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Titolo
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Schiavi in fuga
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Data di inizio
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1606
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Storia
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Nel 1606, sette schiavi fuggono dalle abitazioni in cui prestano servizio a Cagliari. Il Procuratore Reale si mobilita perché vengano presi provvedimenti per impedire che essi lascino la Sardegna a bordo di alcune barche corsare catturate nei mari di Iglesias.
Il Procuratore Reale l’anno successivo scrive a Juan Angel Cosso, guardiano delle marine del Sarrabus. Gli comunica che uno degli schiavi che il patrone Pere Reynao, francese, ha catturato mentre si trovava in quelle acque col suo brigantino, è fuggito. Poiché la regia corte ha diritto a una percentuale sulle prese, è opportuno che questo schiavo venga cercato e trovato, affinché la regia corte possa metterlo in vendita. Il procuratore ordina dunque che Cosso si rechi nei luoghi in cui lo schiavo potrebbe trovarsi e lo trovi, trasferendolo sotto il controllo della procurazione reale.
Nel 1613 due schiavi fuggono dalle galere di Sicilia che si trovano nelle acque di Pula (nella Sardegna meridionale). L’alcaide di una delle navi, Hercules Valle, maltese, li cattura e li conduce a Cagliari. Come è costume, gli spetta una ricompensa: viene stabilita dal Consiglio in venti scudi di moneta cagliaritana, corrispondenti a sessanta lire.
La fuga o i tentativi di fuga possono avere conseguenze più o meno gravi sugli accordi di liberazione tra padrone e schiavo. Soliman, schiavo di Annaba appartenente al mercante Joan Peris, nel 1613 beneficia di una promessa di liberazione posposta per la quale deve pagare quattrocento lire. Tuttavia, Soliman è reo di essere un fuggitivo ostinato e, per questo, Peris gli mette una catena al piede. In casi come questo, la prassi vuole che il padrone annulli l’accordo e lo schiavo ricada nellapiena schiavitù. Tuttavia, altri due schiavi sottoposti a taglia, Amet di Annaba, schiavo di Pere Morteo, e Fargella di Annaba, di Antonio Molarja, si offrono come garanti in solido affinché Peris tolga la catena a Soliman e non rompa l’accordo di liberarlo. I due concordano che, se Soliman fuggisse nuovamente prima di aver finito di pagare il rimanente denaro dovuto, saranno loro a pagare in sua vece. Il padrone si accontenta di ricevere in ogni caso la cifra che gli spetta e accetta di togliere la catena che vincola lo schiavo, mantenendo l’impegno di liberarlo.
Nel 1600 Barca, schiavo di Biserta, concorda con Gavi Sasso una taglia di quattro anni. Non rispetta le clausole e fugge. Catturato, viene venduto da Sasso come schiavo a Joan Meli, iglesiente, il quale non si cura dell’attitudine alla fuga di Barca perché intende utilizzarlo solo come moneta di scambio per salvare il proprio fratello dalla schiavitù in nord Africa.
Non sono solo gli schiavi domestici a tentare e spesso riuscire nella fuga, ma anche, date le loro terribili condizioni di vita, gli schiavi delle galere e quelli che servono nei lavori pubblici. Nel 1616 a Porto Torres, nella Sardegna settentrionale, fuggono alcuni galeotti (il documento non specifica da quale o quali galere). Il Consiglio del Regio Patrimonio delibera che Joan de Onatio, colui che li ha catturati, riceva un premio di settantacinque lire per il servizio reso alla Corte.
Nel 1688, il capitano generale delle galere del Regno, don Alonso Gusman, richiede al re di Spagna che venga risarcito il valore di quattro schiavi rematori fuggiti con l'aiuto di alcuni marinai cristiani utilizzando una piccola barca preparata segretamente per dirigersi verso Tunisi.
Alcuni anni più tardi, il fisco della squadra delle galere di Sardegna avvia diverse cause contro Onofrio Vitaliano, Mario Ballo e Miquel Recupo, ufficiali della stessa squadra, accusati ripetutamente di negligenza nella custodia degli schiavi e di aver così permesso la fuga di almeno sei di loro: Chaban di Annaba, Casimo di Biserta, Soliman di Algeri, Jusuf diTripoli, Ali e Amet di Tunisi. Per ciascun episodio di fuga, i tre ufficiali sono costretti a pagare una multa equivalente al valore degli evasi.
Anche Ayade, schiavo della squadra delle galere di Sardegna, fugge il 23 agosto del 1699. Si imbarca con altri due schiavi di don Anton Francesch Genoves nella baia di Cagliari con una piccola barca. A essere accusato di negligenza per aver permesso questa fuga è ancora una volta Mario Balo, trapanese, alguasil della galera Capitana.
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Lingua
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Catalano
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Caratteristiche fisiche del documento
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Cartaceo
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Diritti d'accesso
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Pubblico
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Trascritto da
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Beatrice Schivo
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Autore
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Beatrice Schivo