiccano quelle di alcuni artisti rimasti anonimi, che utilizzando l’allegoria del basamento principale come fosse una tela, hanno creato, con una cadenza annuale, composizioni artistiche alternative e inaspettate dai chiari e precisi messaggi politici.
Nell’arco di circa quattro anni il monumento che celebra le eroiche gesta dell’esercito sovietico è divenuto un mezzo per prendere le distanze dall’ex alleato, ricordarne le atrocità commesse, fino ad arrivare a contestare la politica della Russia di oggi.
La prima manifestazione artistica risale alla mattina del 17 giugno del 2011, quando i cittadini di Sofia hanno scoperto che i giovani dell’Armata rossa erano stati sapientemente trasformati in un colorato gruppo di supereroi e altri personaggi popolari chiaramente occidentali (Babbo Natale, Ronald McDonald, Joker, Captain America, Wolverine e Wonder Women.
Al di sotto dell’inusuale “rivisitazione” dell’opera imperava la scritta “Al passo con i tempi” . In seguito, il “Destructive Creation”, un gruppo anonimo di writers, ne ha rivendicato la paternità.
Dopo qualche tempo, il 17 agosto 2012 gli ignari frequentatori della piazza sono stati nuovamente sorpresi con l’applicazione di colorati passamontagna sui bronzei volti dei soldati: un chiaro gesto di solidarietà nei confronti delle Pussy Riot, un gruppo punk rock di attiviste femministe arrestato in Russia.
Un anno più tardi, nel 2013, nella simbolica notte tra il 20 e il 21 agosto - anniversario dell’invasione sovietica in Cecoslovacchia del 1968, alla quale partecipò attivamente anche la Bulgaria - una nuova incursione ha destato clamore: i soldati sono stati questa volta dipinti di rosa, alla base hanno capeggiato le scritte “La Bulgaria si scusa” in caratteri cubitali in ceco e in bulgaro.
Il 23 febbraio 2014, ad essere rivisitata è stata la figura centrale dell’altorilievo: il soldato e la bandiera che sostiene sono stati dipinti di giallo e azzurro, al di sotto la scritta “Gloria all’Ucraina” in ucraino; un chiaro messaggio di vicinanza all’Ucraina in uno dei momenti di maggiore tensione che questa ha avuto con la Russia.
Il 2 marzo un ulteriore intervento: la dedica originaria del monumento (“Per l’esercito sovietico liberatore dal grato popolo bulgaro”) viene cancellata per far posto alla scritta “Giù le mani dall’Ucraina”.
Il 12 aprile la città di Sofia conosce l’ultima versione “artistica” del monumento: la figura centrale veste i colori della bandiera polacca, mentre l’altra alle sue spalle veste nuovamente quelli dell’Ucraina; sotto appare una nuova iscrizione che ricorda il “massacro di Katyn” – avvenuto nel marzo del 1940 nella foresta di Katyn in Ucraina e dove morirono per mano dei sovietici più di 20 mila prigionieri polacchi.
Ad ogni “trasformazione artistica” del monumento i media locali e internazionali hanno riportato enfaticamente la notizia, ribattezzando gli sconosciuti autori come i “Bansky bulgari”.
Sul fronte interno, i colorati interventi al monumento hanno creato di volta in volta accesi dibattiti: l’opinione pubblica bulgara, amministratori della città di Sofia, e ovviamente, il governo hanno dovuto fare i conti con la natura e i riferimenti dei raid artistici; districarsi fra chi ha riproposto l’abbattimento del monumento da una parte, e chi sostiene la necessità di preservarlo in quanto patrimonio culturale dall’altra .
Non di meno ha destato l’attenzione e lo sdegno della Russia, bersaglio principale dei messaggi degli anonimi artisti.
Dal 2014 il monumento non ha più subito trasformazioni di questo tipo, per quanto non smetta di dividere i cittadini. Difatti, nonostante la Bulgaria sia da tempo una repubblica parlamentare (1991) e dal 2004 faccia parte anche dell’Unione Europea, il suo passato, e i monumenti che lo celebrano, continuano a creare sentimenti contrastanti.
D’altronde il russo è ancora una lingua popolare e i russi, trasferitesi all’epoca della Cortina di ferro, fanno parte a pieno titolo del tessuto cittadino e vivono con indignazione lo sfregio o la derisione di un simbolo celebrativo dei giovani russi che vinsero la “Grande guerra patriottica”.
