Relazione sullo stato delle saline di Cagliari

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Titolo

Relazione sullo stato delle saline di Cagliari

Livello descrittivo

Unità documentale

Livello superiore

Unità archivistica

Titolo originale

Relatione del stato delle saline di Cagliari

Data di inizio

April 12, 1728

Lingua

Italiano

Soggetto conservatore

Nome del soggetto produttore

Ufficio generale delle Finanze

Trascrizione

Distanti due miglia da questa città si trovano le saline composte di quattro stagni, che naturalmente producono sale chiamati di Molentargius, Palamontis, Boccadirio, e Carcangiolo, come pure d’una piccola salina artifficiale.

Dello stagno di Molentargius
Questo stagno è di forma rottonda, ha circa tre miglia di circuito, et una di diametro. Confina da una parte colle ville di Quarto, e di Quartuccio, e dall’altra si stende sino alle falde del monte Orpino, situato tra’ questa città, et il sudetto stagno. Et alli due lati ha due strade maestre, che da qui vanno alle sudette ville, et altre del Campidano.
Le sue aque per la naturale pendenza che detto stagno ha da tutte le sue sponde le riceve da ogni parte in occasione di pioggia, e massime da un gran torrente che vi cola dentro proveniente dalle vicine montagne. Non ha nessuna communicatione visibile col mare, qual è discosto dal medemo per lo spazio di circa due miglia, le sue aque però sono salse.
Il medemo è paludoso a’ segno che l’anno 1721, mentre il sale era nella sua maturià, sendovi entrati dentro tre buovi fugitivi per via di una strada artifficiale, che si inoltra dentro al detto stagno per puoterne ricavare il sale, e finita la medema sendosi avanzati altri duecento passi circa più di quanti sopra l’istesso sale, alla fine questo essendosegli rotto sotto a’ guisa del giaccio vi restorono affogati nel fango, ne si puotè cavali fuori, se non a pezzi, e con gran stento per ricuperarne le carni.//
Essendo detto stagno situato in modo che da tutte le parti riceve l’acqua in occasione di pioggia non torna a’ conto, quando questa non fa di bisogno, volerne impedir l’ingresso l’unico rimedio d’haver sempre del buon sale, sendo quello di non raccoglierlo, quando riesce imperfetto e di farne il più grande ammasso, che sia possibile quegli anni, che sorte perfetto, il che succede il più delle volte, e questo affine d’essere in stato di mai mancarne e d’haverne sempre una gran provisione anticipata di vecchio, e ben staggionato, mentre questo sale, come più consistente di quello degl’altri stagni, doppo haver deposto tutto il suo humifo, e d’haver indurata la sua crosta, si conserva indi senza far altro rillevante consumo, sempre più raffinandosi, quanto più diventa vecchio.
Per essere in stato di far detta provisione conviene per puotersi ben inoltrare dentro lo stagno, ove il sale è sempre il migliore, slongare d’altro ducento passi circa la suddetta calzata, o sia strada artifficiale situata in detto stagno, e slargarla d’altri due passi, acciò due carri, uno andando, e l’altro venendo vi possino commodamente passare, come pure farne altra simile di passi 400 circa di longhezza proportionatamente distante dalla prima, per mezzo delle quali calzate si puotrebbe raccogliere con ogni facilità sino a’ 15 in 16 milla salme di sale netto del migliore, che vi fosse nello stagno. Li materiali per far le dette calzate, sono fascine, pali longhi
Nel mese di giugno il sale di detto stagno commincia a’ coagularsi, et a formare sotto l’acqua una piccola crosta di sale sopra il terreno, qual crosta successivamente si va ingrossando, con incorporarsi l’aqua che porta sopra, in sin a tanto che tutta resti coagulata, e che il sale gionghi alla sua maturità, il che succede ordinariamente verso il fine d’agosto, nel qual tempo se ne fa la raccolta.
Se detto stagno si trova bastantemente provisto di aqua nel mese di giugno, che principia a’ formarsi la detta crosta, e che nel corso della sua coagulazione non piove, e che s’incontra haver dominato il vento maestrale, come quello, che unitamente al sole contribuisce a’ far quagliare il sale. Allora questo riesce perfetto nella sua qualità naturale poco inferiore a’ quello di Trapani; ma se viceversa s’incontra che nel corso della detta coagulazione del sale habbi piovuto, e che vi siino introdotte aque della pioggia, quali in quel tempo non possono depurarsi, che sopra l’istesso sale, allora questo riesce imperfetto, e di mala qualità per la polvere, che necessariamente le sudette aque haveranno introdotto nello stagno, qual polvere resterà framischiata con il medemo sale.
