Il Monumento all'Esercito Sovietico di Sofia è il simbolo della proteste in Bulgaria

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Titolo

Il Monumento all'Esercito Sovietico di Sofia è il simbolo della proteste in Bulgaria

Data

June 30, 2020

Autore

Annalisa Lo Monaco

Descrizione

Articolo di approfondimento sulle contestazioni del Monumento all'Armata Rossa - "Vanilla Magazine, rivista on line di attualità, cultura, leggende e popoli della storia

Titolo del periodico

Vanilla Magazine

Sede

Italia

Pagina/e

Trascrizione

La storia è materia controversa e da sempre soggetta alle interpretazioni più disparate, come contrastanti sono le opinioni sui protagonisti della storia stessa. Chi oggi distrugge statue di personaggi più o meno famosi, rileggendo il passato con sensibilità moderna, non si sta inventando niente di nuovo: quando i Romani decretavano la damnatio memoriae per uomini ritenuti indegni (a torto o a ragione), distruggevano non solo le loro statue, ma ogni altra raffigurazione (persino sulle monete) e tutti i riferimenti al loro nome.
Questa volontà di cancellare i personaggi scomodi non si è più fermata: ne sono un esempio Papa Formoso, vittima del Sinodo del Cadavere, e Marino Faliero, Doge di Venezia. E così di seguito per tutto l’arco della storia umana.
C’è invece chi deturpa e vandalizza monumenti pubblici non per un mero intento distruttivo, ma come forma di protesta verso ciò che quel monumento rappresenta.
Alcuni casi eclatanti di questa forma di dissenso hanno animato per qualche anno la città di Sofia, in Bulgaria, tanto da provocare accesi dibattiti e addirittura una nota di protesta ufficiale da parte del Ministero degli Esteri russo.
Monumento all'esercito sovietico. Perché quel monumento più volte fatto oggetto di fantasiose reinterpretazioni, è un omaggio all’esercito sovietico che l’8 settembre del 1944 liberò dal governo filo-nazista la Bulgaria, che poi nel dopoguerra diventerà uno dei paesi satelliti dell’URSS.
Nel 1954, decimo anniversario della liberazione, viene eretto il Monumento all’Esercito Sovietico, proprio nel centro della capitale, a due passi dall’università e nel bel mezzo di un parco che è luogo di ritrovo della gioventù di Sofia.
In cima a un massiccio piedistallo ci sono le statue di un soldato sovietico, di un uomo bulgaro e di una donna con un bambino in braccio. Ai piedi ci sono altre composizioni scultoree a ricordo della liberazione, ma solo una di queste è stata più volte reinterpretata da dissidenti politici.
Succede per la prima volta il 17 giugno 2011: Sofia si risveglia con un monumento decisamente pop. Durante la notte alcuni artisti anonimi hanno cambiato i connotati dei soldati sovietici trasformandoli in supereroi americani come Superman, Capitan America, Wolverine e Wonder Woman. Non mancano Babbo Natale, Joker e The Mask.
A descrizione del tutto una scritta: “Al passo coi tempi”. Non passa inosservata quell’opera dissacrante: ne parla tutta la stampa nazionale ed estera, gli autori vengono definiti i Banksy di Bulgaria. In realtà si tratta di un gruppo, ovviamente anonimo, dal programmatico nome Creazione distruttiva, che con quell’opera vuole mettere in mostra i contrasti interni alla società bulgara, divisa tra il suo passato filo-sovietico e la sua progressiva contaminazione con valori tipicamente occidentali.
Ci vogliono tre giorni per ripulire il monumento, con il Ministro della Cultura che tuona (ovviamente) contro l’atto vandalico, e le diverse parti politiche che litigano sull’ipotesi di rimuoverlo.
Meno di un anno dopo, il 10 febbraio 2012, qualcuno disegna sui volti dei soldati la maschera di Guy Fawkes, simbolo del movimento di protesta Anonymous e poi di altri, come gli Indignados spagnoli. Nel caso particolare, gli autori vogliono esprimere il loro dissenso nei confronti del trattato ACTA, sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
Sempre nel 2012, gli elmetti dei soldati sovietici vengono trasformati nei tipici passamontagna indossati dalle attiviste russe di Pussy Riot, come forma di protesta per l’arresto di tre membri del gruppo.
Il 1° febbraio 2013, nel giorno della commemorazione delle vittime del comunismo, tre delle figure del bassorilievo vengono dipinte con i colori della bandiera bulgara, bianco rosso e verde. In questo caso non serve nessuna interpretazione.
Il municipio di Sofia non fa in tempo a ripulire il monumento, che già il 21 agosto qualcuno pittura di rosa tutti quei soldati ormai simbolo della repressione sovietica.
Ricorre in quel giorno l’anniversario dell’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’URSS, con la partecipazione di forze armate bulgare, polacche e ungheresi, che misero fine alla Primavera di Praga.
Gli autori dell’atto di protesta scrivono, sia in lingua bulgara sia ceca "La Bulgaria si scusa". Questa volta la Russia un po’ se la prende, fa richiesta ufficiale perché gli autori siano puniti e soprattutto invita il governo bulgaro a prendere misure per evitare ulteriori profanazioni. Da Sofia rispondono che non è il caso di agitarsi tanto, e che comunque le istituzioni hanno preso dei provvedimenti immediati.
Peccato che sei mesi dopo succede di nuovo: il 23 febbraio 2014 la figura centrale della composizione viene dipinta con i colori della bandiera ucraina e sotto compare la scritta “Gloria all’Ucraina”, oltre a qualche frase offensiva nei riguardi del premier sovietico Putin.
Mosca questa volta è indignata: quei vandali sostengono la rivolta ucraina appena scoppiata. Il Ministro degli Esteri scrive: “Con una sensazione di profondo risentimento in Russia è stata accolta la notizia dell’ennesimo caso di vandalismo diretto contro il monumento dell’esercito sovietico nel centro della capitale della Bulgaria (…)” e chiede con forza di “condurre un’indagine approfondita su questo incidente di teppismo e di accusare i colpevoli di tale condotta illecita e anche di adottare le misure appropriate per riportare il memoriale al suo stato normale”.
Una settimana dopo, sotto al monumento compare la scritta “Giù le mani dall’Ucraina”, mentre viene cancellata la dedica ufficiale “per l’esercito sovietico liberatore dal riconoscente popolo bulgaro”.
Ma non finisce qui, il 12 aprile, in un’altra composizione del memoriale, due statue vengono dipinte con i colori delle bandiere di Polonia e Ucraina, con sotto un graffito a ricordo del Massacro di Katyn, perpetrato dall’Unione Sovietica nel 1940.
Negli ultimi sei anni il monumento non si è più trasformato nella tela colorata del dissenso e della protesta degli abitanti di Sofia, mentre la politica si divide ancora sul da farsi:
Lasciare lì quel memoriale o abbatterlo?
La decisione, forse, è rimandata alla prossima interpretazione pop di quel monumento che, a quanto pare, ricorda molte altre cose oltre alla riconoscenza del popolo bulgaro nei confronti dei liberatori russi.


Tipo

Periodico on-line, sezione Attualità

Lingua

Italiano

Autore della scheda

Cinzia Melis

Data di creazione

29/06/2021

Editore

LU.Di.Ca

Collezione

Vanilla Magazine

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