Una ferrovia tra mare e terra
a cura di Luca Deiana
La ferrovia di Sant'Antioco nasce dalla necessità delle popolazioni del Sulcis di avere un collegamento ferroviario con il resto della rete ferroviaria sarda.
Il 28 settembre 1920 viene inviata una comunicazione da parte del Comitato di agitazione pro ferrovia sulcitana per smuovere l’amministrazione sulla questione della costruzione della ferrovia. Il comitato denuncia la grave mancanza d’interesse da parte dell’amministrazione di Sant’Antioco e cerca di spingere ad un impegno maggiore.
Questa lettera ci mostra come la popolazione sulcitana nutra grandi speranze verso un’infrastruttura importante come quella ferroviaria. Non solo le comunità del Sulcis si uniscono per questo progetto, ma anche le società minerarie sperano nella sua costruzione. Un collegamento diretto con il porto è fondamentale per poter esportare senza costi esorbitanti all’estero.
Vengono presentati due progetti, Cagnasca e Vanini, ma è il primo ad essere poi utilizzato, seppur con leggeri cambiamenti. La costruzione della ferrovia a scartamento ridotto inizia nel 1923 e, dei diversi tratti da costruire, il tratto Sant'Antioco-Calasetta risulta il meno impegnativo.
I lavori dureranno per circa tre anni, fino al 1926. Ad aprile vengono effettuati i controlli da parte del Ministero dei lavori pubblici. Il costo totale è pari a quasi 61 milioni di lire e, finalmente, alle ore 9:45 del 13 maggio 1926 avviene il viaggio inaugurale con un treno che passa per tutte le stazioni, fermandosi in ogni paese della tratta SIliqua-Calasetta accolto dalla folla festante. Pochi giorni dopo, il 23 maggio, la ferrovia diventa ufficialmente operativa e gestita dalla Ferrovie Meridionali Sarde.
L'intera tratta permette il collegamento al porto di Sant'Antioco che diventa il punto focale per l'esportazione dei prodotti minerari. Porto e ferrovia hanno di conseguenza un rapporto molto stretto perché la ferrovia diventa il collegamento tra l'entroterra e il mare.
Inizialmente il trasporto del materiale dai vagoni alle navi avveniva tramite carico e scarico con ceste, in seguito si aggiunsero dei binari nel porto per avvicinare ancor di più i vagoni alle navi e semplificare, per quanto possibile, i compiti dei lavoratori portuali.
Dando uno sguardo al percorso dei binari, desta grande interesse il ponte girevole costruito vicino al ponte romano per permettere sia il passaggio delle barche che dei treni. Il ponte girevole diventa un punto importante della tratta ferroviaria e naturalmente comporta dei problemi di gestione.
Nel 1930 il podestà di Sant’Antioco chiede al Direttore del circolo ferroviario su come gestire l’apertura e chiusura del ponte girevole. La domanda sorge da un semplice problema: il custode spesso si addormentava la notte e il ponte non riusciva a muoversi in tempo per il passaggio delle barche. Si chiede perciò se fosse possibile tenere aperto il ponte e chiuderlo soltanto al passaggio del treno.
Nel 1931 giunge dal direttore del Circolo ferroviario, dopo mesi, la risposta tanto attesa dal podestà: il ponte mobile dev’essere tenuto sempre chiuso e può essere aperto soltanto al passaggio delle barche. Il controllo del ponte viene quindi affidato a personale della Società Ferroviaria.
La ferrovia, come accennato, è in stretto contatto con il porto e l’attività mineraria. Sino agli anni ‘50 del Novecento la ferrovia cresce con il porto e le miniere. L’attività di estrazione mineraria vive però dagli anni ‘60 una crisi che influenza anche la ferrovia.
Il trasporto ferroviario inizia a perdere importanza e a diventare una spesa non sostenibile perché i binari, a scartamento ridotto, necessitano di rinnovamento per poter essere collegati direttamente al resto della rete ferroviaria sarda.
I costi elevati per l’aggiornamento dell’infrastruttura e l'utilizzo sempre più scarso del collegamento ferroviario, comportano la chiusura della rete. Il 1° settembre 1974 la ferrovia è definitivamente chiusa e la tratta abbandonata.
Bibliografia
Sanna, Giovanni Antonio. Le ferrovie del Sulcis nella Sardegna sud occidentale fra documenti immagini e racconti. Calosci, 2012.