La Migrazione Greco-Albanese in Sicilia
La storia delle migrazioni greco-albanesi in Sicilia è una testimonianza straordinaria di resilienza culturale e adattamento, che ha lasciato un segno profondo nell'isola. Secondo la tradizione, il primo flusso significativo di migranti giunse nella seconda metà del XV secolo, in seguito alla conquista ottomana dei Balcani e alla morte, nel 1468, di Giorgio Castriota Scànderbeg, il leggendario difensore dell’Epiro e dell’Albania. Fu un esodo drammatico: intere comunità cristiane di rito greco-cattolico, principalmente dalla regione montuosa della Chimarra e dai monti Acrocerauni, attraversarono il mare per cercare rifugio.
Le ondate migratorie e i luoghi di partenza
Oltre al primo flusso, altre migrazioni si verificarono successivamente, come quella del periodo turcocratico, culminata nel 1533 con la caduta della fortezza di Corone. La maggior parte di questi migranti proveniva da una regione balcanica tutt’altro che povera: il XIV e XV secolo avevano visto i Balcani come un mosaico culturale e religioso, ma anche un teatro di lotte incessanti tra Bizantini, Serbi, Bulgari, Albanesi, Veneziani e Genovesi. L'arrivo degli Ottomani pose fine al dominio dei grandi proprietari terrieri, causando la fuga delle élite albanesi verso l’Italia.
Il mito delle origini
Un tema ricorrente nella tradizione storiografica arbëreshë è la presunta origine nobile dei migranti. Si racconta di squadre militari inviate in Italia, di nobili famiglie esiliate e della diaspora dei "coronei" dopo il 1534. Tuttavia, studi moderni, come quelli di Matteo Mandalà, hanno dimostrato che molte di queste narrazioni sono basate su documenti falsificati prodotti in epoche successive per giustificare privilegi economici e politici. Questo mito delle origini, seppur smentito, ha contribuito per secoli a costruire l'identità delle comunità greco-albanesi in Sicilia.
Sicilia, terra di accoglienza
La Sicilia, già terra di immigrazione, accolse questi profughi in un periodo in cui il bisogno di manodopera agricola era pressante. Grandi famiglie nobiliari, locatari e istituzioni ecclesiastiche videro nei nuovi arrivati una risorsa per ripopolare villaggi abbandonati e fondare nuove comunità. In questo contesto si inseriscono insediamenti come Contessa Entellina, Palazzo Adriano e Mezzojuso, dove i migranti inizialmente vissero in tende e capanne, per poi stabilirsi definitivamente costruendo abitazioni stabili.
Nuovi insediamenti e sviluppo demografico
Le fondazioni di città come Piana dei Greci (oggi Piana degli Albanesi) e Biancavilla furono tra le iniziative più significative. Gli Arbëreshë portarono con sé tradizioni, lingua e fede, contribuendo a creare comunità vivaci e culturalmente uniche. Nel 1606, i Græcorum casalia contavano circa 14.000 abitanti, pari all'1,25% della popolazione siciliana. L'incremento demografico di queste comunità fu notevole, raggiungendo il 74% tra il 1593 e il 1606, contro il 12% della media isolana.
Una storia culturale
Le comunità greco-albanesi in Sicilia si distinsero non solo per la loro capacità di resistere alle avversità, ma anche per il contributo culturale e sociale che portarono all’isola. Dalla costruzione di nuovi insediamenti alla preservazione di tradizioni secolari, il loro lascito è ancora oggi visibile nelle feste religiose, nei costumi e nella lingua parlata in località come Piana degli Albanesi e Contessa Entellina.
Nel Regno di Sicilia
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