Inoltre, la Russia stessa continua ad avere interessi ed influenze commerciali e finanziarie nella regione. Analizzare, metabolizzare e restituire il passato, il più possibile privo di giudizi e pregiudizi è un’operazione che si prospetta lunga e dolorosa, ma doverosa.
Alcuni passi, in questa direzione, sono stati fatti anche attraverso l’inaugurazione – nel 2011 – del Museo dell’Arte socialista, che raccoglie al suo interno il patrimonio artistico bulgaro del periodo comunista, comprese le statue, le targhe ed altri elementi che, all’indomani della caduta del regime, vennero sradicati dalla loro posizione originaria. Una sorta di vetrina a cui il cittadino può affacciarsi per comprendere meglio la propria storia, la cultura e la memoria che di quella storia si ha.
Recentemente è stata inoltre inaugurata una mostra temporanea - tuttora visitabile - intitolata “Arte e Ideologia” che indaga e illustra, attraverso anche una ricca documentazione burocratica, un “sistema arte” complesso e dipendente dall’apparato ideologico dello stato socialista.
Forse un’opportunità da cogliere per confrontarsi con la propria storia, in attesa, se mai si avrà, di un’altra incursione pop dei Bansky bulgari.
Per quanto riguarda il monumento dell’esercito sovietico ha resistito a tutte le polemiche e le incursioni ed è tuttora al suo posto: dove prima i comunisti commemoravano l’Armata rossa, oggi una pista per skaters attira giovani che paiono poco interessati in realtà al monumento che li sovrasta.
La natura stessa del monumento – celebrativo, commemorativo - ha fatto sì che divenissero, al cambiare del potere e degli ideali, simboli di un passato a volte scomodo, da cancellare o del quale si vogliono prendere le distanze.
D’altronde, sono stati spesso eretti per segnare la caduta o l’ascesa di un regime, di una politica dominante o di un suo protagonista.
Utilizzati come potenti strumenti politici - motivo per cui sono spesso le stesse istituzioni a spendere per erigerle o al contrario per distruggerle - divengono anche un modo per creare o mantenere un’identità nazionale.
Col tempo, pienamente assimilati nel tessuto cittadino, diventano elementi riconosciuti e riconoscibili della comunità, tanto da legittimare con la loro presenza una certa visione del passato e quindi del presente (Münch 2013).
Il cortocircuito avviene al sopraggiungere di cambiamenti radicali nella società, come nel caso della Bulgaria e di altri Paesi dell’est al momento del crollo della Cortina di Ferro.
L’uso del monumento come strumento politico è stato elemento caratterizzante dell’arte dell’Unione Sovietica. A partire dal secondo dopoguerra, l’Urss e gli stati satellite, hanno prodotto innumerevoli statue dedicate principalmente, oltre che a Lenin e a Stalin, alla celebrazione dei soldati dell’Armata rossa e del milite ignoto.
A veder bene, però, non si limitavano a questo, poiché i regimi che si prodigavano nel costellare il proprio Paese di statue dal realismo sovietico, lo facevano per simboleggiare la loro lealtà verso Mosca e, al contempo, istruire la popolazione sui vantaggi del modello comunista e persuaderla - attraverso macchinosi parallelismi tra personaggi del proprio passato, partigiani locali e le recenti svolte politiche - che il comunismo non era stato imposto, non era un prodotto straniero, ma il naturale proseguire di un sentimento rivoluzionario insito nel paese (Kelleher 2009).
Con la caduta dell’Urss, la moltitudine scultorea presente negli ormai ex-territori socialisti ha subito le sorti più disparate.
Contestati sin da subito da una consistente parte della popolazione, alcuni di questi monumenti sono stati sradicati e dislocati, altri distrutti, altri ancora abbandonati, tanto da apparire oggi quasi come dei reperti archeologici di una strana civiltà o, al massimo, siti degni dei dark tourists.
Quelli rimasti al loro posto non sono stati risparmiati da periodiche contestazioni, talvolta veramente originali come nel caso del Monumento all’Esercito sovietico di Sofia, capitale bulgara.
