La madre dell’ucciso | scultura

di Francesca Melas

Tra 1906 e 1907 lo scultore nuorese Francesco Ciusa realizza l’originale in gesso de La madre dell’ucciso. Esposta nel 1907 alla Biennale di Venezia, l’opera riscuote un grande successo, facendo di Ciusa il primo artista sardo ad acquistare fama al di fuori dell'isola (quello di prima scrittrice, come sappiamo, è riservato a Grazia Deledda) (Giuliana Altea 2007).

Talento nuorese

Francesco Ciusa nasce a Nuoro il 2 luglio 1883. Fin dalla giovinezza mostra passione per la scultura e il disegno. Il suo talento e il sostegno economico del Comune di Nuoro lo portano a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Firenze.

Troppo forte era, però, il richiamo dell’Isola, tanto da spingerlo nel 1903, terminati gli studi, a farvi ritorno. È la Sardegna, con la sua storia, le sue tradizioni e i suoi miti ad ispirarlo, tanto da valergli il titolo, a posteriori, di “Fidia dell’Atene Barbaricina” (Andrea Delle Case 2002).

Non è un caso che La madre dell’ucciso ritragga un’anziana donna vestita col tradizionale abito sardo. Accovacciata a terra con le braccia a cingerle le gambe, la figura ha la postura della veglia funebre (Sa Raja).

Durante il rituale le donne, raccolte attorno al focolare spento, piangevano la morte dei propri cari. De La madre di Ciusa colpisce lo  sguardo, perso nel dolore e adombrato dal velo che le copre il capo. Le labbra sono serrate in un ostinato mutismo, a indicare una sofferenza impossibile da esprimere per una perdita sostenuta con orgoglio e dignità.

Faida e arte

A ispirare l’artista fu un grave fatto di cronaca avvenuto nel 1897: Mauro Manca, giovane trentenne, venne assassinato dal bandito Giuseppe Lovicu nelle campagne di Nuoro. L'omicida operò d'intesa con Elias e Giacomo Serra Sanna. Le ragioni dell’omicidio erano legate al cosiddetto codice della vendetta sarda. Manca aveva testimoniato a processo contro i tre, i quali erano stati condannati per abigeato, giurando di vendicare il torto subito. («“Tzia Grazia Puxeddu, la vera madre dell’ucciso” - La Nuova Sardegna» 2013).

Francesco, allora quattordicenne, si recò nelle campagne di Tertilo appena saputa la notizia dell'omicidio. Era mosso dalla curiosità di vedere il corpo. Fu allora che assistette alle strazianti urla di dolore di tzia Grazia Puxeddu, la madre dell’ucciso. La scena lo segnò a tal punto da determinare, a distanza di anni, il suo destino di artista.

... il fanciullo, arrivato ad un punto, non ebbe più la forza né il coraggio di proseguire. Rifece il sentiero fino alla fonte ed affranto, piegandosi su se stesso, sedette con i gomiti sulle ginocchia ed il viso fra le mani. Stette così in meditazione, fisso al rigagnolo che, scorrendo dalla fontana sotto i suoi occhi, ne raccoglieva le lacrime. Il tenue mormorio dell’acqua si univa e si confondeva con i sussulti dell’anima del fanciullo; […] Era il pianto del dolore, del terrore, dell’odio, della morte, un pianto che si infrangeva nella scogliera, gonfio dei tormenti e degli affanni di tutta una gente. Chi ha visto mai granire il grano? Così maturarono i “soggetti” nel cuore del fanciullo sognatore divenuto uomo (Bossaglia Rossana 1990).

Come Ciusa racconta nel suo diario, La madre dell’ucciso, oltre che essere calata nel contesto sardo dell’epoca (segnato da faide che si sostituivano a una giustizia statale poco efficiente), partecipava alla temperie culturale della Nuoro del primo Novecento.

Successo

Il poeta Sebastiano Satta, amico dello scultore, e la sorella di Grazia Deledda furono tra i primi a vedere l'opera appena realizzata  (Bossaglia Rossana 1990). Proprio la Deledda incoraggiò Ciusa a esporre l’opera alla Biennale di Venezia.

Mai decisione fu più felice: con La madre Francesco ottenne in Italia fama e successo, grazie agli apprezzamenti dei colleghi e dei critici. Di lui Vittorio Pica ebbe a scrivere

un giovane Sardo, Francesco Ciusa, che esordisce nell’arte in modo davvero degno di richiamare su di lui l’attenzione degli intenditori, con una figura in gesso, grande al vero, di vecchia ed aggrinzita contadina, La madre dell’ucciso, di fin troppo minuziosa fattura realistica e di non comune efficacia espressiva (Marisa Mura 2020)

