di Stefano Pisu
Fra le manifestazioni di massa annullate per la pandemia, la più importante in Russia è il Den’ Pobedy [Il giorno della vittoria], che il 9 maggio di ogni anno celebra la vittoria della “Grande Guerra Patriottica” (GGP). Così i russi hanno sempre chiamato il secondo conflitto mondiale. Nel ventennio putiniano il Den’ Pobedy è diventato la festa civile più importante. Per quali ragioni? La risposta si rinviene tra le ceneri della storia sovietica e nella volontà di tenerle ancora accese.
9 maggio: una festa per tutte le stagioni russe
Il 9 maggio del 1945 entrò in vigore in URSS la resa senza condizioni della Germania. Nell’immediato Stalin volle fare della data una festività. Tuttavia, già nel 1947 l’urgenza di celebrare la vittoria scemò e il 9 maggio tornò a essere giorno lavorativo.
Solo nel 1965 una grande parata militare celebrò nuovamente l’avvenimento che, nel suo ventesimo anniversario, riacquisì lo status di festa nazionale. Fu Brežnev a volerlo: esaltando la “memoria” della GGP e cercando l’appoggio dei veterani il nuovo capo del partito intendeva rilegittimare il regime e compattare la società.
Fu un grande successo popolare. Il sacrificio di 27 milioni di cittadini venne presentato alle masse come prova dell’eroismo russo ed elemento decisivo per la vittoria del socialismo sul nazifascismo. Un eroismo ritenuto necessario anche nelle circostanze della Guerra fredda contro il capitalismo occidentale.
Il Den’ Pobedy divenne così il principale mito fondativo dello Stato sovietico, persino più importante degli anniversari della Rivoluzione d’Ottobre. A ciò si accompagnò anche la parziale riabilitazione di Stalin, come a confermare il legame fra la memoria della GGP e quella del dittatore georgiano per la storia dell’URSS/Russia.
Il rito del 9 maggio si appannò fra la metà degli anni ‘80 (con Gorbačev) e i primi anni della Russia post sovietica. L’apertura degli archivi portò alla luce le clausole segrete del patto Molotov-Ribbentrop, che incrinarono il mito delle forze armate dell’URSS durante la guerra.
Sotto la guida di El’cin, il 9 maggio venne celebrato in tono minore e lontano dalla Piazza Rossa. Tuttavia, nonostante la volontà di liberarsi dell’eredità sovietica, El’cin comprese che il 9 maggio costituiva un capitale simbolico da non dilapidare.
Nel 1995, per il 50° anniversario, venne così ripristinata la parata militare sulla Piazza Rossa, che fece mostra dei simboli sovietici, fra cui la bandiera rossa, ribattezzata “bandiera della vittoria”. In quel quadro il culto della GGP venne sfruttato per legittimare le ambizioni egemoniche di Mosca nello spazio post-sovietico, dove le tendenze antirusse si stavano traducendo nella volontà di aderire alla Nato.
Putin e il 9 maggio: un giorno per celebrare secoli di storia
La forza simbolica del 9 maggio si è consolidata con l’ascesa di Vladimir Putin. Al Cremlino dal 2000, il nuovo capo russo opera per l’esaltazione della tradizione imperiale della Russia e del culto dello Stato. Un immaginario che si nutre anche del passato sovietico e arriva a riabilitare persino Stalin, con l’obiettivo di legittimare anche sul piano storico la leadership dello stesso Putin.
La memoria dell’immenso contributo militare e umano sovietico contro il nazifascismo diventa insomma la chiave giustificativa del ruolo che la Russia pretende di giocare nello scacchiere geopolitico globale del XXI secolo.
Per questo nella Russia putiniana il Den’ Pobedy acquista un’importanza fondamentale. Al punto che dal 2012 si tiene la marcia del Reggimento immortale, che vede migliaia di persone sfilare con le immagini dei famigliari caduti in guerra. Esaltando la sofferenza redentrice del popolo russo, il 9 maggio incarna oggi un senso della vittoria concepita come il fondamento dell’unità e dell’identità russe e di una storia che incorpora la tradizione imperiale zarista e quella sovietica e arriva fino alla presente grandezza. È in definitiva l’attuale sistema “democratico-autoritario” di potere a trarre giovamento dalla festa, anche in funzione anti-liberale.
Il 9 maggio al tempo del COVID-19
Qualche settimana fa Putin ha dichiarato che quest’anno il 9 maggio verrà celebrato unicamente con l’esibizione dell’aeronautica e lo spettacolo pirotecnico. Inoltre, il corteo del “reggimento immortale” si terrà solo virtualmente, con la pubblicazione delle foto dei veterani su web, TV e social media russi.
Putin ha però precisato che la tradizionale parata e il corteo si terranno comunque entro il 2020, forse il 3 settembre, data indicata da una recentissima legge federale per commemorare la fine della seconda guerra mondiale, dopo la resa del Giappone.
L’ipotesi ha scatenato le proteste diplomatiche nipponiche e riacutizzato il contenzioso per l’attribuzione delle isole Curili.
Ancora una volta storia, memoria e geopolitica sfilano insieme, nonostante la pandemia.