Tra documenti e memorie orali: la tonnara di Cala Sapone dall XVI al XX secolo

a cura di Davide Pisanu

Carta corografica dell'isola di Sant'Antioco

Memoria sulla condizione della Tonnara di Cala Sapone

Intervista a Mario Diciotti

Intervista a Alessandrina Orrù

Interviste al Signor Andrea Scibilia

Uscendo dall’abitato di Sant’Antioco, a circa venti minuti di tragitto in macchina in direzione sud-ovest, si raggiunge agevolmente la costa occidentale dell’isola. In questo tratto costiero, la località di Cala Sapone spicca sia per bellezza naturalistica sia per valore storico: importante meta turistica, custodisce i resti di una serie di edifici che facevano parte della vecchia tonnara, dismessa ormai da oltre un secolo.

Praticata sin da tempi remoti, la pesca del tonno risultava particolarmente redditizia per le comunità che abitavano l’isola, sebbene un ulteriore incentivo nell’esercitare tale attività sia stato dato e voluto nel tardo Cinquecento dai monarchi spagnoli, dopo un lungo periodo di decadenza del settore.

Ciò ha favorito la costruzione di nuove tonnare fortificate, compresa quella di Cala Sapone, la cui più recente realizzazione parrebbe risalire al tempo in cui l’isola era governata da Filippo II (1554-1598).

I documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Cagliari (ASCa), testimoniano le alterne fortune della tonnara. Lungo il XVIII sec., essa venne concessa in appalto a diverse figure (tra le quali i carlofortini Antonio Cavazza e Giovanni Porcile), passando poi – come l’intera isola di Sant’Antioco – tra i possedimenti dell’Ordine Militare dei Santi Maurizio e Lazzaro. Nel 1778 venne appaltata al calasettano Cesare De Ferraris e tre anni più tardi tornò fra le mani della famiglia Porcile, la quale aveva appena ottenuto la subinfeudazione dell’isola da parte dell’Ordine. Proprio durante gli anni Ottanta del XVIII sec., la tonnara conobbe un forte periodo di crisi, con l’eccezione di poche annate propizie.

Ciononostante, la pesca del tonno a Cala Sapone risultava ancora attiva nei primi anni del XIX secolo. L’Ordine Mauriziano, che nel frattempo aveva ripreso il diretto controllo sull’isola a causa delle insolvenze dei Porcile, si ritrovò a dover investire sulla tonnara, già in stato di decadenza.

I seguenti appalti ed affitti non riuscirono a risollevarne le sorti: la pesca continuava a risultare molto scarsa – problema al tempo comune a tutte le tonnare del Regno di Sardegna – e l’attacco fallito da parte dei corsari tunisini (1813) rese la tonnara inattiva per i seguenti sei anni, forse per timore di una nuova incursione.

Anche nella terza decade del secolo, i risultati del pescato rimasero scarsi e a causa di ciò l’appaltatore Giovanni Melis intraprese una lunga disputa con l’Ordine in merito al rimborso degli indennizzi. Nel 1829 un altro carlofortino, Gregorio Sebastiano Plaisant, chiese invano la concessione della tonnara: fu il preludio alla messa in vendita della stessa da parte dell’Ordine, proposta nel 1843 ma avvenuta di fatto solo negli ultimi anni del secolo, in favore della ditta Merello-Larco.

In questa sede è stato possibile analizzare alcune fra le carte conservate presso l’Archivio di Stato di Cagliari, le quali, datate tra il 1825 e il 1840, illustrano lo stato di profonda decadenza che la tonnara ha attraversato nel secolo XIX. Ad arricchire tali preziose fonti scritte, si è proceduto alla raccolta delle memorie di alcuni cittadini antiochensi, principalmente sulla seconda metà del Novecento.

Le testimonianze orali riferiscono di un definitivo abbandono degli ambienti della tonnara verso gli anni Venti e Trenta del secolo scorso e della successiva lottizzazione dei terreni.

L’esistenza della chiesetta di Santa Maria nei pressi degli edifici della tonnara è legata ad alcuni racconti particolari. Il primo riguarda una presunta scomunica nei confronti dei tonnarotti. Si dice, infatti, che la tradizionale usanza di consegnare il tonno più grande al prete che benediva la chiesetta non fosse stata rispettata: ciò scaturì la scomunica e causò un periodo di crisi dell’attività di pesca.

Il secondo racconto, invece, riguarda il furto da parte di alcuni calasettani del simulacro che si trovava all’interno della chiesetta e che tutt’oggi dovrebbe trovarsi proprio a Calasetta.

Nel 1839 Cala Sapone faceva parte del territorio calasettano e l’Ordine Mauriziano aveva, in effetti, fornito ai calasettani il permesso di prelevare il marmo e la statua della Madonna da Santa Maria per portarli all’interno della chiesa di San Maurizio, al tempo in costruzione.

Dopo un’iniziale opposizione da parte dei locali, sembrerebbe che alcuni abitanti di Calasetta siano ritornati durante la notte, qualche tempo dopo, per attuare il furto: da qui l’epiteto di tabarchinusu fura santus.

Dalle fonti orali raccolte scaturiscono informazioni importanti sugli ambienti della tonnara: alcune famiglie vi abitavano stabilmente; altre, soprattutto durante la stagione estiva, frequentavano la spiaggia e si trattenevano a mangiare o a dormire nelle vecchie cisterne. I racconti si soffermano spesso su una figura in particolare – il signor Siddi, oggi purtroppo non più in vita – chiamata con l’appellativo di “sindaco” di Cala Sapone, il quale si trovava sempre nei pressi della spiaggia e degli stabili dismessi della tonnara, di cui conosceva ogni anfratto, la storia e gli aneddoti tramandati a voce dalle generazioni precedenti. Talvolta, i sindaci nominati dagli intervistati sono due: al signor Siddi viene affiancato Efisio Balia, vera e propria memoria storica per i cittadini di Sant’Antioco.

Infine, dal punto di vista toponomastico si riscontra un elemento decisamente significativo: Cala

Sapone era ed è tuttora chiamata dalla comunità antiochense col nome di “Tonnara”, a sottolineare la strettissima relazione fra la località e l’attività che vi si svolgeva da secoli. Ciò aiuta a comprendere ancor di più lo stretto legame che la città di Sant’Antioco intrecciava con uno spazio marittimo e paesaggistico che si è evoluto nel tempo: un luogo che – come s'è detto – ha conosciuto alterne fortune e che è stato vissuto dalla popolazione senza perderne la memoria, nonostante le trasformazioni che l’hanno interessato.

Il rapporto che la comunità di Sant’Antioco e il mare hanno vicendevolmente intrecciato, a Tonnara, si respira in modo costante e prezioso.

Bibliografia

Scibilia, Andrea, «S.Antioco: ripopolamento e sviluppo dal 1750 al 1840». Università degli studi di Cagliari Facoltà di Lettere e Filosofia, 1999. pp. 178-189.

Relazione sulle attività svolte dall'Ordine mauriziano

Cala sapone. Foto d'epoca