Lusinghiere anche le parole di Ugo Ojetti

Francesco Ciusa, un sardo ignoto finora alle grandi esposizioni, manda un gesso La madre dell’ucciso, così profondamente osservato, reso con tanta coscienza, costruito con tanta scienza che mi sembra la più importante rivelazione della mostra di scultura (Marisa Mura 2020) 

come quelle di Lorenzo Viani

Francesco Ciusa con la “Madre dell’ucciso” concepita là, solitario, nella sua Sardegna… Quanto dolore in quella faccia solcata di rughe, di cui ognuna è la traccia di uno spasimo provato! Quelle mani pare si snodino alle congiunture, i piedi scarni, un freddo di morte pare l’avvolga interamente e la isterilisca. La madre dell’ucciso è una delle opera più forti della scultura dei nostri tempi, e questo lo comprese pure, la Commissione delle Belle Arti che ne propose l’acquisto al Governo per la Galleria di Arte moderna di Roma. A Francesco Ciusa, che in questi giorni ha fatto ritorno nella sua Sardegna con giovanile entusiasmo, i nostri saluti più fervidi (Lorenzo Viani 2009).

L'entusiamo della Sardegna per Ciusa trovò una sintesi alta in Satta, che su La Nuova Sardegna pubblicò una poesia, anch’essa intitolata La madre dell’ucciso, per celebrare la scultura e tutto ciò che essa rappresentava (Sebastiano Satta 1996).

Nonostante il successo di pubblico e critica, Ciusa non vinse a Venezia. Non sembra dunque corrispondente al vero quanto riportato sulla lapide apposta all'esterno della casa dell'artista a Nuoro. Anna Maria Montaldo spiega che lo scultore "trionfò ma non vinse. Dagli accurati studi fatti in occasione della mostra, anche negli archivi della Biennale, non risulta gli sia stato assegnato un premio ufficiale" (Manuela Arca 2016).

Oblio

La fama diede il via al periodo creativo più fertile per Ciusa, costellato dalla partecipazione ad altre edizioni della Biennale (l’ultima è del 1928, con L’anfora sarda).

Tuttavia, il 1907 ebbe anche un peso negativo nel percorso dell'artista. Il successo veneziano condannò Ciusa ad essere ricordato quasi esclusivamente per La madre dell’ucciso. L'intera sua produzione, specie quella precedente il 1907, cadde nell’oblio o venne costantemente messa a confronto con l’opera più famosa.

A segnare in negativo la carriera di Ciusa fu anche la decisione di non trasferirsi negli Stati Uniti. Una scelta sollecitata da Sebastiano Satta (“Se sei debole parti, se sei forte ritorna”) (Bossaglia Rossana 1990) e da Grazia Deledda (“Salude e gloria a fruttu e a fundu, si frutti ch’in su semene in terra sua” Salute e gloria al frutto e all’albero, se il frutto con il suo seme cade in terra propria) (Bossaglia Rossana 1990). Un peso dovette averlo anche la centralità che Ciusa attribuiva alla sua terra natia, fonte di ispirazione irrinunciabile.

Eredità

Oggi, l’originale in gesso de La madre dell’ucciso si trova nella Galleria d’Arte Contemporanea di Cagliari, che lo acquistò nel 1939.

Una copia in bronzo, realizzata nel 1983, in occasione del centenario della nascita dello scultore, è esposta al Palazzo Civico di Cagliari, con altre opere di Ciusa. L’ultima copia in bronzo del 1985 è collocata nella chiesa di San Carlo Borromeo a Nuoro dove, dal 1989, riposano le spoglie dello scultore.

Copie de La madre sono permanentemente esposte anche fuori Sardegna: la Galleria d’Arte Moderna di Roma ottenne la prima copia in bronzo dell’opera, commissionata dal Ministero della Pubblica Istruzione alla “Fonderia Romito” di Firenze dopo il 1907.

Altra copia è esposta alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo. Voci non confermate parlano di una terza copia custodita in un non precisato museo londinese.

Nel 2018 è stata rinvenuta una copia in marmo de La madre in una villa privata nella provincia di Biella.

La statua in marmo ha le stesse dimensioni delle opere in gesso e bronzo già note. È arrivata nel Biellese negli anni in cui viveva ed operava a Biella l’artista sassarese Giuseppe Biasi (Sassari, 23 ottobre 1885 – Andorno Micca, 20 maggio 1945), con il quale Ciusa aveva stretto rapporti di amicizia. Custodita per decenni all’aperto nel parco della villa biellese, questa statua in marmo testimonia il perdurante e risalente rapporto tra Sardegna e Piemonte attraverso l’arte nel Novecento. (Gianni Cilloco 2018)

Attualità

Oggi, Ciusa è considerato uno degli artisti sardi più rilevanti del panorama italiano. A distanza di oltre un secolo dalla sua creazione, La madre fa ancora parlare di sé, attraverso esposizioni permanenti e mostre temporanee, come quella allestita a Firenze nel 2008 nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi (La Nazione Firenze 2008). Simili percorsi mirano ad esaltare insieme alla sua opera più famosa, anche il resto della produzione di Ciusa, che, è bene ricordarlo, conferma le straordinarie capacità artistiche dello scultore nuorese.

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