Secondo promemoria del Vicario capitolare di Oristano diretto al Vicerè sul contenzioso sorto con il conte Lostia riguardo la cura spirituale della popolazione di Santa Sofia.
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Il sottoscritto Vicario Capitolare d’Oristano, non ostante con suo Promemoria delli 7 corrente rassegnato a Sua Eccellenza abbia fatto nuove istanze, che per ragione del suo officio sono gli indispensabili, affinché in vista di quanto ha già esposto con efficacia ordinare a codesto Signor Conte Lostia ad adempiere quanto deve circa la Chiesa Parrocchiale di Santa Soffia, sue Sagre suppellettili, e quanto vi abbisogna, e liberare d’una volta questa Mensa Arcivescovile dagl’ingiusti pesi, che il Signor Conte procura far ricadere sopra di essa; pur nondimeno dovendo soddisfare al nuovo Promemoria del Signor Conte concernente le sue pretese, il sottoscritto con rapportarsi a quante ragioni non meno in detto ultimo promemoria, che in altri anteriori ha prodotto, si fa il dovere di soggiugnere alcuni pochi riflessi a’ nuovi eccitamenti fattisi dal Signor Conte. Il primo, e più principal punto dunque contenuto in detto nuovo Promemoria abbondevolmente è stato già preoccupato dal Rassegnante nell’accennata sua anterior memoria, da cui può ben rilevarsi, che in tutto il tempo del suo governo il Vicario Capitolare non ha trascurato alcun mezzo per provvedere nella maniera possibile | troppo però gravosa a’ Sacerdoti | al pascolo spirituale di quei | popolani, avendo con dolci maniere potuto indurre un Sacerdote di Laconi a portarsi colà per amministrarvi i Santi Sagramenti, e celebrarvi il Santo Sagrifizio insino a tutto il presente mese di settembre, che per altro ha terminato già un anno di assistenza in quella Parrocchia; ciò che prestavano pure alternativamente i ViceParrochi di Meana per ordine del fù Monsignor Cusani, e tutto ciò non ignorando il Signor Conte non ha dubitato di asserire in detta sua memoria, esser la principale cagione, per cui quel nuovo popolo non ha prosperato, la deficienza del pascolo spirituale.
L’abbandono dunque, che fanno quei terrazani di quel sito dovrebbe il Signor Conte con maggior veracità ascriverlo, non alla trascuratezza, od indolenza degli Ordinarj, ma bensì al troppo piccolo numero di famiglie composte per lo più di gente vagabonda, e miserabile, non sufficiente però a difendersi da’ ladri, e mancanti di quella necessaria sovvenzione, che non le ha, com’esse asserirono, prestato mai il Signor Conte; assicurando le medesime, che così per mancanza de’ necessarj soccorsi, così pure perché affittando il Feudatario indistintamente tutt’i territorj per pascolarvi bestiame forastiere, questa distrugge quel poco, ch’essi seminano, onde dicono esser costretti ad abbandonare il seminerio.
Per lo che può farsi un bel facile | riflesso, che se quelle persone continuano a dimorarvi, non avendo altro ripiego, con cui procacciarsi la necessaria sussistenza, diventeranno quelle casuppole, e anche quella Chiesa un ricettacolo di ladri, preambolo di che forse fù l’aversi un tempo derubato il cavallo, di cui si servì un Sacerdote, che colà portossi per celebrarvi la Messa al tempo stesso del Sagrifizio, e fu creduta un’opera de’ medesimi popolani; anzi vi è molto da temere, che ora presentemente alcuni di esse possano procacciarsi il vitto per via di furto, e di rapina, e ciò vuol forse significare la notizia ora avutasi, che quelle famiglie, che aveano abbandonato il luogo, sono ora ritornate per farsi le loro provviste, che certamente non ricavano da’ loro possessi, che non ne hanno, né dalla loro onesta fatica, che non hanno dove impiegarla.
