A cura di Beatrice Schivo
Le principali caratteristiche della schiavitù mediterranea di età moderna sono la «reciprocità» e la «reversibilità». Con reversibilità ci si riferisce al fatto che attraverso vari percorsi e possibili circostanze occasionali la maggior parte degli schiavi aveva la possibilità di recuperare lo status di persona libera, tornare in patria oppure integrarsi nella società di adozione, spesso con la permanenza di qualche legame con l’ex padrone.
Le modalità per uscire dalla condizione schiavile erano molteplici e molteplici erano le prospettive che queste aprivano: scambio, riscatto, liberazione fortuita, fuga, manumissione o affrancamento. Non per tutti però erano praticabili le stesse vie, né tutti avevano le stesse speranze di tornare liberi e di rientrare in patria. A pesare sulla fortuna erano l’appartenenza originaria, la condizione di maggiore o minore benessere socioeconomico e, non ultime, le circostanze.
Per gli schiavi musulmani catturati in Europa il destino di libertà più frequente bera l'integrazione nella società d'accoglienza in seguito a manumissione: la formale rinuncia da parte del padrone ai suoi diritti sullo schiavo, il quale tornava nella piena disponibilità di se stesso riacquistando le capacità giuridiche. La manumissione poteva realizzarsi con diverse “sfaccettature” e differenze. Il padrone poteva esservi indotto dall’offerta di un prezzo di riscatto, da un accordo con lo schiavo, da un atto di liberalità spesso disposto nel quadro delle volontà testamentarie. La librazione poteva avere effetto immediato o dilazionato nel tempo, essere gratuita od onerosa, semplice o condizionata.
In ultimo si deve ricordare che ogni schiavo, su una sponda e sull'altra del Mediterraneo, poteva tentare di liberarsi con la fuga. Si poteva preparare una fuga studiando a lungo un piano dettagliato o si ci poteva trovare davanti un'occasione insperata e propizia. Se la fuga riusciva con successo le possibilità che si prospettavano erano due: tornare in patria e alla vita di prima o cercare nuovi modi di sussistenza in clandestinità o simulando un'altra identità, magari sottomettendosi a un altro padrone nella speranza di incontrare condizioni migliori.
Nella documentazione relativa al Regno di Sardegna si incontrano numerosi esempi di ritorno alla libertà degli schiavi musulmani nelle loro diverse forme. Tra esse, comprensibilmente, la fuga dei captivi preoccupò sempre i governi che si succedettero nel Regno di Sardegna: numerose e ripetute nel tempo furono le ordinanze per impedire o quanto meno arginare questo fenomeno.
Approfondimenti
Bibliografia
Salvatore Loi, Prigionieri per la fede: razzie tra musulmani e cristiani (Sardegna secoli XVI-XVIII), S@l Edizioni, Capoterra, 2016;
Salvatore Bono, Schiavi. Una storia mediterranea (XVI-XIX secolo), Il Mulino, Bologna, 2016.