La Madonna delle migrazioni

di Lorenzo Galvagno 

L’arrivo del culto della Santissima Vergine d’Itria a Cagliari ha una storia avvolta dalla leggenda. La vicenda narra dell’approdo di venti schiavi cristiani liberati che naufragarono nel porto di Cagliari dove vennero salvati e dove decisero di rimanere dedicandosi all’adorazione della Madonna d’Itria. L’origine del termine “Itria” è invece più chiaro: abbreviazione del greco “Odeghetria” ovvero “Colei che fa da guida” o “Madonna che indica la via” quindi  traducibile come “Maria guida dei viandanti”. 
La devozione verso la Vergine d’Itria nacque a Costantinopoli e si diffuse in Europa grazie all’attività missionaria dei monaci basiliani (Masala, 2013). Gli ordini religiosi e varie arciconfraternite si sono da sempre occupati di attività di natura assistenziale nei confronti delle fasce più bisognose della popolazione. È quindi ragionevole pensare di evidenziare in questa vicenda un possibile “fil rouge” tematico nel fenomeno migratorio. I fedeli cristiani hanno d’altronde una travagliata storia di violenze subite e migrazioni forzate volte a sfuggire alle persecuzioni. Viene allora naturale chiedersi come sia possibile oggi descrivere la natura del rapporto fra l’Arciconfraternita che si è consacrata alla rappresentazione della Madonna “guida dei viandanti” e il complesso e multiforme tema della migrazione delle masse umane nel contesto contemporaneo.

Nella chiesa di Sant’Antonio Abate, casa dell’Arciconfraternita d’Itria, come possiamo vedere nel dipinto riprodotto qui accanto, si possono osservare due caloieri (portatori) che sorreggono una cassa sulla quale è raffigurata la vergine “Odeghétria” che porta in grembo Cristo. Nella sezione sottostante si vedono i membri dell’arciconfraternita incappucciati di bianco (Masala, 2013) con sullo sfondo una veduta marittima dall’identificazione incerta.

Le attività dell’arciconfraternita a favore delle fasce più povere, secondo la testimonianza del signor Giovanni Melis (Priore dell'Arciconfraternita d’Itria) hanno da sempre riguardato la carità. Per esempio: la distribuzione di generi alimentari a famiglie povere tra le quali molte migranti (anche in forma autonoma dalla Caritas); e la concessione da parte dell’arciconfraternita di case in affitto a prezzi agevolati a poveri, migranti e comunità rom. Alcune di queste persone provengono infatti dall’India, Bangladesh, Mali, Nigeria e Senegal.
L’aspetto multiculturale è presente anche oggi nei culti che si svolgono all’interno della chiesa di Sant’Antonio Abate a Cagliari. Come affermato dal confratello Giorgio Camba, infatti, fedeli di rito ortodosso (per esempio di nazionalità rumena) hanno avuto l’occasione di svolgere le loro funzioni religiose nella chiesa. Fedeli ortodossi (greci) sono anche venuti a venerare il teschio di sant’Antonio Abate presente nella chiesa.

Tracce della loro attività caritatevole sono presenti inoltre in diversi documenti storici. Per esempio nell’archivio dell’Arciconfraternita d’Itria è possibile consultare un documento (il cui frontespizio è qui accanto riprodotto) datato al 1836 riguardante il nobile Giambattista Viale il quale donò i proventi del reddito annuo di quattro case (circa 193 scudi sardi) all’Arciconfraternita in modo che fossero destinati a sostenere famiglie povere.

L’Arciconfraternita è presente varie volte durante le feste religiose della città di Cagliari (come in occasione delle celebrazioni di Sant’Eulalia) ed è possibile vederli vestiti con gli abiti tradizionali (la mantellina blu e la tunica bianca). La foto qui accanto è stata scattata nel 2016 in occasione del Giubileo straordinario della confraternita, in processione fino alla Basilica di Bonaria.

I più devoti o i più curiosi, possono consultare un libello autoprodotto (il cui frontespizio è riprodotto qui accanto) dalla stessa Arciconfraternita d'Itria che contiene una breve panoramica delle congregazioni cagliaritane, della storia dell'Arciconfraternita e di alcune personalità vicine ad essa.

Il tema della migrazione, infine, è stato sempre presente come elemento carsico nella storia della fede cristiana. Sia nel caso di persecuzioni che spingevano i fedeli forzatamente a fuggire, che nel caso delle missioni di evangelizzazione da parte dei missionari. Dalla leggenda iniziale degli schiavi cristiani, liberati dalle loro catene, approdati a Cagliari in fuga dal dolore e dalla miseria, possiamo arrivare fino alle nuove forme di “schiavitù” dell’età contemporanea nelle quali si ritrovano oggi le comunità migranti, spesso sfruttate da persone che si approfittano delle loro situazioni di bisogno. 
La vergine d’Itria, per devoti e non, rimane un simbolo di amore nel quale tante persone, con i loro diversi vissuti, riescono ancora oggi ad identificarsi, sia cittadini italiani sia esponenti delle comunità straniere immigrate in questa città.
 

Bibliografia

Masala, Cesare. 2013. L’arciconfraternita della Santissima Vergine d’Itria in Cagliari: profilo storico 1607-1700. Grafiche Ghiani.

Precedente Seguente