Porto di Cagliari
Contenuto
Titolo
Porto di Cagliari
tipologia
porto
Autore dell'opera
Jessica Deiana
Lingua
italiano
Riferimenti bibliografici
- B. Anatra, A. Mattone, R. Turtas, L’età moderna dagli aragonesi alla fine del dominio spagnolo”, Volume III a cura di Massimo Guidetti in Storia dei sardi e della Sardegna;
- Monografia storica dei porti dell’antichità nell’Italia insulare”, Ministero della Marina 1906;
- A. Mori, B. Spano, I porti della Sardegna, Vol. VI di Memorie di geografia economica, Napoli 1952.
- Monografia storica dei porti dell’antichità nell’Italia insulare”, Ministero della Marina 1906;
- A. Mori, B. Spano, I porti della Sardegna, Vol. VI di Memorie di geografia economica, Napoli 1952.
Sitografia
descrizione contesto storico istituzionale
Ancor prima di Cagliari fu Nora, colonia fenicia dell’8° secolo a.C., a diventare punto di appoggio per le rotte verso le colonie iberiche per il trasporto di metalli pregiati e nella rotta che faceva capo a Marsiglia.
Cagliari sarebbe stata fondata in antichità dai Greci o dai Fenici, e da questi ultimi deriverebbe la denominazione attuale, da Karales (Kar, città, e El, Dio); si interessarono a Cagliari come punto d’approdo sicuro, per sfruttare le terre fertili adatte all’agricoltura e alla pastorizia, iniziando quindi fin dalle origini a guadagnare una certa importanza commerciale.
Poi in epoca cartaginese si iniziò a costruire fortificazioni e le prime mura per proteggere il porto dai nemici; con l’introduzione della cerealicoltura nel Campidano il traffico del porto venne ampliato e acquisì la nuova funzione di porto granario; grazie agli stagni vicini veniva già commerciato il sale, utensili e manufatti, marmi e minerali provenienti dalle zone centrali.
Durante le guerre puniche divenne base militare per gli attacchi cartaginesi contro Roma; tra la 1° e la 2° guerra l’isola divenne romana e il porto di Cagliari base logistica per le legioni di presidio romano e punto d’imbarco per le merci dirette nella penisola.
Il porto ospitò la flotta di Pompeo nel 67 a.C. per contrastare le incursioni dei pirati della Cilicia.
La vita commerciale si svolgeva soprattutto nella zona dello Stagno di S.Gilla, detto Porto Scipione, in cui sono stati trovati resti di case e tombe di mercanti, in seguito abbandonato per il progressivo interrimento della laguna.
Quando i Romani arrivarono sull’isola il porto aveva la posizione centrale che ha oggi e nella zona centrale della città sorgeva il quartiere dei marinai e dei commercianti, cinto da una muraglia, sobborgo medievale della marina o di Gliapola.
Vennero apportati miglioramenti ai moli e alle banchine per l’ancoraggio e l’approdo, senza mai stravolgere l’aspetto del porto, preferendo sfruttare la naturale conformazione dei luoghi. In riva al mare sorsero però importanti monumenti come la passeggiata coperta arricchita da un colonnato, i bagni pubblici, le fontane, le colonne, le statue e l’anfiteatro.
Durante il periodo pacifico che seguì erano diverse le rotte commerciali (verso destinazioni come Miseno, Pozzuoli, Ostia); il porto divenne approdo delle navi ostiane e pisane che salpavano per la Spagna e l’Africa, delle navi marsigliesi dirette a sud ed era collegato direttamente con l’Africa settentrionale.
Seguì un periodo movimentato a causa delle invasioni di Barbari, Vandali e Saraceni che distrussero molto del periodo precedente. Grazie alle Repubbliche marinare venne ripristinata la sicurezza sui mari e ripresi i traffici, in particolare Pisa e Genova furono artefici del risveglio commerciale e della ricostruzione.
Tra 11° e 12° secolo il porto, noto come Lapola dal nome medioevale del quartiere della Marina, era frequentato da navi pisane, genovesi, provenzali e catalane.