La quantità del sale che produce detto stagno è sale che a’ raccoglierne di cento una sol parte bastarebbe a’ formarne cento montoni da cavarne mille, e più salme per ogni montone, ma il suo accesso a’ caggione del suo gran fango è difficlissimo, et in due, o tre siti solamente longo la strada maestra, che da questa città va a Quarto, ove si trova la sopradetta calzata, o sia strada artifficiale, torna a’ conto di cavarne nella maniera che segue.
Due huomini pagati a’ giornata con due palli di// ferro amanicati a’ guisa d’una verrina, e taglianti in fondo si inoltrano ducento passi circa dentro lo stagno, ove col rompere il sale segnano li limiti sin dove gl’operarii sono in obligo di inoltrarsi per raccoglierlo. Nell’istesso tempo questi entrano in detto stagno diretti dal Mastro delle saline, e portando ogn’uno di essi due, o tre tavole, quelle vanno distendendo per longo una doppo l’altra sopra l’istesso sale sino alli suddetti limiti, e formano in quella maniera due strade, una per entrare, e l’altra per sortire carrico del sale dal sopradetto stagno. Principiano dalli sudetti limiti, e della parte più lontana a’ raccoglierlo, indi successivamente retrocedendo vanno raccogliendo tutto quello, che s’erano lasciati alle spalle, e lo trasportano sino al luogo, ove si forma il montone mediante il prezzo di denari sei per ogni gavetata portata da due huomini a’ guisa di siviera, quale contiene circa due tumoli di sale, che fanno l’ottava parte d’una salma, e finito il sale in una parte si portano in un altra, ove fanno l’istesso, e così di mano in mano insin a’ tanto che sii finita la raccolta.
Si cava parimente sale per via della sudetta strada artiffiziale, qual riesce sempre migliore, e ciò nella maniera che segue, si segnano come sopra li limiti agli operarii distati ducento passi più oltre, et altretanti tutto all’intorno della ponta della sudetta strada. Detti operarii formano nella maniera detta di sopra le strade con le tavole, indi raccolgono tutto il sale, che si trova tra li sudetti limiti, e la detta calzata sopra la quale lo posano a’ misura che lo vanno trasportando con le gavette: li carratori lo venghono ivi a’ carricare coli loro carrettoni, che contenghono due terze parti d’una salma,// e lo portano fuori della sudetta calzata al luogo, ove si forma il montone. Alli carrettieri si paga un soldo e mezo, et agli operarii un soldo, e due denari per ogn’una carrettata sale, che trasportano come sovra; si sogliono anche pagare dieci huomini, che travagliano a’ soldi sette al giorno per rompere il sale nello stagno, e formarne li montoni fuori del medemo.
Delli stagni di Palamontis, Boccadirio, e Carcangiolo
Una sola laguna framezzata con due calzate che li atraversano, forma li sudeti tre stagni. Questa commincia al piede del monte [...] vicino la spiaggia detta del Poeta, et inoltrandosi verso levante longo la spiaggia di Quarto va a’ terminare alquanto più lontano della torre di Carcangiolo distante quatro miglia dal detto monte, lasciando sempre tra essa laguna, et il mare una lingua di terreno arenoso, chiamato marestagno della larghezza circa dell’istessa laguna, quale ne siti li più dilatati non passa li sei cento passi circa.
Il primo stagno, che s’incontra comminciando dalle falde del suddetto monte, è quello di Palamontis, che occupa tre quarti di miglio circa della longhezza di detta laguna. Il secondo che vien separato dal primo con una calzata, è quello di Boccadirio, qual s’estende sin vicino alla torre di tal nome distante due miglia dal sudetto monte, et altretanto dalla menzionata torre di Carcangiolo. Quivi si trova la sudetta calzata che separa detto stagno di Boccadirio da quello di Carcangiolo, che vi viene appresso, quale occupa il rimanente della sudetta laguna.
