I Coronei di Carlo V

Nell’estate del 1535 Carlo V, impegnato sul Mediterraneo a ridimensionare la minaccia arabo-ottomana, giunge in visita nel regno di Napoli. Qui il sovrano affronta la situazione dei rifugiati greco-albanesi che erano giunti in grande numero nel regno a seguito della occupazione ottomana della cittadina di greca di Corone. 

Si aprono in questo contesto le trattative per il trasferimento di una parte dei greco-albanesi presenti in città nell'avamposto spagnolo di Bona, sulla costa nord-africana non lontano da Tunisi.  

Carlo V si occupa anche dei cosiddetti coronesi, un gruppo di esuli piuttosto eterogeneo, formato sia da greci che da albanesi, dispersi nell'intero regno di Napoli. Nel 1536, Carlo V riorganizza la loro presenza fondando la "nazione coronea", alla quale attribuisce specifici privilegi e franchigie.

In un momento storico nel quale i nativi del regno tendevano a lasciare le campagne per emigrare verso la capitale, i rifugiati greco-albanesi preferirono invece insediarsi nelle aree rurali, sia per approfittare delle franchigie e degli incentivi che vi venivano concessi, sia per la speranze di godere una maggiore libertà anche in ambito spirituale, grazie al relativo isolamento e alla lontananza dalle istituzioni di controllo.

Presero così vita decine di comunità rurali, sparse per tutto il regno di Napoli, molte delle quali ancora oggi esistenti e note come come Arbëreshë.


[Scheda in corso di aggiornamento]

Bibliografia

Mandalà, Matteo. «I 500 Anni della Fondazione di Piana degli Albanesi (1488-1988). Breve Profilo Storico e Letterario di un Anniversario». Südost Forschungen 47 (1988): 209–22. 

Mandalà, Matteo. Mundus vult decipi: i miti della storiografia arbëresche. Palermo: A.C. Mirror, 2007. 

Militello, Paolo. I Graecorum casalia in Sicilia (XV-XVI secolo). In La terra ai forestieri, a cura di Giampaolo Salice, 61-80. Pisa: Pacini, 2019. 

Varriale, Gennaro. Exiliados griegos en una capital de la frontera mediterranea. In Los exiliados del rey de España, a cura di José Javier Ruíz Ibáñez e Igor Pérez Tostado, 185-206. Madrid: Fondo de Cultura Económica de España, 2015.