9 maggio simbolo dell’antimafia: un ritratto di Peppino Impastato

di Gianluca Scroccu

Immortalato nel film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana, che grazie anche alla canzone omonima dei Modena City Ramblers diede una nuova notorietà al suo nome, la figura di Giuseppe, Peppino, Impastato, è entrata nel pantheon delle vittime della mafia.

Impastato è stato accomunato dal destino di esser stato trucidato nella stessa giornata in cui a Roma veniva assassinato Aldo Moro, nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978.

La sua è una delle personalità più interessanti della resistenza contro la criminalità organizzata, perché dice molto sia del carattere eterogeneo della società siciliana, sia dell’impegno politico della sinistra extraparlamentare sull’onda del 1968 e della stagione dei movimenti e del terrorismo.

Nativo di Cinisi, in provincia di Palermo (5 gennaio 1948), Impastato proveniva da una famiglia a forte caratterizzazione mafiosa, a partire dal padre e da altri parenti. Da adolescente scelse di opporsi a questa “tradizione” familiare, avvicinandosi al Psiup, il partito della sinistra socialista nato dalla scissione con il Psi in occasione del varo nel dicembre 1963 del primo governo di centro-sinistra guidato proprio da Aldo Moro.

Come molti dei giovani che avevano scelto quel partito, ritenendolo espressione di un modo di fare politica più “puro” e meno legato alle logiche governative, il giovane Peppino sarebbe stato coinvolto dal vento impetuoso del Sessantotto.

Avvicinatosi ai gruppi della Nuova Sinistra, Impastato si sarebbe impegnato nelle lotte condotte da quei movimenti, non senza contraddizioni e spesso in maniera ingenua ma generosa rispetto alle battaglie condotte negli anni precedenti dal Pci siciliano, a favore dei braccianti e dei lavoratori della sua zona.

Oltre alla lotta politica diretta, fatta di manifestazioni ed occupazioni, la cultura politica di giovani come Impastato trovò una sua realizzazione nel campo della cosiddetta controcultura della Nuova sinistra.

Cinema, teatro ma soprattutto la radio, il mezzo espressivo più diretto e genuino di quegli anni in cui le “radio libere” con le aperture delle frequenze divennero strumento di azione politica e civile.

Nel 1976 Impastato e i suoi compagni fondarono a Cinisi “Radio Aut”, che da quel momento divenne uno dei principali strumenti di accusa e denuncia dei soprusi perpetrati dai capimafia locali, a partire dal boss Gaetano Badalamenti, uno dei più potenti esponenti dei clan e gestore del traffico di stupefacenti anche a livello internazionale con l’espansione dell’aeroporto del capoluogo, amico della sua famiglia e suo vicino di casa.

Il carattere ironico e graffiante delle trasmissioni autoprodotte delle radio, dove Badalamenti veniva sbeffeggiato e irriso con epiteti aventi l’obiettivo di demistificare il suo potere e la sua prepotenza, divennero presto la cifra dell’impegno di Impastato.

La sua attività divenne presto particolarmente incisiva, soprattutto nel coinvolgimento dei giovani di Cinisi, e suscitò l’irritazione dei mafiosi che arrivarono più volte ad intimidirlo. Candidatosi alle elezioni comunali del 1978 nelle liste di Democrazia Proletaria, la sua esistenza venne interrotta prima dell’appuntamento elettorale, dove comunque egli fu eletto ugualmente, quando venne assassinato in maniera efferata tramite una carica di tritolo nella notte tra l’8 e il 9 maggio.

Inizialmente la sua morte venne derubricata sia a suicidio sia a danno collaterale di un possibile attentato che egli, come estremista di sinistra, stava progettando contro la ferrovia, sulla scorta di quanto avveniva nel resto del territorio nazionale nell’epoca del terrorismo.

Grazie alle prove raccolte dai suoi amici, in particolare del Centro di documentazione di Palermo a lui intitolato dal 1980 e che un anno dopo il suo assassino avrebbe organizzato la prima manifestazione nazionale contro la mafia, oltre che al coraggio del fratello Giovanni e della madre Felicita, divenne presto chiaro che Impastato era stato assassinato dalla mafia, come del resto accertò poi la verità giudiziaria con una sentenza del 1984 del Tribunale di Palermo firmata dal futuro coordinatore del pool antimafia Antonino Caponnetto.

Restavano però da individuare i veri mandanti dell’omicidio, che in un lungo iter giudiziario, portato avanti negli anni successivi, avrebbe finalmente visto tra il 2001 e il 2002 la condanna di Badalamenti e del suo vice come mandanti ed esecutori dell’omicidio. Una lunga battaglia giudiziaria che vide come protagonista il Centro e soprattutto la mamma di Peppino, deceduta poi nel 2004.

La storia della mafia, grazie anche agli studi fondamentali di studiosi come Salvatore Lupo, è diventata negli anni un importante canale per comprendere alcuni dei caratteri essenziali della storia contemporanea, italiana e non solo.

All’interno di questo ambito, ha acquisito una sua importanza la storia dell’antimafia, nella quale la figura di Giuseppe Impastato recita certamente un ruolo importante.

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