I pisani si imposero pian piano nel porto cagliaritano, abbandonarono l’antico porto romano ormai danneggiato e ne ricostruirono uno nuovo, ad est rispetto al precedente, servendosi delle palizzate - resistenti a forti venti e intemperie - posizionato sotto il colle di Bonaria e molto più ampio; a ovest del porto vi erano i magazzini coperti che conservavano la merce destinata alla città o quella più difficile da smerciare.
Agli inizi del 12° secolo risale la donazione della Chiesa di S.Maria in Portus Salis del giudice Costantino al Monastero di S. Vittore di Marsiglia, porto quindi dedicato al sale, il cosiddetto porto di Bagnaria ai piedi del Colle di Bonaria. Nello stesso periodo venne concessa ai pisani franchigia dai dazi e la libertà di imbarcare le quantità di sale che volevano: evidente segnale che i giudici apprezzavano le abilità marinare di questo popolo, che con la loro superiorità commerciale contribuiva a vivacizzare anche la vita economica dell’isola.
Interessante constatare che il porto ebbe statuti autonomi e stato giuridico quasi indipendente, ordinamenti che ne regolavano il funzionamento come testimonia il Breve Portus Kalaretani del 13° secolo. La giurisdizione del porto era costituita per ordine gerarchico da due consoli dei mercanti, un giudice del porto, 12 consiglieri, un notaio, un camerlengo, un messo e un pesatore. Si stabilirono delle imposte e le multe per chi non rispettava le regole e le condanne per chi si fosse sottratto alla legge.
Periodo florido quello pisano, in cui il porto collegava la Repubblica coi mercati dell’Italia meridionale, della Sicilia e del nord Africa; si fermavano anche navi provenienti da Levante, dirette in Francia e Spagna. Tra le merci più scambiate vi era il sale, la lana grezza, pellami, cuoi, tonno salato e piombo; si importavano panni di lana e manufatti. Il commercio del sale attirò la presenza marsigliese e veneziana.
Le continue guerre contro i genovesi portarono i pisani ad abbandonare il Castello di Castro nel 1326 lasciandolo agli Aragonesi.
Nonostante furono diversi gli interventi e le migliorie attuate al porto, diminuì lo splendore del periodo pisano e la vivacità del commercio.
Il traffico principale venne deviato verso la penisola iberica a favore di commercianti catalani e maiorchini che godevano di maggiori esenzioni rispetto ad altre marine.
Nel 1332 si ampliò il bacino con la costruzione della Darsena; si costruì il Moletto della Sanità, punto centrale del porto.
I provvedimenti che proibirono il traffico negli scali minori portò a una grave decadenza, salvando solo pochi porti tra cui quello di Cagliari, centro di esportazione del grano e del frumento.
Re Pietro IV nel 1360 proibì ai feudatari di caricare o scaricare merci nelle spiagge, in quanto solo il porto di Cagliari poteva gestire il commercio e la pena era la perdita dei feudi. Nel 1481 poi si stabilì che le imposte della città fossero destinate alle riparazioni dei porti.
Durante la dominazione spagnola Cagliari divenne la finestra principale verso l’esterno, un’apertura che non poteva fare a meno dell’entroterra agricolo: in base infatti all’andamento dei raccolti spesso si registrava una contrazione dei traffici, per esempio nella seconda metà del Seicento, a causa di ricorrenti carestie; mentre alla fine del ‘500 vi è stato un maggior movimento commerciale che ha visto il passaggio di tante navi spagnole, napoletane, genovesi, veneziane, fiamminghe e tedesche, marsigliesi e provenzali.
Nel 16° secolo la Darsena era circondata da una palizzata in legno che racchiudeva il piccolo molo; ancora è presente la cinta muraria medievale dalla cui apertura si accede al quartiere della Marina e ai magazzini portuali. La Darsena fu ristrutturata a metà del ‘600 per renderla più profonda e furono costruiti l’arsenale e un piccolo fortino per difendere il molo.
La Darsena risultava però ancora inagibile per i grandi vascelli e i velieri, che a fine ‘600 gettavano l’ancora fuori dal porto, mentre i due moli riuscivano ad accogliere mezzi per il piccolo cabotaggio, galere e navi un po più grosse. Le funzioni di carico e scarico delle merci erano svolte dal gremio di S.Elmo.
