Un laboratorio di ricerca. Fonti, metodologie e riflessioni
A cura di Riccardo Zoncheddu
Premessa
Da anni la principale critica che viene mossa alle università italiane è quella di non preparare adeguatamente i propri studenti al mondo del lavoro. L’espressione è chiaramente condizionata da una mentalità di produzione-guadagno, ma non sarebbe corretto rigettare in toto il significato più profondo di questa critica. È evidente, infatti, che l’insegnamento universitario, col cambiamento della società, dei mezzi di comunicazione e delle necessità culturali debba modificarsi e migliorarsi. Non a caso l’obiettivo originario e cardine delle università è sempre stato quello di insegnare ai propri studenti un metodo da poter applicare durante lo svolgimento delle loro future attività professionali. L’elemento pratico e i suoi risvolti hanno sempre fatto parte dell’insegnamento universitario, e il nozionismo fine a se stesso rischia di limitare l’apprendimento, tradendo di fatto gli scopi principali delle istituzioni universitarie.
Avere dunque dei laboratori di metodologia all’interno delle università non è solamente un surplus nell’offerta formativa odierna, ma diventa necessario per mantenere il ruolo originario di scuole di metodo.
Ecco come l’esperienza del Laboratorio di Umanistica Digitale dell’Università di Cagliari, vista da questa prospettiva, assume connotati pionieristici e, a mio avviso, mostra un chiaro esempio di come l’Università possa evolversi e adattarsi alla contemporaneità, cogliendo le nuove necessità della società e saziando la fame di conoscenza pratico-metodologica dei suoi studenti. Il LUDiCa, infatti, unisce le due tipologie di apprendimento, teorico e pratico, fornendo a chi lo frequenta strumenti che devono essere immediatamente applicati nel lavoro sul campo, a contatto con la comunità ospitante.
Lavoro sul campo: le fonti, gli strumenti, i metodi
Nell’ambito del LUDiCa 2022 il mio lavoro è iniziato durante la prima fase del laboratorio stesso, in cui, attraverso seminari e lezioni frontali, è stato proposto un primo approccio agli strumenti digitali e alle metodologie della ricerca. Nella fase seminariale mi è stato possibile approfondire le conoscenze pratiche di software come Zotero, fondamentale per la gestione razionale di riferimenti bibliografici e per la loro condivisione con gli altri studenti del laboratorio. La familiarità con questo applicativo mi è tornata utile successivamente, una volta iniziato il lavoro di tesi magistrale, poiché la gran parte dei riferimenti bibliografici utili per la ricerca erano disponibili in rete, su supporto digitale. Un altro momento chiave della mia esperienza al LUDiCa sono state le due giornate trascorse all’Archivio di Stato di Cagliari, dove ho avuto modo di consultare e analizzare diversi fascicoli ottocenteschi riguardanti il fenomeno delle chiudende nel territorio oranese. Nonostante avessi già avuto la fortuna di svolgere delle piccole ricerche storiche in alcuni archivi e avessi già collaborato per qualche lavoro con l’Archivio storico dell’Università di Cagliari, il laboratorio mi ha permesso di continuare ad approcciarmi agli archivi e alla documentazione storica. In particolare, nell’Archivio di Stato di Cagliari mi è stato possibile individuare e raccogliere informazioni su una singola pratica riguardante delle chiusure di terreni da parte del proprietario Antonio Mele, cittadino oranese; fatto che portò poi a un contenzioso con lo stesso Consiglio comunitativo di Orani tra il 1826 e il 1849. Questa documentazione si è rivelata di estrema importanza non solo perché ci ha permesso di ampliare le informazioni sulle vicende relative al fenomeno delle chiudende nel territorio di Orani, ma perché al suo interno conteneva anche numerosi e preziosissimi toponimi, riferimenti geografici e descrizioni fisiche delle terre in questione. Nelle denunce del consiglio comunitativo inviate all’Intendente generale di Nuoro erano, infatti, presenti numerose descrizioni dei terreni di appartenuti al Mele, situati a nord-est di Orani, con annessi riferimenti al tipo di colture praticate e ai confini con altre proprietà, e relativi toponimi. In questa fase, preliminare al lavoro sul campo, mi è stato dunque possibile mettere in pratica le metodologie della ricerca storica, usufruendo dei migliori strumenti per la riproduzione digitale della documentazione e di software per la sua metadatazione, permettendomi di costruire una solida base di partenza per le indagini successive e per la costruzione del portale web dedicato alla storia della comunità e del marchesato di Orani.
