La città-porto di Alghero

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La mappa di Alghero in età moderna evidenzia con chiarezza i luoghi di culto e le fortificazioni che presidiavano la città. L'osservazione dei bastioni rivolti verso l'interno del territorio trasmette l'idea di un insediamento che ha necessità di difendersi non solo dalle minacce che arrivano dal mare, ma anche - e forse soprattutto - da quelle portate dalle aree interne della Sardegna.

Questa configurazione difensiva si collega alle specifiche origini dell'insediamento. Alghero fu fondata nel XIII secolo dalla dinastia genovese dei Doria. La città venne progetta come insediamento destinato ad accogliere coloni forestieri (liguri), disposti a migrare per sfruttare le occasioni di profitto che quest'area della Sardegna prometteva. Tale vocazione "coloniale" si mantenne anche dopo la conquista catalano-aragonese. 


Nel XV secolo Alghero venne infatti completamente ripopolata con sudditi della Corona d'Aragona, che sostituirono i coloni liguri. La città assunse una nuova impronta culturale e linguistica, ma non perse la sua funzione di avamposto marittimo di presidio di un territorio considerato ostile.

In tale cornice, diversamente da altri centri urbani della Sardegna, come Cagliari, Sassari o Oristano, Alghero non riuscì mai a stabilire un solido rapporto di dominio sul proprio entroterra. Il mancato radicamento nel contado contribuì a consolidare il suo carattere di enclave coloniale e a orientarne lo sviluppo quasi esclusivamente verso il mare.

La città prosperò grazie alle sue connessioni mediterranee, ma mantenne un’identità distinta rispetto al resto del territorio isolano.

Proprio questa distanza dal contesto circostante spiega, almeno in parte, la persistenza della lingua catalana, che – a differenza di quanto accadde a Cagliari, anch’essa ripopolata con coloni aragonesi – ad Alghero si conservò nei secoli come lingua d’uso e che ancora oggi è parlata dai suoi abitanti. Un segno duraturo dell’originale vocazione coloniale della città e della sua proiezione marittima.


 

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