Il monumento, progettato nell’immediato dopoguerra, è forse il più grande realizzato in Bulgaria dedicato all’Armata rossa, tanto da divenire una sorta di prototipo per gli altri che di lì a poco avrebbero “popolato” il paesaggio e le città bulgare.
Venne inaugurato con una solenne cerimonia il 7 settembre 1954, in una studiata prossimità con il X anniversario della Rivoluzione socialista in Bulgaria.
Il collettivo d’arte – gli architetti Danko Mitov, Ivan Vasilyev, Lyuben Neykov, Boris Kapitanov, e gli artisti Ivan Funev, Lyubomir Dalchev, Mara Georgieva, Vaska Emanuilova, Vasil Zidarow e Peter Doychinov – dopo nove anni di lavoro ha dato alla città di Sofia un imponente complesso artistico costituito da più elementi scultorei.
All’interno di un parco nel cuore della città sorge, su un alto piedistallo, la scultura centrale raffigurante un soldato sovietico trionfante, un operaio e una contadina con in braccio un bambino che paiono seguirlo; intorno ad essa una scalinata sale su una piattaforma per le cerimonie fino alla base di una colonna in cui si legge l’iscrizione “Alla liberazione dell’esercito sovietico dal grato popolo bulgaro”.
Lungo i fianchi del basamento numerose e complesse allegorie di soldati vittoriosi e, infine, altre due sculture sullo stesso tema posizionate all’ingresso dell’area monumentale.
A partire dal 1989 - anno della caduta del muro di Berlino a cui seguì la caduta dei regimi sovietici nell’Est - l’opera ha iniziato a divenire oggetto di aperte e continue contestazioni: da allora si alternano momenti di indifferenza nei confronti di quel simbolo del passato socialista, ad altri in cui si rianimano pretese per la rimozione.
Fra le manifestazioni che hanno coinvolto il monumento, spiccano quelle di alcuni artisti rimasti anonimi, che utilizzando l’allegoria del basamento principale come fosse una tela, hanno creato, con una cadenza annuale, composizioni artistiche alternative e inaspettate dai chiari e precisi messaggi politici.
Nell’arco di circa quattro anni il monumento che celebra le eroiche gesta dell’esercito sovietico è divenuto un mezzo per prendere le distanze dall’ex alleato, ricordarne le atrocità commesse, fino ad arrivare a contestare la politica della Russia di oggi.
La prima manifestazione artistica risale alla mattina del 17 giugno del 2011, quando i cittadini di Sofia hanno scoperto che i giovani dell’Armata rossa erano stati sapientemente trasformati in un colorato gruppo di supereroi e altri personaggi popolari chiaramente occidentali (Babbo Natale, Ronald McDonald, Joker, Captain America, Wolverine e Wonder Women.
Al di sotto dell’inusuale “rivisitazione” dell’opera imperava la scritta “Al passo con i tempi” . In seguito, il “Destructive Creation”, un gruppo anonimo di writers, ne ha rivendicato la paternità.
Dopo qualche tempo, il 17 agosto 2012 gli ignari frequentatori della piazza sono stati nuovamente sorpresi con l’applicazione di colorati passamontagna sui bronzei volti dei soldati: un chiaro gesto di solidarietà nei confronti delle Pussy Riot, un gruppo punk rock di attiviste femministe arrestato in Russia.
Un anno più tardi, nel 2013, nella simbolica notte tra il 20 e il 21 agosto - anniversario dell’invasione sovietica in Cecoslovacchia del 1968, alla quale partecipò attivamente anche la Bulgaria - una nuova incursione ha destato clamore: i soldati sono stati questa volta dipinti di rosa, alla base hanno capeggiato le scritte “La Bulgaria si scusa” in caratteri cubitali in ceco e in bulgaro.
Il 23 febbraio 2014, ad essere rivisitata è stata la figura centrale dell’altorilievo: il soldato e la bandiera che sostiene sono stati dipinti di giallo e azzurro, al di sotto la scritta “Gloria all’Ucraina” in ucraino; un chiaro messaggio di vicinanza all’Ucraina in uno dei momenti di maggiore tensione che questa ha avuto con la Russia.
Il 2 marzo un ulteriore intervento: la dedica originaria del monumento (“Per l’esercito sovietico liberatore dal grato popolo bulgaro”) viene cancellata per far posto alla scritta “Giù le mani dall’Ucraina”.