Una volta arrivato a Orani, per approfondire le notizie su Antonio Mele e sul paese nell’Ottocento, mi è stata quindi affidata la consultazione dei fondi documentari conservati sul luogo, in particolare presso l’Archivio storico comunale e quello della parrocchia di Sant’Andrea apostolo.
Nell’archivio parrocchiale, insieme ad altri miei compagni, ho potuto ritrovare una serie di inventari di epoca moderna dei beni di alcune chiese della zona, libri di conti, raccolte fotografiche e i quinque libri risalenti al primo Novecento. Sfortunatamente non erano presenti i libri dei sacramenti ottocenteschi, nei quali sarebbe stato possibile trovare le informazioni di carattere personale su Antonio Mele; dunque, in mancanza di fonti relative al periodo da me preso in analisi, mi sono recato direttamente all’archivio comunale.
Qui ho potuto individuare diversi registri catastali ottocenteschi, nei quali veniva citato più volte il nome di Antonio Mele; ma l’elevata ricorrenza e le discordanze cronologiche non ci hanno dato la possibilità di affermare con certezza che si trattasse dello stesso riportato nei documenti conservati a Cagliari. Sempre nello stesso archivio ho poi rinvenuto una serie di delibere e risoluzioni consolari riferibili ad un periodo compreso tra il 1849 e il 1896. Le più interessanti e utili per la ricostruzione della storia di Orani, come le quelle relative al trasferimento della sede comunale nei locali dell’ex convento francescano del paese, oppure quelle riguardanti la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, l’odierna Sant’Andrea apostolo, sono quindi state da me descritte, metadatate e inserite nel portale digitale. Anche in questo caso ho perciò potuto mettere a frutto le metodologie della ricerca imparate nel corso degli anni e durante la bottega digitale, facilitando la raccolta delle informazioni attraverso l’utilizzo di dispositivi fotografici.
In tutto questo lavoro è da segnalare l’importanza che ha avuto per me il continuo confronto con membri della comunità, i quali vivendo, abitando e trasformando i luoghi, sono portatori di un sapere difficilmente intercettabile. Proprio grazie alla loro guida mi è stato possibile capire, individuare e geolocalizzare alcuni dei toponimi trovati nelle carte riguardanti le terre di Antonio Mele. La collaborazione col pubblico ha permesso dunque alla ricerca storica di accedere a una maggiore comprensione e lettura dei dati rilevati dalle carte d’archivio.
In questo lavoro di consultazione degli archivi la disponibilità dei funzionari comunali e del parroco di Orani è stata di estrema importanza ai fini della ricerca. Grazie alla loro collaborazione, infatti, mi è stato possibile non solo accedere ai fondi documentari del paese, ma anche approfondire le conoscenze del tessuto sociale oranese e del suo passato recente. La profonda apertura degli oranesi mi ha fatto sentire accolto e questo ha contribuito a motivarmi ancor più per cercare di restituire al meglio il frutto del mio lavoro. Vedere la passione e la fierezza degli abitanti per il proprio paese, la loro storia e le proprie tradizioni è stato particolarmente stimolante dal punto di vista intellettuale, offrendomi numerosi spunti di riflessione personali.
