"Sono un buono a nulla ma valgo qualche cosa": scambi di schiavi

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Titolo
"Sono un buono a nulla ma valgo qualche cosa": scambi di schiavi
Data di inizio
1603
Soggetto conservatore
Archivio di Stato di Cagliari; Archivo de la Corona de Aragón
Data fine
1695
Storia
Nel 1603, Amet Arnaut Furch e Amet Belsus sono schiavi a Cagliari; contemporaneamente, il mercante cagliaritano Balthasar Cabra è schiavo a Tabarka. Pere Espa, anch’egli mercante di Cagliari, si adopera per realizzare uno scambio fra i tre. Commissiona a Fabio Cafieri, patrone di un’imbarcazione chiamata Santa Maria di Lauro, di trasportare i due nordafricani fino a Tabarka e di riportare a Cagliari Cabra in cambio di centoventi lire. Ne riceverà metà alla partenza dei due schiavi dal porto di Cagliari, e metà all’arrivo di Cabra nella stessa città.
Questa operazione potrebbe non essere andata a buon fine oppure lo schiavo cagliaritano potrebbe essere stato catturato una seconda volta. Nel 1604, infatti, lo ritroviamo, sempre insieme a Cafieri, protagonista di un riscatto di successo portato a termine in collaborazione con Gregorio Bonsignore, siciliano di Trapani.

Sempre nel 1603 si svolge anche lo scambio di cui abbiamo detto parlando degli sforzi compiuti per ripristinare i legami famigliari separati dalla schiavitù: Barca, schiavo di Biserta appartenente a Gavi Sasso, e Francesch Meli, calzolaio di Iglesias schiavo a Biserta, vengono scambiati e liberati grazie a un accordo tra Joan Meli, fratello di Francesch, e la madre di Barca, padrona di quest’ultimo.

Mahamet Eletibi e Casim Modi, entrambi di Biserta, sono schiavi a Cagliari quando, nel 1606 vengono acquistati da Monserrat Rossello, dottore della Reale Udienza del Regno di Sardegna, per ottenere in cambio della loro libertà la liberazione del religioso Arcangelo Daviso Capretzi, schiavo nella stessa città.

Un caso di scambio uno a tre è documentato nello stesso anno, quando, in cambio della liberazione di un altro religioso di nome Arcangelo (non sono dati maggiori dettagli sul nome), schiavo a Tunisi, alcuni uomini del luogo vogliono la liberazione di tre loro parenti schiavi a Cagliari, uno dei quali si trova nelle mani del viceré, e dei quali non vengono indicati i nomi.

Più tardi, nel 1644, troviamo un abitante di Oliena (villa rurale nel centro della Sardegna, attualmente nella provincia di Nuoro), Francesco Soro, schiavo a Tunisi di Amet Dei. Soro incarica il proprio cugino tedesco di nome Laurenso Hurban di recuperare un suo credito maturato con tale Antonio Coufe per cinque mesi di lavoro nella tonnara, di vendere i suoi beni e di riscattare Issouf, turco, schiavo a Cagliari che verrà scambiato con la libertà di Soro stesso.

Anche gli schiavi delle galere vengono utilizzati come merce di scambio per la liberazione di cristiani catturati. Ne troviamo un esempio in un documento del 1689. Il re ordina che uno schiavo delle galere di Sardegna, Mehemet Suaire, venga scambiato con un cristiano rapito dalla capitana e all’ammiraglia di Algeri.

Anche nel 1695 si verifica una circostanza analoga, quando il Consejo de Aragón riceve una richiesta dal re di Algeri per il rilascio due schiavi musulmani tra cui Hazan, schiavo rematore della squadra di Sardegna. In cambio, il re offre la libertà di due nobili naturales del Regno di Valencia. Il “rey barbaro” fa pressione sulle autorità cristiane, avvertendo che, se entro quattro mesi non si stabilisce un luogo e non si organizza lo scambio dei prigionieri, i cristiani prigionieri subiranno un peggioramento delle condizioni di detenzione8.

Nello stesso anno si dispone lo scambio di un “turco llamado Asan”, rematore della galera Capitana della Squadra di Sardegna, con Carlos Vidal, cittadino maiorchino schiavo degli infedeli.
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Trascritto da
Beatrice Schivo
Autore
Beatrice Schivo
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