L’amministrazione del Porto di Cagliari dipendeva dal Consiglio del regio patrimonio del governo viceregio e dall’ufficio del procuratore reale.
Le spese per la manutenzione delle strutture portuali e per i salari degli addetti erano ripartite per ⅔ a carico del municipio e ⅓ a carico dell’amministrazione reale (il regio patrimonio).
Nel 1720 la Sardegna era in mano ai Savoia e Cagliari riprese pian piano la sua importanza.
A quel tempo, come mostra una planimetria della città, conservata nell’Archivio storico di Torino, il porto era costituito da due bacini: uno della Darsena, l’altro più ampio si estendeva dalle due parti del molo centrale. Il baluardo di S.Elmo garantiva la difesa del porto con postazioni di artiglieria, ma le cui pareti ostacolavano spesso le operazioni portuali e nel 1860 vennero smantellate le mura.
Le merci più interessate dagli scambi rimasero il sale (acquistato da Svezia, Inghilterra, Olanda e Piemonte) e il grano, ma la Sicilia operava una forte concorrenza. Le esportazioni di prodotti agricoli però si interruppero nei primi decenni dell’800 a causa dell’esiguità dei raccolti, per le gravi carestie e le epidemie. Continuavano anche le scorrerie dei barbareschi di Tunisi, dei corsari francesi. Negli anni 20 dell’800 le condizioni economiche iniziarono a migliorare, l’agricoltura si riprese e nei mari tornarono i traffici grazie al trattato tra inglesi e Tunisi che mise fine alla pirateria.
Nel porto di Cagliari si esportava grano e vini, ma anche formaggio, tonno, pelli, carni e sale.
Nel 1830 si sviluppò nuovamente l’industria mineraria dell’Iglesiente, fiorente dalla seconda metà del secolo grazie alla nuova legislazione, portando così a incrementare le esportazioni.
Secondo il Valery, il valore delle merci importate ed esportate che passavano per il porto di Cagliari arrivava a 7 milioni di lire annue, incidendo del 46% del valore complessivo dei commerci marittimi sardi; relazioni si avevano principalmente con Genova, Marsiglia, Livorno, Napoli, Malta; tale traffico aumenterà considerevolmente grazie all’introduzione della ferrovia nel 1861.
In questi anni con l’adozione di una politica liberistica aumentarono gli scambi e la produzione, grazie anche all’unione doganale con gli altri Stati del continente: in quanto parte più ricca e popolata dell’isola, il porto di Cagliari assorbiva il maggior traffico commerciale.
Fino a fine ‘800 i traffici, pur mantenendo un andamento positivo, furono soggetti ad oscillazioni connesse alle vicende dei rapporti internazionali; le esportazioni del sale e dei prodotti agricolo-pastorali, ma anche dei minerali, continuarono ad avere la meglio, mentre l’importazione di prodotti di consumo indicavano una lenta evoluzione per via della mancanza di industrie locali nella regione.
Le prime opere del porto moderno risalgono a un’epoca recente, solo nel 1890 fu concluso il Molo di Levante; fu poi trasformato il moletto centrale nel Pontile della Sanità; fu prolungato il lungomare Roma a 80 metri a nord-ovest del pontile da sbarco.
Nel corso del ‘900 perse le mura che lo separavano dalla via San Francesco da Paola (attuale via Roma); perse il Palazzo di Sanità, nel molo omonimo, dove si controllavano gli animali e le merci in arrivo per evitare la diffusione di epidemie.
Nei primi anni del ‘900 venne costruito il Molo di Ponente e delle banchine di S.Agostino.
I due nuovi moli comprendevano 343 mila mq d’acqua con fondali profondi 8,5 metri e dotati di banchine con gru, collegate alle Ferrovie statali e con le tramvie del Campidano.
Le merci in sosta venivano tenute nei Magazzini Generali, vicino alla Darsena.