Le sudette calzate hanno le loro boche, e vi si aprono, e chiudono a’ misura del bisogno per// far passare l’aque da un stagno all’altro, quando li venti sono favorevoli all’intento senza di che nulla di puol operare. All’istesso sito delle due calzate sboccano nelli sudetti stagni due canali scavati semplicemente nell’arena sino al mare, quali in occasione di borasca prodotta dal levante, ch’è la traversia di quelle spiaggie, e non in altro tempo introducono l’aqua del mate ne medemi, non ricevendone altra fuorché quella che vi piove a’ dirittura dentro. Detti canali si mantengono continuamente aperti, et a misura che si riempiono d’arena nel passarvi l’aqua del mare si tornano di nuovo a riaprire, accioché in ogni tempo siino in stato di quella ricevere, quando il mare naturalmente ve la tramanda; nel resto non puotendosi dar l’aqua a tempo, e luogo alli sudetti stagni, fa che li medemi quasi sempre ne penuriano.
Il stagno di Carcangiolo il più distante di tutti mantiene l’aqua più degl’altri per il suo naturale declivio, e quando s’incontra esservene mediocramente vi si raccoglie del buon sale, quale, e per la qualità dell’aque, e quella del terreno pare debba essere più puro, e più salubre di quello di Molentargius.
Il stagno di Boccadirio non dà sale, quando li aque non sono sufficienti per tutti li tre stagni, mentre in quel caso, per quanto è possibile si fanno tutte passare da questo a quello di Palamontis il più vicino per i trasporti, come anche il più facile a maneggiare per essere il più piccolo. In questo a misure delle occorenze si vanno facendo degli arginetti, et altri simili travaglii di poca spesa per contenere l’aque ne liti opportuni a formarvisi il sale, e per fare, che li venti non le consumino, con trabalzarle qua, e là, come sucede negl’altri due stagni per essere troppo dilatati, con che detto stagno simile al suddetto di Carcangiolo produce il sale.//
Per far la raccolta de sali nelli sudetti stagni si radunano più operarii, e carrattieri, che sia possibile. Gli operarii un giorni prima con la direttione del mastro delle saline comminciano a’ raccogliere il sale ne medemi con certe pale di legno, che loro stessi fanno per tal fine, e ne formano de picoli montoni d’una salma circa l’uno, doppo li carrattieri portando ogn’uno sopra il suo carro una specie di tombarello, che loro chiamano carretta, che contiene li due terzi d’una salma circa, entrano nello stagno, empiono la loro carretta del suddetto sale, e lo trasportano al luogo li viene assegnato dal sudetto mastro per formarvi il montone si paga due soldi, e sei denari per ogni carrettata, cioè mezzo soldo agli operarii, che l’hanno raccolto nello stagno, e che sono anche in obligo d’ammontonarlo fuori, e soldi due alli carrattieri, che l’hanno trasportato, quali sono in obligo di provedersi loro medesimi le carrette.
A misura delle gavettate, e carrettate sale che in tempo di raccolta si vanno trasportando dalli rispettivi stagni alli montoni, queste si riducono in salme, et il direttore delle saline se ne carrica demostrativamente formandosene un conto, e se ne va indi scarricando a misura che finiscono le partite del sale annualmente cavato ne sudetti rispettivi stagni, dando per consumo tutto quel sale, che viene a mancare doppo haver fatto il conto di quello di è esitato. Detto sale suole mancare qualche volta in fino alla mettà, il più delle volte li due quinti, et alle volte un terzo, e giamai meno, il consumo// di detti sali, non puotendosi con certezza regolare, ciò dipendendo da più, e più accidenti, come dal tempo che ha corso, quando se n’è fatta la raccolta, mentre se in tempo che correva il levante, questo rende humido il sale, e lo fa consumare notabilmente, se il maestrale detto vento lo secca, concentra l’humido che porta, e lo rende più consistente, e consuma meno. Se li montoni del sale vengono collocati sopra il terreno duro, e stabile, come quelli dello stagno di Molentargius, allora il sale mantiene più, e li fondali poco ne consumano, e se sopra terreno ammovibile, et arenoso, come quello delli montoni di Carcangiolo, e Boccadirio, allora dà maggior consumo, li soli fondali assrbendosi buona parte del sale nell’istesso tempo che si formano li montoni; la crosta pure de medemi conviene gettarla per essere piena di polvere, Le misure abondanti, che secondo il solito delle saline conviene fare non solo alli forastieri che lo comprano, ma anche a quelli, che lo trasportano per le Reali gabelle, accioché il sale, come soggetto a consumo non venghi loro a mancare; oltre di che li montoni del sale stando sempre esposti nelle saline all’inclemenza de tempi, et ad ogni altro sinistro acidente danno sempre con ciò solo rillevante consumo.

