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Titolo
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La società cagliaritana e gli schiavi: i viceré
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Ambiti e contenuto
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Come alter ego del re, il viceré è la figura governativa più importante del Regno (insieme al Procuratore Reale e al Reggente la Reale Cancelleria), soluzione all’assenza del sovrano da ciascun Regno.
I viceré di Sardegna sono grandi possessori di schiavi, agevolati dal privilegio della “joya” che gli consente di ottenere uno schiavo per ogni presa corsara a titolo di donazione.
Abbiamo potuto rinvenire notizie sull’esperienza di possesso di schiavi dei primi tre viceré del diciassettesimo secolo: si tratta di tre nobili provenienti dal Regno di Valencia, tutti di fazione lermista. Il primo è il conte d’Elda don Anton Coloma, la cui moglie è parente prossima del valido di Filippo III; il secondo, il conte del Real don Pedro Sánchez de Calatayud, espressione del partito dominante a corte; il terzo, il duca di Gandía don Carlos Borja, appartiene alla cerchia parentale di Lerma.
Don Anton Coloma possiede captivi tra il 1600 al 1604 e ottiene la maggior parte di essi in occasione dei pubblici incanti, interfacciandosi direttamente con il Procuratore Reale don Nofre Fabra e Deixar, con gli altri ufficiali implicati nella gestione delle vendite, come il Maestro Razionale Francesco de Ravaneda, e con i corsari Andreu de Lorca, maiorchino o valenzano, Andreu Gisbert, Guillelm Prevost e Jean Baptiste Lalgin, francesi. In occasione dei battesimi dei suoi schiavi, sono alcuni tra i più grandi nobili e alti prelati del Regno (spesso anch’essi nobili) a testimoniare in qualità di padrini e madrine. Ad esempio, il battesimo dello schiavo Francesch viene officiato dal vescovo di Ales, don Antoni Zureddu e il padrino è don Christofol Centelles, prima conte e poi marchese di Quirra, mentre la madrina è donna Anna di Castelvì, contessa di Laconi. In altri casi troviamo personaggi come don Juan Coloma, (parente non meglio specificato del viceré), e donna Maria de Aragall, moglie del governatore del capo di Cagliari e Gallura, don Jaume de Aragall. Compaiono anche nomi non appartenenti alla nobiltà e sui quali né la documentazione archivistica, né quella bibliografica consentono di dare maggiori informazioni, come Vincent Amador e Anna Latzara.
Gli schiavi del conte del Real don Calatayud, viceré e armatore, vengono battezzati e cresimati da padrini e madrine come Juan dela Matta, capitano delle torri, e sua moglie Maria Matta e Perser, dal dottor reverendo Matheo Ornano e il canonico della Cattedrale di Cagliari Joan Sini. Alcuni personaggi, come tre esponenti della famiglia Amelda, rimangono indefiniti e non collocabili in un preciso contesto sociale. Di alcuni dei captivi del viceré abbiamo potuto seguire alcuni momenti di vita. Luis, battezzato nel 1605, viene portato a Valencia nel 1607 dalla moglie del viceré, donna Marina Calatayud e Bou, sulla nave di un patrone francese di nome Urban de Quill per essere regalato o venduto; Hagemusa viene affrancato nel 1606 e affidato a Salem Desfachs, comprador del marchese di Quirra, per essere condotto a Biserta dove deve reperire il denaro del proprio riscatto e di quelli di altri schiavi. A rendere possibile il contatto e la collaborazione tra il viceré e Salem potrebbe essere il legame di amicizia, parentela e affari esistente tra Calatayud e il marchese di Quirra.
Per quanto riguarda il duca di Gandìa, infine, abbiamo rilevato il possesso di almeno cinque schiavi in sei anni. Per mezzo di Miquel Velasquez, suo segretario personale e procuratore nello stamento militare, acquista una schiava da don Salvador Castelvì, esponente della grande famiglia dei visconti di Sanluri e marchesi di Laconi. Gli altri legami basati sul possesso di captivi sembrano coinvolgere persone non nobili: Rusina Lopez, Pau Clua, maggiordomo del viceré, e Anna Cerisa, i quali svolgono i ruoli di padrino e madrine nei battesimi.
Anche nella seconda metà del secolo, fra il 1670 e il 1684, continuiamo a trovare i viceré tra i padroni di schiavi. Dodici dei venti schiavi che in quegli anni entrano malati nell’ospedale di Sant’Antonio di Cagliari appartengono ai viceré: tre appartengono a don Francisco de Tutavila e del Rufo, duca di San Germano, e sette a don Fernando Joaquín Fajardo de Zúñiga Requesens, VI marchese di Los Vélez.
I viceré, dunque, nelle interazioni derivanti dal possesso di schiavi, sembrano privilegiare altri grandi nobili e alti prelati. Questi interlocutori sono spesso presenti in Parlamento e implicati nella vita politica sarda. Le relazioni includono anche le loro consorti, i figli, i fratelli e altri componenti delle loro famiglie, suggerendo la presenza di canali preferenziali di comunicazione e stretti rapporti interpersonali.
Sono frequenti i rapporti diretti con chi gestisce le vendite all'asta dei bottini umani, come Procuratori Reali, Maestri Razionali e corsari, anche grazie al diritto "di prelazione" di cui godono i rappresentanti del re.
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Caratteristiche materiali e requisiti tecnici
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Cartaceo
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Lingua
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Catalano; italiano
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Condizioni che regolano l'accesso
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Pubblico
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Condizioni che regolano la riproduzione
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Soggetto conservatore
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archivio
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Autore trascrizione
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Beatrice Schivo
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Autore della scheda
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Beatrice Schivo