Il porto risultava ancora troppo esposto al libeccio, costringendo a volte le navi ad ancorarsi a una certa distanza dalle banchine. Solo dopo la guerra iniziarono i lavori di miglioramento, con il prolungamento del Molo di Levante e l’avanzamento delle banchine di S.Agostino. Venne poi completato il prosciugamento dell’acquitrino ai piedi del colle di Bonaria, sostituito da un ampio tratto piatto, Su Siccu, protetto verso il mare da una diga munita di scogliera artificiale. Fu poi costruito il nuovo Molo di Levante.
Alla fine degli anni 30 del ‘900 si concluse la costruzione anche del Molo di Ponente e fu trasformato quello vecchio in Molo Sabaudo. Le capacità di immagazzinamento furono ampliate con l’apertura di un capannone ad uso della Camera di Commercio.
Le funzioni erano diversificate: la Darsena faceva da base alle navi da pesca; nel Molo di Levante e nel Molo della Dogana approdavano i piroscafi di linea; nel Pontile Sabaudo si caricava il sale; il resto delle banchine era destinato al traffico mercantile ordinario.
I bombardamenti della Seconda Guerra mondiale provocarono molti danni all’attrezzatura portuale, danneggiando ¾ delle banchine e rendendo impraticabile il porto.
All’inizio degli anni 50 del ‘900 terminarono le ricostruzioni: il Molo Capitaneria, noto come Pontile del Bestiame, con varie banchine e profondità fino a 7,5 m; il Pontile della Dogana con fondali fino a 9 m di profondità; la banchina di Via Roma con fondali profondi quasi 10 metri; il Pontile della Sanità profondo 9 m; la Calata Azuni; la banchina S.Agostino; il Molo Sabaudo abbordabile da due lati, in cui vennero aggiunti gli impianti per il pompaggio e il deposito dei carburanti.
Una seconda categoria di lavori ha riguardato le calate della Darsena. Una terza categoria ha riguardato più di tremila metri di sponde nel Vecchio Molo di Levante, nel Nuovo Molo di Ponente, nel Nuovo Molo di Levante e nel Pennello del sale.
Uno sviluppo quindi di 2832 m che però, con lo sviluppo del Dopoguerra, non è bastato a far fronte alle esigenze del porto: l’aumento dei commerci, l’evoluzione industriale e dell’agricoltura richiese ulteriori ampliamenti già pianificati negli anni 30 del ‘900.
Sono state avviate altre attività che ne hanno fatto un terminal moderno multifunzionale.
Il porto industriale di Cagliari, detto comunemente porto canale di Cagliari, è un'infrastruttura costruita negli anni ottanta del Novecento, nell'area dell'antico quartiere dei pescatori Giorgino, a ovest della Laguna di Santa Gilla, realizzata per lo smistamento e il trasporto delle merci in container destinate al traffico con Marsiglia, Genova, Napoli, Barcellona e altre città del Mediterraneo.
Nel 1994 venne istituita l'Autorità Portuale di Cagliari ai sensi dell’art. 6 della Legge di Riordino in materia portuale n° 84 del 28 gennaio.
Tale legge si pose come obiettivo la separazione nei principali porti, considerati quali mercati geograficamente rilevanti, tra l’attività di regolazione e programmazione, da affidare ad un’Autorità indipendente, e le operazioni portuali e le attività economiche esercitate nei porti, da affidare a operatori economici privati.
I compiti che svolgeva erano:
- indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza anche in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tale attività;
- manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali;
- affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale.
Oggi Il porto di Cagliari rappresenta uno dei poli per l’attività di transhipment del Mediterraneo occidentale.
È suddiviso in due aree: il porto storico, che si sviluppa su 5.800 metri di banchina e ha una vocazione per traffico commerciale, Ro-Ro, navi passeggeri e crocieristico (con un terminal dedicato), e il porto canale, che si estende per oltre 1.600 metri e offre cinque accosti per traffico transhipment e Ro-Ro.
Nella stessa area, in località Sarroch – Porto Foxi, sono presenti gli accosti petrolchimici – petroliferi con attracchi per diciassette navi, a servizio di una delle più importanti raffinerie nazionali.