Come si sarà intuito leggendo, le mie attività svolte durante il campo sono state caratterizzate prevalentemente da ricerche individuali. Tuttavia, ho collaborato con altri studenti per la realizzazione della collezione di Spazi Feudali. Personalmente è stata una delle prime esperienze di collaborazione in ambito universitario, dunque è stato necessario adattarsi alle sensibilità altrui per poter rendere efficace il lavoro svolto in comune. Superate le fisiologiche difficoltà iniziali dettate dall'organizzazione e suddivisione dei compiti, abbiamo lavorato efficientemente e in maniera gratificante poiché i differenti percorsi di studio hanno contribuito a instaurare un proficuo clima in cui condividere conoscenze, idee e perplessità.
Divulgazione e collaborazione
Dopo una settimana in cui si sono tenuti diversi seminari serali aperti alla comunità, l’ultima sera è stata dedicata alla presentazione del lavoro svolto sul campo. Complessivamente questi appuntamenti hanno avuto il pregio di offrire agli oranesi momenti di divulgazione culturale tenuti da esperti di diverse discipline, suscitando profondo interesse e attrazione tra il pubblico partecipante. Il successo di queste iniziative va ricercato nello stimolo dato alla comunità ospitante ad approfondire e valorizzare il proprio patrimonio storico-culturale, attraverso strumenti e metodi che, anche se per breve tempo, hanno avuto modo di osservare, sperimentare e in qualche caso imparare attraverso la collaborazione con gli studenti e i ricercatori del LUDiCa.
La possibilità di esporre al pubblico il proprio lavoro è stato poi un altro momento cruciale di questa esperienza, poiché mi ha permesso di approcciarmi alla cosiddetta “terza missione” universitaria, condividendo con la comunità il risultato delle mie ricerche. Poter fare questo tipo di esperienza durante la propria formazione è stato fondamentale, perché mi ha aiutato a crescere e ad acquisire ulteriori competenze, diverse dal semplice e canonico studio. Inoltre, motivo di grande soddisfazione è stato venire a conoscenza del profondo interesse destato nella popolazione oranese, la quale, la mattina dopo la presentazione, parlava dell’esperienza del LUDiCa nelle piazze, condividendo a loro volta gli esiti del campo a chi non aveva potuto assistere alla serata finale. Aver condiviso i nostri risultati trasmettendo ulteriore curiosità a una comunità già attenta e appassionata al proprio patrimonio storico e culturale è un fatto che personalmente mi ha gratificato, dandomi la motivazione a proseguire i miei studi tenendo sempre in considerazione il pubblico sia come depositario di conoscenza che come destinatario del mio lavoro.
Conclusioni
L’esperienza del LUDiCa nasce in un contesto accademico, con le precise intenzioni di un rinnovamento didattico che mira a offrire competenze e ad applicarle sul campo, aiutando a prendere confidenza con gli strumenti e le metodologie della ricerca. Nel momento in cui si arriva al lavoro sul campo, il laboratorio esce dal suo contesto accademico di origine permettendo di dialogare, confrontarsi e collaborare con le comunità, creando occasioni di crescita personali e professionali. Nel mio caso, il laboratorio ha permesso di acquisire maggiore consapevolezza dei propri mezzi, imparando ad applicarli e a metterli a disposizione di un gruppo di lavoro, ma anche della comunità che in questa esperienza ci ha ospitati e accolti con profondo interesse. Ho avuto la possibilità di conoscere dal punto di vista umano la realtà oranese e molti colleghi universitari prima estranei, trovando spazi stimolanti di confronto e apprendimento. A mio parere, proprio nel contatto stretto con il gruppo di lavoro e gli oranesi, il LUDiCa 22 ha trovato la sua fortuna, riuscendo a generare affiatamento non solo tra noi studenti, ma anche tra la comunità ospitante, dando vita a un momento di crescita culturale virtuosa che ciascuno di noi porterà nelle proprie esperienze future.