Il 12 aprile la città di Sofia conosce l’ultima versione “artistica” del monumento: la figura centrale veste i colori della bandiera polacca, mentre l’altra alle sue spalle veste nuovamente quelli dell’Ucraina; sotto appare una nuova iscrizione che ricorda il “massacro di Katyn” – avvenuto nel marzo del 1940 nella foresta di Katyn in Ucraina e dove morirono per mano dei sovietici più di 20 mila prigionieri polacchi.
Ad ogni “trasformazione artistica” del monumento i media locali e internazionali hanno riportato enfaticamente la notizia, ribattezzando gli sconosciuti autori come i “Bansky bulgari”.
Sul fronte interno, i colorati interventi al monumento hanno creato di volta in volta accesi dibattiti: l’opinione pubblica bulgara, amministratori della città di Sofia, e ovviamente, il governo hanno dovuto fare i conti con la natura e i riferimenti dei raid artistici; districarsi fra chi ha riproposto l’abbattimento del monumento da una parte, e chi sostiene la necessità di preservarlo in quanto patrimonio culturale dall’altra .
Non di meno ha destato l’attenzione e lo sdegno della Russia, bersaglio principale dei messaggi degli anonimi artisti.
Dal 2014 il monumento non ha più subito trasformazioni di questo tipo, per quanto non smetta di dividere i cittadini. Difatti, nonostante la Bulgaria sia da tempo una repubblica parlamentare (1991) e dal 2004 faccia parte anche dell’Unione Europea, il suo passato, e i monumenti che lo celebrano, continuano a creare sentimenti contrastanti.
D’altronde il russo è ancora una lingua popolare e i russi, trasferitesi all’epoca della Cortina di ferro, fanno parte a pieno titolo del tessuto cittadino e vivono con indignazione lo sfregio o la derisione di un simbolo celebrativo dei giovani russi che vinsero la “Grande guerra patriottica”.
Inoltre, la Russia stessa continua ad avere interessi ed influenze commerciali e finanziarie nella regione. Analizzare, metabolizzare e restituire il passato, il più possibile privo di giudizi e pregiudizi è un’operazione che si prospetta lunga e dolorosa, ma doverosa.
Alcuni passi, in questa direzione, sono stati fatti anche attraverso l’inaugurazione – nel 2011 – del Museo dell’Arte socialista, che raccoglie al suo interno il patrimonio artistico bulgaro del periodo comunista, comprese le statue, le targhe ed altri elementi che, all’indomani della caduta del regime, vennero sradicati dalla loro posizione originaria. Una sorta di vetrina a cui il cittadino può affacciarsi per comprendere meglio la propria storia, la cultura e la memoria che di quella storia si ha.
Recentemente è stata inoltre inaugurata una mostra temporanea - tuttora visitabile - intitolata “Arte e Ideologia” che indaga e illustra, attraverso anche una ricca documentazione burocratica, un “sistema arte” complesso e dipendente dall’apparato ideologico dello stato socialista.
Forse un’opportunità da cogliere per confrontarsi con la propria storia, in attesa, se mai si avrà, di un’altra incursione pop dei Bansky bulgari.
Per quanto riguarda il monumento dell’esercito sovietico ha resistito a tutte le polemiche e le incursioni ed è tuttora al suo posto: dove prima i comunisti commemoravano l’Armata rossa, oggi una pista per skaters attira giovani che paiono poco interessati in realtà al monumento che li sovrasta.
Stato di conservazione
Buona
Localizzazione geografico-amministrativa attuale
Tsar Osvoboditel Boulevard, Sofia, Bulgaria
Cronologia generica
1954
Cronologia specifica
September 9, 1954
Autore della scheda
Cinzia Melis
Contenuti
-
Il Monumento e il suo spazio oggi
2017-01-31 -
L'armata rossa in versione pop.
2011-06-21 -
I monumenti sovietici ridipinti in Bulgaria
2014-08-20 -
Polonia e Ucraina - il massacro di Katyn
2014-04-12 -
Gloria all'Ucraina
2014-02-23 -
La Bulgaria si scusa
2013-08-21 -
Al passo con i tempi!
2011-06-20 -
Bulgaria, slogan e pittura rosa su monumento all'Armata Rossa
2013-08-21T17:25