L’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna fu istituita ai sensi del D.Lgs 169/2016, che ha disposto il riordino delle esistenti Autorità Portuali a livello nazionale, con la creazione di nuovi Enti, 16 in tutto, ai quali venne affidato un ruolo strategico di indirizzo, programmazione e coordinamento dei porti di competenza.
Nella AdSP sarda sono confluite le ex Port Authorities di Cagliari e di Olbia – Golfo Aranci.
Sono 8 i porti amministrati dal nuovo Ente: Cagliari, Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres, Oristano, Santa Teresa, Portovesme e Arbatax.
Cagliari sarebbe stata fondata in antichità dai Greci o dai Fenici, e da questi ultimi deriverebbe la denominazione attuale, da Karales (Kar, città, e El, Dio); si interessarono a Cagliari come punto d’approdo sicuro, per sfruttare le terre fertili adatte all’agricoltura e alla pastorizia, iniziando quindi fin dalle origini a guadagnare una certa importanza commerciale.
Poi in epoca cartaginese si iniziò a costruire fortificazioni e le prime mura per proteggere il porto dai nemici; con l’introduzione della cerealicoltura nel Campidano il traffico del porto venne ampliato e acquisì la nuova funzione di porto granario; grazie agli stagni vicini veniva già commerciato il sale, utensili e manufatti, marmi e minerali provenienti dalle zone centrali.
Durante le guerre puniche divenne base militare per gli attacchi cartaginesi contro Roma; tra la 1° e la 2° guerra l’isola divenne romana e il porto di Cagliari base logistica per le legioni di presidio romano e punto d’imbarco per le merci dirette nella penisola.
Il porto ospitò la flotta di Pompeo nel 67 a.C. per contrastare le incursioni dei pirati della Cilicia.
La vita commerciale si svolgeva soprattutto nella zona dello Stagno di S.Gilla, detto Porto Scipione, in cui sono stati trovati resti di case e tombe di mercanti, in seguito abbandonato per il progressivo interrimento della laguna.
Quando i Romani arrivarono sull’isola il porto aveva la posizione centrale che ha oggi e nella zona centrale della città sorgeva il quartiere dei marinai e dei commercianti, cinto da una muraglia, sobborgo medievale della marina o di Gliapola.
Vennero apportati miglioramenti ai moli e alle banchine per l’ancoraggio e l’approdo, senza mai stravolgere l’aspetto del porto, preferendo sfruttare la naturale conformazione dei luoghi. In riva al mare sorsero però importanti monumenti come la passeggiata coperta arricchita da un colonnato, i bagni pubblici, le fontane, le colonne, le statue e l’anfiteatro.
Durante il periodo pacifico che seguì erano diverse le rotte commerciali (verso destinazioni come Miseno, Pozzuoli, Ostia); il porto divenne approdo delle navi ostiane e pisane che salpavano per la Spagna e l’Africa, delle navi marsigliesi dirette a sud ed era collegato direttamente con l’Africa settentrionale.
Seguì un periodo movimentato a causa delle invasioni di Barbari, Vandali e Saraceni che distrussero molto del periodo precedente. Grazie alle Repubbliche marinare venne ripristinata la sicurezza sui mari e ripresi i traffici, in particolare Pisa e Genova furono artefici del risveglio commerciale e della ricostruzione.
Tra 11° e 12° secolo il porto, noto come Lapola dal nome medioevale del quartiere della Marina, era frequentato da navi pisane, genovesi, provenzali e catalane.
I pisani si imposero pian piano nel porto cagliaritano, abbandonarono l’antico porto romano ormai danneggiato e ne ricostruirono uno nuovo, ad est rispetto al precedente, servendosi delle palizzate - resistenti a forti venti e intemperie - posizionato sotto il colle di Bonaria e molto più ampio; a ovest del porto vi erano i magazzini coperti che conservavano la merce destinata alla città o quella più difficile da smerciare.
