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Titolo
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Schiavi e attività creditizia
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Data di inizio
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1606
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Soggetto conservatore
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Archivio di Stato di Cagliari
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Data fine
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1615
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Storia
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Le ordinanze comunali della città di Cagliari vietano già dal XIV secolo di prestare e ricevere denaro dagli schiavi. Dispongono il divieto di prestare e ricevere denaro o merci agli schiavi: “Algun no gos rebre negunes coses ne diners de macip o sclau”, con multe per chiunque contravvenga.
La documentazione notarile documenta una realtà diversa, dove i divieti sono poco rispettati. Le carte ci mettono di fronte a una significativa rete di legami creditizi, con schiavi e liberti che ora ricevono e ora concedono prestiti, dimostrando come l’integrazione nel tessuto sociale possa portare a opportunità economiche rilevanti. In tanti si rivolgono a persone locali o a forestieri, spesso mercanti, nobili o ufficiali del Regno di Sardegna.
Amet Bofetil, uno schiavo trentenne proveniente da Annaba, fino al 1610 appartiene alla nobile donna Ysabel Alagon e Requesens, marchesa di Villasor. Ottiene dalla padrona la promessa di un affrancamento posposto. La sua libertà ha un prezzo elevato: trecentotrentacinque lire, una somma che Amet non possiede. La mancanza di denaro non spegne la sua determinazione. Si mette in contatto con Salvator Izzo, un patrone di nave napoletano, e gli chiede un prestito. Izzo accetta di aiutare Amet e gli consegna l'intera somma necessaria per il riscatto. In cambio, Amet promette di restituire il denaro non appena tornerà in Barberia.
Lo stesso Salvator Izzo, l’anno successivo, è ancora una volta creditore nei confronti di una schiava della marchesa Alagon e Requesens. Axa ha ventiquattro anni e viene dall’Algeria, e per diversi anni è stata al servizio di donna Ysabel che, attraverso la taglia, le ha concesso la libertà. Il costo dell’affrancamento ammonta a trecentosessanta lire: per raggiungere il totale, Axa utilizza tutti i risparmi, ma non dispone di abbastanza denaro e deve ricorrere al prestito da parte di Izzo.
Nel 1612, un altro caso simile vede coinvolto Moyse Capsal, schiavo ebreo, il cui riscatto ammonta a ben ottocento lire. Questa volta, è il mercante napoletano Francesco Antonio de Donna, residente a Cagliari, a prestare gran parte della somma. In cambio del denaro ricevuto, Moyse, una volta liberato da Antoni de Tola, accetta di mettersi al servizio di de Donna e di restituire il debito in più rate.
Anasar di Bona nel 1615 è libero dopo anni di schiavitù a servizio della nobile donna Juana Castelvì e Amat. Dopo l’affrancamento sembra che si sia integrato con successo. Nel 1622 si trova ancora a Cagliari in discrete condizioni economiche e sociali. Lo incontriamo, infatti, nel ruolo di creditore: presta “graciosament” duecentoventi lire di moneta cagliaritana al liberto Aly Badari, egiziano di Dumiat (la città costiera di Damietta) prima schiavo di Alexi Picasso, cagliaritano, e poi di Miquel Vidal, di Maiorca, entrambi mercanti. I soldi che Anasar presta servono per il riscatto di Ali Xarif, di Algeri, schiavo del viceré di Sardegna. Ali Badari promette ad Anasar di restituirgli i soldi non appena Ali Xarif sarà giunto a Tunisi, mettendoli di tasca propria in caso di inadempimento da parte di quest’ultimo.
Fatima, originaria di Annaba e schiava del mercante cagliaritano Pere Cau, concorda con lui il proprio affrancamento: in cambio di un riscatto di quattrocentoquaranta lire e tre anni di servizio, otterrà la libertà. Per raccogliere il denaro necessario, Fatima trova il sostegno economico di Amet de Jagarachio, schiavo di Francesch Jagarachio, che le presta duecentocinque lire come acconto per il padrone. Sei mesi dopo, nel febbraio del 1611, Fatima non solo completa il pagamento del riscatto, ma consegna a Cau altre novanta lire, ottenendo così la libertà anticipata con il consenso del padrone.
Nello stesso anno, Fatima Agemamet, schiava bianca di Tripoli, si impegna per ottenere la libertà riscattandosi. Deve pagare cinquecento lire al padrone, don Salvador Carcassona3. Non disponendo di tale somma, riceve l'aiuto di Abdalla Pitxoni, schiavo di Jaume Pitxoni di Cagliari, che le presta l’intera cifra.
Amet di Annaba, schiavo di Francesch Jagarachio, dichiara di aver contratto un debito con Cassim di Annaba, schiavo di donna Juanna Amat e Castelvì. Amet ha ricevuto le settantacinque lire alla presenza del notaio Girolamo Serpi, di Alì e Scandaria, altri due schiavi. Promette di restituire i soldi dovuti entro sei mesi.
Nel 1606 ci imbattiamo in un susseguirsi concatenato di prestiti e crediti. David Jucu, schiavo settantenne di Miquel Calabres, un mercante di Cagliari, grazie al prestito di centoventicinque lire da parte di Salem de Sfachs di Tunisi e Amet di Tripoli paga il proprio riscatto e riesce a rendersi libero. Il denaro che Salem e Amet, due liberti, hanno consegnato a David è stato prestato loro da Bilcasser, uno schiavo originario di Annaba e di proprietà del canonico Montanacho. I due si impegnano a restituire a Bilcasser le centoventicinque lire non appena lui le richiederà. Bilcasser, a sua volta, dichiara che quel denaro appartiene a sua madre, Fatima, schiava di Miquel Roca, la quale glielo ha prestato “graciosament”.
Salem e Amet proseguono la loro attività di credito e prestito, aiutando anche Amet di Annaba, schiavo al servizio del reggente della reale tesoreria don Joan Naharro de Ruecas. Amet versa al padrone trecentocinquanta lire, di cui duecentosettanta gli sono state prestate dai due liberti, mentre le restanti le ha coperte con i propri risparmi. Amet si impegna a restituire la somma con gli interessi una volta giunto in Barberia. Poco dopo, dichiara di aver contratto un ulteriore debito con don Emanuel de Castelvì per ripagare Salem e Amet. Accetta quindi di versare le duecentoventicinque lire a don Emanuel entro tre anni e, fino a saldo avvenuto, rimarrà a servizio della sua casa. Durante questo periodo, don Emanuel lo nutrirà e lo ospiterà e Amet dovrà servirlo in tutto: trasportare l'acqua dalle fontane, pulire i cavalli, portare la sedia del signore e altri servizi normalmente richiesti agli schiavi della città. Successivamente, il solo Salem conclude un'altra operazione economica, acquistando un caramussale dai capitani francesi Spirit Pipin e Honorat Rocafort per duecentosettantacinque lire, somma che gli è stata prestata dal patrone maltese Gusman Marsilia.
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Lingua
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Catalano
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Caratteristiche fisiche del documento
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Cartaceo
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Diritti d'accesso
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Pubblico
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Diritti di riproduzione
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Libero per fini di studio
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Trascritto da
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Beatrice Schivo
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Autore
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Beatrice Schivo