Della salina artifficiale
A mez’hora di camino da questa città sopra la strada che va al Lazaretto distante 200 passi circa dal medemo si trova la piccola salina artifficiale situata vicino a’ un seno di mare, quasi stagnato, dal quale riceve le sue aque per mezo d’una porta della calzata, o// sia diga di circa 400 di longhezza, che divide detto mare dalla sudetta salina composta di dieci ripartimenti, o siano caselle nelle quali si forma il sale. Vi sono si suoi calentadori in numeri diciotto, due gran bacili per conservar le aque diversi canali grandi, e piccoli, e tutto quello spetta per formare una salina artifficiale, per comodità della medema vi è una casa stata fabricata da un tal Marini trapanese, quale venti, e più anni sono fece anche la detta salina di pianta affine di provedere con quella il sale a queste tonnare.
Detta casa sendo molto distrutta sta per cascare, per esser fabricata di semplice terra, e mattoni non cotti all’uso di queste case di campagna; per altro nella medema v’è comodità per tenere un molino a coperto per macinare il sale, magazeno per riporvelo, stallo per cavalli, et altre comodità per potermi habitare una famiglia.
Detta salina è circondata da un fosso statovi alzato attorno, quale ogn’anno conviene raccomodare, come pure tutte le altre opere della medema fatte con semplice terra, e pietre di poca fermezza.
Nel mese di marzo si principia con sei, o otto huomini a coltivarla con polvere, e nettare intieramente dal fango le sudette caselle, e calentadori, radizzare li loro muretti, riffare li piccoli fossi, che li circondano, e battere il terreno delle caselle, sopra il quale deve farsi il sale, curare tutti li canali grandi, e piccoli, raddrizzare le loro sponde, raccomodare le calzate con le porte loro, affine di puoter introdurre ne debiti tempi l’acqua nelli due bacili, quella distribuire nelli calentadoi, e da questi nelle caselle del sale a’ misura del bisogno, et infine fare tutto quello conviene per far sortire il sale netto, e puro, insino che gionghi alla totale perfettione, e che se ne// faci la raccolta, il che suole succedere in fine d’agosto, cavandosene ordinariamente da sette in ottocento salme di netto, delle quali se ne formano cinque montoni, cioè un montone per ogni due caselle.
L’anno 1721 che se ne fece la spesa ed ecconomia detti travaglii costorono cento cinque scudi compresavi la compra degl’uttensilii, tutto che li Gesuiti vi avessero antecedentemente fatta qualche spesa nell’essersi messi al possesso della medema salina poco avanti la partenza delli Spagnoli, come pretesi heredi del suddetto Marini.
L’anno 1722, e 1723 detta salina fu data a partito agli istessi operarii, che la solevano coltivare per il prezzo di ottanta due scudi, con obligo di dover anche invigilare alle boche delle due calzate, che dividono li sudetti tre stagni per aprirle, e chiudere a misura de venti, e delle occasioni che si presentassero per far passare l’aque ne rispettivi stagni ove fossero più necessarie.
Detto anno 1723 vedendo il fu signor Intendente generale Capello di non poter vincere la renitenza di questi mercanti a volersi servire del sale macinato di detta salina per uso delle loro tonnare, risolse finalmente di farne la prova, come in fatti nel tempo della pesca fece salare nella tonnara di Portoscuso con sale di detta salina sei barilli di tonno, senza che vi habbino posto come si suole il sale minerale di Camarata. Questi l’anno seguente in principio di Quadragesima furono aperti, e confrontati con altrettanti stati salati con sale di Trapani, e con un suolo di sale minerale di Camarata sopra il totale del varrile. La tonnina de medemi fu trovata ugualmente buona, né si potè distinguere quale delle due fosse la migliore nel mangiarla. Un solo appiglio trovarono li mercanti, e fu che la carne del tonno salato con sale di Trapani parve un poco più rossa al contrario dell’altra// salata con questo sale, che pareva un poco più spalida, fuorsi perché non vi si era posto il sopradetto di sale minerale, come nella prima, overo perché il tonno dato dalli tonnarolli per fare detti barilli non fosse fresco, quando fu salato, mentre in tal caso fa quel effetto. Comunque ciò siasi prevalsero le raggioni scapatorie de mercanti, che temevano indubitamente più il prezzo, che la mala qualità del sale, et in prefetto fu signor Intendente si desitete dall’obligazione che pretendeva loro imporre di prendere il sale macinato di detta salina per le loro tonnare, essendogli però sempre restata quella di prendere di questo sale grosso per fare la salamoira alle loro tonnine, come in fatti lo vanno prendendo, se bene scarsamente a mottivo del prezzo.