Agli inizi del 12° secolo risale la donazione della Chiesa di S.Maria in Portus Salis del giudice Costantino al Monastero di S. Vittore di Marsiglia, porto quindi dedicato al sale, il cosiddetto porto di Bagnaria ai piedi del Colle di Bonaria. Nello stesso periodo venne concessa ai pisani franchigia dai dazi e la libertà di imbarcare le quantità di sale che volevano: evidente segnale che i giudici apprezzavano le abilità marinare di questo popolo, che con la loro superiorità commerciale contribuiva a vivacizzare anche la vita economica dell’isola.
Interessante constatare che il porto ebbe statuti autonomi e stato giuridico quasi indipendente, ordinamenti che ne regolavano il funzionamento come testimonia il Breve Portus Kalaretani del 13° secolo. La giurisdizione del porto era costituita per ordine gerarchico da due consoli dei mercanti, un giudice del porto, 12 consiglieri, un notaio, un camerlengo, un messo e un pesatore. Si stabilirono delle imposte e le multe per chi non rispettava le regole e le condanne per chi si fosse sottratto alla legge.
Periodo florido quello pisano, in cui il porto collegava la Repubblica coi mercati dell’Italia meridionale, della Sicilia e del nord Africa; si fermavano anche navi provenienti da Levante, dirette in Francia e Spagna. Tra le merci più scambiate vi era il sale, la lana grezza, pellami, cuoi, tonno salato e piombo; si importavano panni di lana e manufatti. Il commercio del sale attirò la presenza marsigliese e veneziana.
Le continue guerre contro i genovesi portarono i pisani ad abbandonare il Castello di Castro nel 1326 lasciandolo agli Aragonesi.
Nonostante furono diversi gli interventi e le migliorie attuate al porto, diminuì lo splendore del periodo pisano e la vivacità del commercio.
Il traffico principale venne deviato verso la penisola iberica a favore di commercianti catalani e maiorchini che godevano di maggiori esenzioni rispetto ad altre marine.
Nel 1332 si ampliò il bacino con la costruzione della Darsena; si costruì il Moletto della Sanità, punto centrale del porto.
I provvedimenti che proibirono il traffico negli scali minori portò a una grave decadenza, salvando solo pochi porti tra cui quello di Cagliari, centro di esportazione del grano e del frumento.
Re Pietro IV nel 1360 proibì ai feudatari di caricare o scaricare merci nelle spiagge, in quanto solo il porto di Cagliari poteva gestire il commercio e la pena era la perdita dei feudi. Nel 1481 poi si stabilì che le imposte della città fossero destinate alle riparazioni dei porti.
Durante la dominazione spagnola Cagliari divenne la finestra principale verso l’esterno, un’apertura che non poteva fare a meno dell’entroterra agricolo: in base infatti all’andamento dei raccolti spesso si registrava una contrazione dei traffici, per esempio nella seconda metà del Seicento, a causa di ricorrenti carestie; mentre alla fine del ‘500 vi è stato un maggior movimento commerciale che ha visto il passaggio di tante navi spagnole, napoletane, genovesi, veneziane, fiamminghe e tedesche, marsigliesi e provenzali.
Nel 16° secolo la Darsena era circondata da una palizzata in legno che racchiudeva il piccolo molo; ancora è presente la cinta muraria medievale dalla cui apertura si accede al quartiere della Marina e ai magazzini portuali. La Darsena fu ristrutturata a metà del ‘600 per renderla più profonda e furono costruiti l’arsenale e un piccolo fortino per difendere il molo.
La Darsena risultava però ancora inagibile per i grandi vascelli e i velieri, che a fine ‘600 gettavano l’ancora fuori dal porto, mentre i due moli riuscivano ad accogliere mezzi per il piccolo cabotaggio, galere e navi un po più grosse. Le funzioni di carico e scarico delle merci erano svolte dal gremio di S.Elmo.
L’amministrazione del Porto di Cagliari dipendeva dal Consiglio del regio patrimonio del governo viceregio e dall’ufficio del procuratore reale.
Le spese per la manutenzione delle strutture portuali e per i salari degli addetti erano ripartite per ⅔ a carico del municipio e ⅓ a carico dell’amministrazione reale (il regio patrimonio).
Nel 1720 la Sardegna era in mano ai Savoia e Cagliari riprese pian piano la sua importanza.
