Il complesso cultuale del Nuraghe di Nurdole di Orani

Contenuto

Titolo

Il complesso cultuale del Nuraghe di Nurdole di Orani

tipologia

Risorsa archeologica

Nomi alternativi

Nurdole

Descrizione

Il complesso nuragico di Nurdole si trova su un’altura in Barbagia, al confine del territorio di Orani con quello di Nuoro a 730 metri di quota dalla quale si può vedere a oriente il Gennargentu, a occidente il monte Ortobene e dagli altri lati i monti del Goceano e del Marghine.
Il nuraghe è stato esplorato a partire dal 1987 dalla Maria Ausilia Fadda dopo ripetuti saccheggi e scavi clandestini che hanno depredato un contesto archeologico ricchissimo e molto importante per la storia della Sardegna e di cui tanti pezzi sono confluiti in collezioni private.
Per la sua posizione dominante e la fertilità del territorio, il sito di Nurdole era abitato già a partire dall’età del Rame nell’ambito della Cultura di Monte Claro circa 2500 a.C. e durante l’età del Bronzo antico nella Cultura di Bonnanaro 1800-1600 a.C.
Il nuraghe venne costruito durante il Bronzo medio 1500-1400 a.C. su un basamento di granito, adattando l’edificio alla forma irregolare del colle.
Si tratta di un nuraghe quadrilobato, con torre centrale e altre quattro torri ad addizione concentrica, presenta un accesso mediante una rampa che porta all’entrata che immette in un lungo corridoio dai muri aggettanti a sesto acuto che a sua volta porta ad un cortile pavimentato da lastre, sotto il quale sono stati trovati frammenti di ceramiche con decorazione a pettine, appartenenti ad una fase precedente della frequentazione del sito.
Dal cortile si apre l’ingresso per la torre centrale che si è conservata per oltre sette metri ma priva della copertura a tholos e con quanto rimane dell’originaria scala elicoidale che portava al piano superiore e al terrazzo.
Sul lato opposto del cortile si apre un ingresso che porta ad un’altra scala elicoidale per accedere al terrazzo delle due torri esterne che stanno sul lato sudorientale.
Si tratta di un complesso nuragico che da “semplice” struttura abitativa e di controllo si trasformò in uno dei santuari più frequentati dell’isola, meta continua di pellegrinaggi lungo le vie dei commerci e delle transumanze che attraversavano gli impervi territori della Barbagia.
All’inizio del Bronzo finale, la vena sorgiva presente all’interno del cortile del nuraghe, adibita fino ad allora al soddisfacimento del fabbisogno idrico, subisce una particolare monumentalizzazione con la realizzazione intorno alla vena d’acqua, di un muro di blocchi squadrati di trachite in cui vi si accede da una scala trapezoidale, delimitata da otto filari laterali e coperta da tre architravi scalati.
Un complesso sistema idraulico convoglia l’acqua in una grande vasca costruita all’esterno.
Un lungo canale di adduzione dell’acqua alla vasca attraversa le cortine del bastione ed è scavato in blocchi rettangolari isodomi di trachite che si collegano attraverso un sistema di denti ad incastro.
L’inizio del canale era sostenuto da un basamento circolare costituito da filari di conci a sezione di cerchio.
Lo svolgimento di pratiche di devozione e di culto nella fonte è documentata dalla presenza di spilloni in bronzo e sottili lamine di pugnali infilati tra gli interstizi del paramento murario interno, secondo un uso devozionale noto anche in altri luoghi cultuali, mentre la quantità imponente di offerte rinvenute sia nel cortile sia all’esterno, intorno e dentro la vasca, ci conferma la trasformazione della fonte nel fulcro di un grande e ricco santuario.