Da alhora in poi detto fu signor Intendente non stimò più di coltivare detta salina, atteso che il sale della medema veniva a costare qualche cosa di più degli altri sali, delli quali non mancava.
In hoggi li illustri signor Intendente generale provisionale conte Meynier di consenso di Sua Eccellenza il signor Viceré hanno stimato conveniente di farla di nuovo, doppo essere restata quatro anni inculta, come in fatti si sono dati a partito li travaglii della medema, sino alla totale estensione del sale per prezzo di scudi 84, alla riserva però della gran diga, che separa detta salina dal mare, quale per trovarsi assai distrutta, e non esservi chi li habbi volita fare a partito, vi si travaglia ad ecconomia, e si suppone che la spesa potrà montare a scudi quaranta circa per rimetterla in stato.
Per trasportare li sali dalle rispettive saline nella darsena, molo, o magazeno di questa città// si paga come segue per ogni salma.
Per quelli di Molentargius soldi dieci alli carrattieri, che non puonno fare più di due viaggi al giorno portando una salma per ogni viaggio coli loro carri.
Per quello di Palamontis soldi dieci come sopra.
Per quello della salina artifficiale soldi otto.
E per quelli di Carcangiolo, e Boccadirio non puotendosi trasportare se non per mare si paga tre soldi per salma alli carrattieri, che lo carricano alli montoni, e lo trasportano all’orlo delle rispettive spiaggie, e soldi sei alli battellari, che lo vengono a’ carricare nelle medeme, e lo trasportano in questa rada a bordo delli patroni de bastimenti che devono carricarlo per Nizza.
Trenta carrattieri della villa di Quarto, e vigne vicine alle saline con il loro capo sono esenti di servitio personale, e perciò in obligo di presentarsi in ogni tempo, e tutte le volte, che vengono richiesti per trasportare il sale mediante li sudetti rezzi con pena pecuniaria alli trasgressori. La Real azienda somministrava ad ogn’uno d’essi otto sachi capaci in tutto d’una salma di sale, ma vistosi l’abuso, e la dissipazione delli medemi sachi s’è concordato sin dal secondo anno di dare a ciascheduno di loro ogni anno anticipatamente tre liure, e quindeci soldi in luogo di detti sachi, delli quali sono in obligo di provedersi loro medesimi.
Li stipendiati impiegati al servitio della Real azienda del sale sono li seguenti.
Gio Batta Marras scrivano delle saline, a questo si dà dodeci scudi al mese, et è in obligo di mantenere un cavallo per poter agire.
Pietro Sanna guardia a cavallo, a cui si dà nove scudi al mese.
Andrea Carredda mastro delle saline, questo// habita nella casa della salina artifficiale, e se gli dà sei scudi al mese di salario.
Signor Giuseppe Morteu saliniere, questo vende il sale alli particolari nel magazeno di Cagliari, e prende denari tre a titolo di salario sopra ogni misura di sale, che vende in prezzo di soldi quatro, e mezo fatta una commune il Salario del medemo ascenderà a scudi 210 circa l’anno. Questo presta le sue sigortà.
Vi è pure un fachino, che msiura il sale, che si vende in detto magazeno, al quale si dà tre scudi al mese.
Finalmente si conclude essere falsissima la voce precorsa che in questo Regno siano in obligo di servirsi di sale forastiero per far le salatte, mentre non solo non si servono di detto sale, quale non può introdursi nel Regno, ma si servono eziandio del più inferiore, e men staggionato che si raccolga in queste saline, riservandosi sempre il migliore per spedire a Nizza, e vendere per fuori Regno. Con tutto ciò le salate riescono, come in tutti gl’altri paesi, né mai s’è inteso alcun raccorso sopra la mala qualità di questi sali, né che gavessero causato la perdita di qualche salata. L’anno 1719 in ottobre li Spagnuoli per tema d’un assedio salarono indifferentemente con questi sali più di cinquecento botti di carne la più parte bocina. Queste si conservarono benissimo, e per tal segno l’anno seguente in luglio nel partire, che fecero da questo Regno se le trasportarono con essi loro in Spagna.
Le continuate dicerie de nationali stati in questo Regno, a’ quali pare di non poter essere applauditi, se non dicono male di tutto quello, che ha per nome Sardegna ha// dato più discredito a questi sali, che la pretesa mala qualità loro.
Cagliari li 12 aprile 1728
Il direttore delle saline
Mainardi

Autore trascrizione

Giommaria Carboni

Autore della riproduzione digitale

Beatrice Schivo

Data creazione della scheda

2024/02/14

ha luogo Ambito Territoriale

Cagliari

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Accesso libero

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