A quel tempo, come mostra una planimetria della città, conservata nell’Archivio storico di Torino, il porto era costituito da due bacini: uno della Darsena, l’altro più ampio si estendeva dalle due parti del molo centrale. Il baluardo di S.Elmo garantiva la difesa del porto con postazioni di artiglieria, ma le cui pareti ostacolavano spesso le operazioni portuali e nel 1860 vennero smantellate le mura.
Le merci più interessate dagli scambi rimasero il sale (acquistato da Svezia, Inghilterra, Olanda e Piemonte) e il grano, ma la Sicilia operava una forte concorrenza. Le esportazioni di prodotti agricoli però si interruppero nei primi decenni dell’800 a causa dell’esiguità dei raccolti, per le gravi carestie e le epidemie. Continuavano anche le scorrerie dei barbareschi di Tunisi, dei corsari francesi. Negli anni 20 dell’800 le condizioni economiche iniziarono a migliorare, l’agricoltura si riprese e nei mari tornarono i traffici grazie al trattato tra inglesi e Tunisi che mise fine alla pirateria.
Nel porto di Cagliari si esportava grano e vini, ma anche formaggio, tonno, pelli, carni e sale.
Nel 1830 si sviluppò nuovamente l’industria mineraria dell’Iglesiente, fiorente dalla seconda metà del secolo grazie alla nuova legislazione, portando così a incrementare le esportazioni.
Secondo il Valery, il valore delle merci importate ed esportate che passavano per il porto di Cagliari arrivava a 7 milioni di lire annue, incidendo del 46% del valore complessivo dei commerci marittimi sardi; relazioni si avevano principalmente con Genova, Marsiglia, Livorno, Napoli, Malta; tale traffico aumenterà considerevolmente grazie all’introduzione della ferrovia nel 1861.
In questi anni con l’adozione di una politica liberistica aumentarono gli scambi e la produzione, grazie anche all’unione doganale con gli altri Stati del continente: in quanto parte più ricca e popolata dell’isola, il porto di Cagliari assorbiva il maggior traffico commerciale.
Fino a fine ‘800 i traffici, pur mantenendo un andamento positivo, furono soggetti ad oscillazioni connesse alle vicende dei rapporti internazionali; le esportazioni del sale e dei prodotti agricolo-pastorali, ma anche dei minerali, continuarono ad avere la meglio, mentre l’importazione di prodotti di consumo indicavano una lenta evoluzione per via della mancanza di industrie locali nella regione.
Le prime opere del porto moderno risalgono a un’epoca recente, solo nel 1890 fu concluso il Molo di Levante; fu poi trasformato il moletto centrale nel Pontile della Sanità; fu prolungato il lungomare Roma a 80 metri a nord-ovest del pontile da sbarco.
Nel corso del ‘900 perse le mura che lo separavano dalla via San Francesco da Paola (attuale via Roma); perse il Palazzo di Sanità, nel molo omonimo, dove si controllavano gli animali e le merci in arrivo per evitare la diffusione di epidemie.
Nei primi anni del ‘900 venne costruito il Molo di Ponente e delle banchine di S.Agostino.
I due nuovi moli comprendevano 343 mila mq d’acqua con fondali profondi 8,5 metri e dotati di banchine con gru, collegate alle Ferrovie statali e con le tramvie del Campidano.
Le merci in sosta venivano tenute nei Magazzini Generali, vicino alla Darsena.
Il porto risultava ancora troppo esposto al libeccio, costringendo a volte le navi ad ancorarsi a una certa distanza dalle banchine. Solo dopo la guerra iniziarono i lavori di miglioramento, con il prolungamento del Molo di Levante e l’avanzamento delle banchine di S.Agostino. Venne poi completato il prosciugamento dell’acquitrino ai piedi del colle di Bonaria, sostituito da un ampio tratto piatto, Su Siccu, protetto verso il mare da una diga munita di scogliera artificiale. Fu poi costruito il nuovo Molo di Levante.
Alla fine degli anni 30 del ‘900 si concluse la costruzione anche del Molo di Ponente e fu trasformato quello vecchio in Molo Sabaudo. Le capacità di immagazzinamento furono ampliate con l’apertura di un capannone ad uso della Camera di Commercio.