Altro riflesso somministra all’infrascritto ciò, che il Signor Conte asserisce nel suo ultimo Promemoria, cioè, ch’egli consegnò i Sagri vasi, vesti, e suppellettili a quella Chiesa appartenenti al Sacerdote Domenico Melis Curato di Santa Soffia in eseguimento degli ordini di Sue Eccellenza il Signor Conte Masino ad istanza del rassegnante nell’anno 81, in cui lo suppone il Vicario Capitolare, mentre in altro promemoria suppone avergli consegnati a tempo del fu Sua Eccellenza il Signor Conte Lascaris.
Ma checchessiasi di queste manifeste contraddizioni | e dell’abbaglio, che il Signor Conte prende, dicendo che il rassegnante governava da Vicario Capitolare nell’anno 81, essendo certo, che incominciò il suo governo alli 18 gennajo dell’82; concede aver fatto qualche istanza, perché il Signor Conte consegnasse al Sacerdote, che allora ritrovò fungendo le veci di Parroco in Santa Soffia, li sagri vasi, e paramentale, che ritrovavansi in mani di laici, a’ quali doveva ricorrere quel Sacerdote per potervi celebrare la Messa.
Ma da ciò niente in suo favore può il Signor Conte ingerirne, poiché niente ha fatto l’infrascritto, né cosa alcuna ha chiesto, che recasse il menomo pregiudicio alla Mensa Arcivescovile; e quand’anche così fosse, non sarebbero tali atti punto obbligatorj, anzi nulli di sua natura, non avendo autorità il Vicario Capitolare di nulla stabilire in siffatte materie. Quella vigilanza però, e carità possibile usarsi nelle deplorabili circostanze di quegli abitatori, che il Signor Conte ingiuriosamente niega aver praticato gli Arcivescovi trapassati, e suoi Vicari, come pure i Vicari Capitolari, indusse l’infrascritto a fare le accennate istanze, affinché que’ miseri non fossero privi de’ salutari Sagramenti, e Sagrifizio.
Domadò allora ciò, che poteva domandare in quell’urgenza, non quanto avrebbe dovuto chiedere, se stato fosse ben informato dello stato di quella Parrochia | Parrocchia; e il Signor Conte vi aderì consegnando quelle medesime cose, che al presente vi esistono, cioè il calice, la patera, ed un logoro paramentale, consistendo in questo solo tutte le sagre suppellettili, di cui il Signor Conte ha provveduto quella Chiesa Parrocchiale.
Questi pochi riflessi, che il sottoscritto ha dovuto soppraggiungere, uniti a quanto si fece il dovere di esporre nel suo Promemoria delli 7 corrente, spera, che verranno dall’alto discernimento, e maturo giudizio dell’Eccellenza Sua ponderati, e considerati, e che in seguito, ove il Signor Conte non voglia da per se stesso riconoscere, ed adempiere i suoi doveri, ordinerà al medesimo di mettere al più presto in stato decente quella Parrocchia di Santa Soffia, e supplirvi quanto vi manca, perché vi possa sussistere un Parroco, e vi esercisca tutte le necessarie funzioni Parrocchiali con quella decenza, che conviensi.
Egli medesimo il Signor Conte confessa nell’ultima sua memoria lo stato indecentissimo di quella sua Parrocchia, e l’infelicità di quei pochi abitatori, e l’infrascritto, se non l’avesse veduto cogli occhi proprj, avrebbe senza dubbio credute un po’ esaggerate le notizie, che prima n’ebbe; e questo è appunto il motivo, per cui si è protestato, e nuovamente protestasi, che nel caso il Signor Conte indugj più l’adempimento de’ suoi doveri circa quest’oggetto, passerà | senza meno all’interdetto di detta Chiesa, come in coscienza è tenuto di che non può parimente in sana coscienza obbligare un Sacerdote a continuarvi la sua assistenza, dovendo questi imprendere un viaggio malagevole a cavallo ogni giorno festivo, e ogni qual volta venga richiesto per li bisogni spirituali di quella gente infelice, esponendo la sua vita a così manifesto pericolo, e non avendo in quel luogo dove poter riposare con qualche comodità, e decenza.
Oristano, 26 settembre 1797. L’Arciprete Sisternes de Oblites Vicario Generale Capitolare
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