Il complesso nuragico di Nurdole si inserisce in quel contesto cultuale in cui età nuragica si inseriscono le strutture templari collegate all’acqua e funzionali a captare e canalizzare l’acqua direttamente dalla vena nel sottosuolo o dagli affioramenti sorgivi.
Sono documentate due tipologie monumentali, le fonti e i pozzi sacri, che a partire dal Bronzo finale e soprattutto nell’età del Ferro sembrano assumono una forte centralità nella società nuragica.
Infatti, in seguito ad una crisi e alla trasformazione della struttura sociale imperniata sul nuraghe, nuovi sviluppi sembrano strutturare l’organizzazione spaziale degli abitati all’interno dei quali templi a pozzo e fonti sacre, sembrano progressivamente assumere un ruolo sempre più importante, fino a diventare un nuovo elemento catalizzatore dell’insediamento.
Spesso le strutture insediative che si sviluppano intorno ad un tempio a pozzo o alla fonte sembrano essere strettamente correlate tra loro, assumendo la connotazione di santuari o villaggi santuariali che diventano il riferimento per vaste zone.
Nello studio sulla distribuzione di fonti e pozzi sacri nell’isola, si devono tenere conto di fattori geomorfologici, innanzitutto la presenza di sorgenti o acque sotterranee, che possono aver consentito l’ubicazione di strutture di captazione idraulica condizionando le caratteristiche architettoniche.
In secondo luogo, la geografia insediativa nella quale si organizzano i villaggi e ancora, la posizione strategica lungo vie di circolazione atte a promuovere contatti e relazioni tra i gruppi sociali, ed infine un riconoscimento collettivo di un valore religioso.
Tutti questi aspetti contribuiscono alla nascita e alla durata di un luogo sacro.
Per quanto riguarda i templi a pozzo e le fonti sacre, è necessario individuare gli indicatori archeologici che permettono di attribuire queste strutture alla sfera del sacro per poter distinguere i monumenti investiti di un significato cultuale e quelli che invece rivestono esclusivamente una funzione pratica, strettamente legata all’approvvigionamento della risorsa idrica per un uso quotidiano.
E’ possibile che inizialmente, molte fonti e pozzi siano stati costruiti per soddisfare necessità pratiche della comunità e che in un secondo momento siano stati rifunzionalizzati in luoghi di culto
Esemplificano questo processo evolutivo le evidenze archeologiche riscontrate presso il sito di Nurdole.
Secondo l’archeologa Maria Ausilia Fadda il complesso cultuale di Nurdole è stato frequentato dal XII al VII a.C. era un santuario molto frequentato nel quale i pellegrini portavano ricche offerte votive, lo dimostra la quantità e la qualità di prodotti di pregio ivi trovati, come i bronzi figurati offerti come “ex voto” tra i quali sono spesso rappresentati gli animali, con prevalenza di tori e arieti e poi cervi, scrofe, volpi, un gallo con grandi artigli e un leone che guarda indietro di gusto orientalizzante, frutto dei commerci con l’Etruria.
Altri contatti con culture extra insulari sono rappresentati da amuleti in “faience” e scarabei con il castone d’argento di tipo egizio introdotti in Sardegna dai mercanti levantini tra l’VIII e il VII sec- a.C. come anche uno “skypos protocorinzio”, una coppa a due anse, un “kernos” ,sorta di ciotola con vasetti miniaturistici disposti sull’orlo dalle superfici lucidate color rosso bruno e alcuni piccoli vasi in bronzo con orlo a fungo.
I contatti con i mercati etruschi sono ancora testimoniati dal ritrovamento di una brocca con orlo trilobato in bucchero e un vaso a vernice nera.
La devozione dei frequentatori è attestata da diverse fiasche del pellegrino le “borracce” usate per il viaggio e lasciate al santuario dalle pareti convesse e decorate intorno alle anse da tacche a spina di pesce, identiche a quella recentemente trovata a Teti nel santuario di Abini.
Grazie agli oggetti di bronzo un materiale prezioso offerti dai pellegrini, il santuario accumulava ricchezze. Così, intorno ad esso ruotavano diverse attività, tra cui la produzione e la raccolta di derrate alimentari, che entravano a far parte del “tesoro” e potevano essere distribuite alla comunità: doli per conservare grano, orzo, semi di veccia Vicia sativa erano stoccati negli spazi ricavati tra le rocce.
Anche su un lato della vasca lustrale, sopra alcuni ripiani livellati con argilla, si sono rinvenuti resti di contenitori in legno e in corteccia di quercia da sughero.
Questa gestione delle ricchezze attribuiva al santuario un ruolo fondamentale anche sotto il profilo socioeconomico e ripropone un sistema amministrativo collegato al mondo religioso secondo una tipologia ben nota per le civiltà orientali.
La documentazione ricca portata in luce dallo scavo del complesso nuragico di Nurdole documenta un contesto che non trova confronti in Sardegna.
la Sovrintendenza per i Beni archeologici di Sassari e Nuoro ha disposto la copertura dell’area del sito già scavata al fine di preservarlo in attesa di poter proseguire gli studi.

Lingua

Italiano

Riferimenti bibliografici

La Sardegna Nuragica, Storia e monumenti, a cura di Alberto
Moravetti, Paolo Melis, Lavinia Foddai, Elisabetta Alba;

Pozzi sacri, fonti e rotonde, Gianfranca Salis;

Fadda, M. A., Orani-Nuoro, Località Nurdole, Il tempio nuragico,
Bollettino di Archeologia, 10/1991, Roma, 1991;

Lo Schiavo, F., Orani - Nuoro, Località Nurdole, Il tempio nuragico,
Bollettino di Archeologia, 1-2/1990, Roma, 1990;

Fadda, M. A., Nurdole, Un tempio nuragico in Barbagia, punto di
incontro nel Mediterraneo, Rivista di Studi Fenici, XIX, 1, Roma,
1991.

Relazione

Autore della scheda

Margaret Cogoni

Data schedatura

21-06-2022

Collezione

Pagine del sito

Il complesso cultuale del Nuraghe di Nurdole

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