Le funzioni erano diversificate: la Darsena faceva da base alle navi da pesca; nel Molo di Levante e nel Molo della Dogana approdavano i piroscafi di linea; nel Pontile Sabaudo si caricava il sale; il resto delle banchine era destinato al traffico mercantile ordinario.
I bombardamenti della Seconda Guerra mondiale provocarono molti danni all’attrezzatura portuale, danneggiando ¾ delle banchine e rendendo impraticabile il porto.
All’inizio degli anni 50 del ‘900 terminarono le ricostruzioni: il Molo Capitaneria, noto come Pontile del Bestiame, con varie banchine e profondità fino a 7,5 m; il Pontile della Dogana con fondali fino a 9 m di profondità; la banchina di Via Roma con fondali profondi quasi 10 metri; il Pontile della Sanità profondo 9 m; la Calata Azuni; la banchina S.Agostino; il Molo Sabaudo abbordabile da due lati, in cui vennero aggiunti gli impianti per il pompaggio e il deposito dei carburanti.
Una seconda categoria di lavori ha riguardato le calate della Darsena. Una terza categoria ha riguardato più di tremila metri di sponde nel Vecchio Molo di Levante, nel Nuovo Molo di Ponente, nel Nuovo Molo di Levante e nel Pennello del sale.
Uno sviluppo quindi di 2832 m che però, con lo sviluppo del Dopoguerra, non è bastato a far fronte alle esigenze del porto: l’aumento dei commerci, l’evoluzione industriale e dell’agricoltura richiese ulteriori ampliamenti già pianificati negli anni 30 del ‘900.
Sono state avviate altre attività che ne hanno fatto un terminal moderno multifunzionale.
Il porto industriale di Cagliari, detto comunemente porto canale di Cagliari, è un'infrastruttura costruita negli anni ottanta del Novecento, nell'area dell'antico quartiere dei pescatori Giorgino, a ovest della Laguna di Santa Gilla, realizzata per lo smistamento e il trasporto delle merci in container destinate al traffico con Marsiglia, Genova, Napoli, Barcellona e altre città del Mediterraneo.
Nel 1994 venne istituita l'Autorità Portuale di Cagliari ai sensi dell’art. 6 della Legge di Riordino in materia portuale n° 84 del 28 gennaio.
Tale legge si pose come obiettivo la separazione nei principali porti, considerati quali mercati geograficamente rilevanti, tra l’attività di regolazione e programmazione, da affidare ad un’Autorità indipendente, e le operazioni portuali e le attività economiche esercitate nei porti, da affidare a operatori economici privati.
I compiti che svolgeva erano:
- indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza anche in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tale attività;
- manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali;
- affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale.
Oggi Il porto di Cagliari rappresenta uno dei poli per l’attività di transhipment del Mediterraneo occidentale.
È suddiviso in due aree: il porto storico, che si sviluppa su 5.800 metri di banchina e ha una vocazione per traffico commerciale, Ro-Ro, navi passeggeri e crocieristico (con un terminal dedicato), e il porto canale, che si estende per oltre 1.600 metri e offre cinque accosti per traffico transhipment e Ro-Ro.
Nella stessa area, in località Sarroch – Porto Foxi, sono presenti gli accosti petrolchimici – petroliferi con attracchi per diciassette navi, a servizio di una delle più importanti raffinerie nazionali.
L’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna fu istituita ai sensi del D.Lgs 169/2016, che ha disposto il riordino delle esistenti Autorità Portuali a livello nazionale, con la creazione di nuovi Enti, 16 in tutto, ai quali venne affidato un ruolo strategico di indirizzo, programmazione e coordinamento dei porti di competenza.
Nella AdSP sarda sono confluite le ex Port Authorities di Cagliari e di Olbia – Golfo Aranci.
Sono 8 i porti amministrati dal nuovo Ente: Cagliari, Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres, Oristano, Santa Teresa, Portovesme e Arbatax.
Oggetto
La storia del Porto di Cagliari, dalle origini al 21° secolo.
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